Roma, 20 Gen – Un articolo pubblicato nel 2019 ha evidenziato come l’Italia sia, secondo studi di alcuni esperti dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), il Paese della UE con “il più alto numero di decessi da infezione contratte in ambito nosocomiale ovvero 10.000/anno (Cassini A. et al, 2019)”. E lo stesso Ministero della Salute italiano ha sottolineato che ‘le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) sono infezioni acquisite che costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, incluso gli ospedali per acuti, il day-hospital/day-surgery, le strutture di lungodegenza, gli ambulatori, l’assistenza domiciliare, le strutture residenziali territoriali’ (Ministero della Salute, 2022).
E sempre il Ministero indica che ‘le persone a maggior rischio di contrarre una ICA sono gli assistiti; tuttavia, sono esposti e possono essere colpiti anche il personale e i visitatori. Come le altre infezioni, a seconda del microrganismo, le ICA si possono trasmettere per contatto diretto, da persona a persona (soprattutto tramite le mani) o per via aerea (goccioline emesse durante la fonazione, gli starnuti o i colpi di tosse) o per via indiretta, mediante oggetti contaminati (come strumenti diagnostici o assistenziali, oggetti comuni)’ e tra le cause è indicata ‘la scarsa applicazione di misure di igiene ambientale e di prevenzione e controllo delle infezioni in ambito assistenziale’.
A ricordarlo è un nuovo factsheet, una scheda informativa curata dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) dell’ Inail, intitolato “Misure di sicurezza per le infezioni nelle aree critiche in sanità: tecnologie avanzate per l’impiego continuo di dpi e di disinfezione di nuova concezione”.
Il documento, al quale hanno collaborato rappresentanti di varie realtà (Inail, Università di Napoli Federico II, Università Vita Salute S. Raffaele di Milano, Università di Palermo, Università di Pisa, Sapienza Università di Roma, Istituto Oncologico Europeo, Asl Teramo e Asl Teramo), si sofferma su varie ricerche, sulla normativa italiana ed europea e, specialmente, sulle misure sicurezza e sui dispositivi di protezione individuale e le attività di disinfezione di nuova concezione.
Nel presentare la nuova scheda l’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:
Infezioni nelle aree critiche in sanità: le modalità espositive
Il documento individua alcune modalità espositive intrinseche del personale dedicato all’assistenza e degli utenti delle aree critiche (rianimazione, terapie intensive, alcuni ambulatori specialistici, Pronto Soccorso, …):
- “il contatto con materiali biologici,
- il possibile inquinamento ambientale (aereo e delle superfici),
- la manipolazione di strumentazione, oggetti e materiali potenzialmente contaminati”.
A questo proposito si segnala che in alcuni casi le manovre invasive che si effettuano “richiedono maggior attenzione per quanto concerne le misure di prevenzione/protezione in ragione di una più elevata contaminazione con sangue e liquidi biologici rispetto ad altre attività”. Ad esempio quando si svolgono “procedure lavorative caratterizzate da un più frequente contatto diretto e da una più rilevante manipolazione di strumenti taglienti contaminati con liquidi biologici (bisturi, aghi, cannule, pinze, ecc.)”.
In base alla legislazione in materia di sicurezza diventa poi indispensabile, “per garantire l’integrità della salute degli operatori e di qualsiasi utente presente nella struttura sanitaria, la definizione accurata dei requisiti degli ambienti di lavoro, delle protezioni collettive, delle procedure, dei dispositivi e/o accessori strumentali e di tutti i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) necessari”.
Infezioni nelle aree critiche in sanità: le misure di sicurezza
In particolare, le misure di sicurezza devono essere scelte, “eseguendo la valutazione del rischio, esaminando la specifica attività espletata e devono possedere specifiche caratterizzazioni tecniche per la tutela dall’interazione con gli agenti che determinano il rischio di esposizione”.
Queste scelte devono essere attuate dal datore di lavoro tenendo conto delle “indicazioni formulate dal Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione del nosocomio sentiti i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), dal Medico Competente, nonché considerando sempre attentamente le particolarità delle attività lavorative evidenziate dai Dirigenti/Responsabili delle menzionate aree critiche che comportano specifiche condizioni di rischio di esposizione”. E la scelta deve discendere “anche da una attenta mediazione fra le misure di sicurezza da realizzare e la possibilità di eseguire agevolmente le varie attività assistenziali, diagnostiche, terapeutiche, ecc”.
Si ricorda poi che, con riferimento alle attuali conoscenze scientifiche, “tutti gli interventi di prevenzione – protezione o misure di sicurezza per garantire un’appropriata e concreta tutela dei soggetti presenti a qualsiasi titolo in uno stesso ambiente di lavoro devono essere attuate”, considerando attentamente l’articolo 15 (Misure generali di tutela) del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. che richiede ‘l’eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo’”.
E se (comma 1, lett. z), articolo 18) il datore di lavoro deve ‘aggiornare le misure di prevenzione … omissis … ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e protezione’, si ritiene importante “contrastare il manifestarsi di infezioni nelle aree critiche in sanità, usufruendo dell’offerta di tecnologie avanzate per alcune particolari misure di sicurezza”.
Ed è infatti possibile, laddove necessario, dotare gli operatori di “DPI specialistici con specifiche caratteristiche tecnico – funzionali di barriera in grado di evitare l’esposizione ad agenti infettivi dello stesso e di conseguenza anche di chi è destinatario dell’attività assistenziale – terapeutica, nonché di tecniche innovative per eseguire un’ottimale disinfezione di tutte le superfici ambientali e di qualsiasi dispositivo – impianto presente anche mediante apparecchiature automatizzate di nuova concezione”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del factsheet che si sofferma proprio sulle varie tecnologie innovative, disponibili oggi, sia per i dispositivi di protezione individuale (divisa dell’operatore; protezione delle vie respiratorie/semi-maschere filtranti; protezione del volto e degli occhi; tute e camici di protezione) che per le attività di disinfezione (disinfezione/ decontaminazione dell’impianto idrico, servizi di pulizia e disinfezione).
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, “ Misure di sicurezza per le infezioni nelle aree critiche in sanità: tecnologie avanzate per l’impiego continuo di dpi e di disinfezione di nuova concezione”, a cura di A. Ledda, P. Castellano (Inail), R. Lombardi, M. Triassi (Università di Napoli Federico II), M. Clementi (Università Vita Salute S. Raffaele di Milano), A. Firenze (Università di Palermo), A. Carducci, M. Verani (Università di Pisa), S. Sernia, (Sapienza Università di Roma), E. Omodeo Salè (Istituto Oncologico Europero), P. Manzi (A.O. Santa Maria Terni), F. De Plato (Asl Teramo) G. Rotriquenz (ASL Caserta), Factsheet edizione 2024 (formato PDF, 210 kB).
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