«In carcere in Iran mi hanno interrogata incappucciata con la faccia al muro»

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La giornalista italiana, detenuta nel carcere di Evin a Teheran per 21 giorni a partire dal 19 dicembre, ha raccontato a Che tempo che fa alcuni dettagli sulle sue condizioni di detenzione. Dagli interrogatori bendata ai contatti indiretti con Elon Musk

«Venivo interrogata incappucciata con la faccia al muro. In un interrogatorio sono crollata e mi hanno dato una pasticca per calmarmi. Mi interrogava sempre la stessa persona in perfetto inglese e capivo che conosceva molto bene l’Italia. Il giorno prima della mia liberazione sono stata interrogata per dieci ore di seguito». È il racconto di Cecilia Sala, intervistata domenica sera da Fabio Fazio a Che tempo che fa, sul Nove, dei suoi 21 giorni di prigionia nel carcere iraniano di Evin. 

Sala è stata arrestata dalle autorità iraniane lo scorso 19 dicembre, senza accuse formali, ed è stata rilasciata l’8 gennaio dopo complicate attività diplomatiche: giorni dopo il suo arresto è stato chiaro che la sua liberazione fosse legata a un altro arresto, quello di un cittadino iraniano, Mohammad Abedini Najafabadi, avvenuto a Milano all’aeroporto di Malpensa, su cui pendeva un mandato di cattura da parte degli Stati Uniti.

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«Sono stata fortunatissima a stare lì dentro solo 21 giorni. Il recupero è più rapido rispetto a tante altre persone sono rimaste lì centinaia di giorni», ha detto Sala durante la trasmissione, «un lavoro che non si vedeva in tempi così rapidi dagli anni Ottanta».

Un cittadino svizzero, ricorda Sala, «si è suicidato nello stesso carcere in cui ero io di recente», o ancora, «una cittadina iraniano-tedesca 70enne che è stata liberata dopo 4 anni».

Le condizioni di detenzione

Sala ha poi raccontato alcuni dettagli sulle sue condizioni di detenzione. Come era già emerso dalla  telefonata del 1° gennaio della giornalista alla famiglia, si trovava in isolamento, in una stanza vuota, con la luce sempre accesa. Le erano stati tolti gli occhiali e non le era stato dato nulla da leggere. «Mi hanno tolto gli occhiali perché sono pericolosi, puoi spezzare le lenti e usarle come un’arma contro te stessa», spiega durante l’intervista.

«Fa parte dell’isolamento toglierti anche le lenti a contatto: non puoi fare niente, non puoi vedere niente, non puoi vedere nessuno – racconta – La prima sera ho chiesto il Corano in inglese perché avevo capito che sarei stata in una cella di due metri per tre vuota, senza niente, e che sarebbe stato molto complicato passare le ore, e pensavo che in un carcere di massima sicurezza della Repubblica Islamica dell’Iran l’avessero e anche un po’ che non me lo potessero negare». Invece, aggiunge, «è stato negato quindi ho passato il tempo a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti sulla busta del pane, ho ripassato le tabelline».

Sala ha poi ricordato i suoni di quel carcere: il silenzio dell’isolamento e le urla che riusciva a sentire quando la «fessura della porta blindata» si apriva. Racconta: «Senti i rumori delle altre detenute e c’era una ragazza che prendeva la rincorsa per quanto possibile per sbattere la testa il più forte possibile contro la porta blindata. I rumori che arrivavano dal corridoio erano spesso strazianti, spesso pianto, spesso vomito, a volte tentativi di farsi del male».

Finché qualche giorno prima della sua liberazione «è arrivata una compagna di cella, è arrivato un libro e le lenti a contatto quindi la possibilità per me di vedere perché senza non vedevo nulla». Uscita dall’isolamento, in quelle diverse condizioni, ha pensato che avrebbe potuto stare in cella «altri due anni».

Sono tantissime le iraniane che si trovano in isolamento, senza «avere un paese alle spalle che si muove per te e ti protegge». 

Elon Musk

Sala ha poi fatto chiarezza sui contatti con il miliardario Elon Musk, nella squadra della seconda presidenza di Donald Trump, che si insedia oggi, 20 gennaio. «Nessuno della mia famiglia e neanche Daniele Raineri hanno mai parlato con Elon Musk». 

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In quei giorni, per la famiglia «l’unica priorità era liberarmi», racconta. Anche il compagno, Daniele Raineri, è giornalista e «contatta il referente di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa», chiedendogli «se può far arrivare questa notizia dalla famiglia perché non la scopra dai giornali».

Sala ricorda come i rapporti diplomatici tra gli Stati Uniti e l’Iran «siano interrotti dal ’79, dalla rivoluzione islamica quando i rivoluzionari islamici iraniani rapiscono tutti quelli che trovano dentro l’Ambasciata degli Stati Uniti, che da allora è chiusa». Sul New York Times, però, continua la giornalista, viene pubblicato che «due mesi prima del mio rapimento Elon Musk aveva incontrato l’Ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite che è a New York. Una notizia enorme perché non si parlano direttamente gli americani e gli iraniani».

Per questo «Elon Musk diventa una persona fondamentale. L’unica risposta che ha avuto Daniele da Andrea Stroppa è stata “è informato”, quindi lo sapeva dalla famiglia», spiega.

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