Costi energetici e imprese: «Bene i crediti d’imposta per tamponare l’emergenza»

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Il caso Le industrie fornitrici dell’automotive e le trafilerie tra le più colpite. Sabadini, Unionmeccanica: «Si rischia di piegare del tutto le aziende in crisi»

l ’aumento dei costi energetici allarma le imprese, soprattutto le manifatturiere e, fra loro, non solo quelle della categoria “energivora”. Un problema sul quale Unionmeccanica che rappresenta 40mila imprese del settore meccanico, sta dialogando con il Governo per promuovere una serie di iniziative a riduzione dei costi di energia e gas per le pmi manifatturiere, come spiega Luigi Sabadini, presidente nazionale di Unionmeccanica e imprenditore lecchese del settore delle trafilerie.

Il disaccoppiamento «tra il prezzo di gas ed energia non è stato fatto»

Cosa sta chiedendo in concreto Unionmeccanica al Governo?

Abbiamo preparato una richiesta urgente di intervento economico pubblico per rieditare i crediti d’imposta a sostegno delle aziende manifatturiere, unico strumento che abbiamo visto funzionare in particolari momenti di difficoltà economica delle industrie. Stiamo discutendo i termini con il ministero, prima di parlare di percentuali bisogna definire qual è la disponibilità complessiva, come si fa quando la coperta è corta. Dovremo certo decidere anche un taglio di crediti d’imposta previsti oltre una certa soglia di consumo, anche per evitare che si disperdano risorse dando anche per consumi bassi cifre che comunque non farebbero la differenza per un’impresa. Lo facciamo a fronte di un nuovo rincaro pesante della componente energetica dovuta a una fase politica in cui l’Europa ha deciso di stare su uno dei due fronti di guerra e quindi ne paga lo scotto. Uno scotto che devono pagare gli Stati che come hanno messo mano al portafogli per inviare armi ora lo facciano per aiutare le loro aziende.

I rincari erano già partiti prima di fine dicembre, in vista della scadenza e del mancato rinnovo delle forniture russe all’Ucraina e quindi del transito verso l’Europa. E ora gli aumenti continuano. Cosa ci aspetta?

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Quella dei costi energetici è una questione interamente politica. Il mancato rinnovo del contratto di fornitura di gas russo all’Ucraina e quindi del trasferimento in Europa è una situazione che potrebbe ripristinarsi con una svolta decisa sulla fine del conflitto. Il tipo di sforzo che è stato fatto dagli Stati Uniti per l’accordo di cessate il fuoco su Gaza può essere fatto anche per porre fine alla guerra in Ucraina. I prezzi erano già aumentati sulle scorte prima del 31 dicembre e diciamo pure che ad oggi la speculazione è molto più contenuta rispetto a quella della precedente crisi energetica. Gli aumenti attuali sembra che rispecchino di più un riequilibrio fra domanda e offerta, una situazione che comunque all’Italia non fa assolutamente bene essendo in una situazione di completo disastro economico.

Che effetti si aspetta nei prossimi mesi sulle imprese?

I rincari sono altri pesanti costi che si aggiungono e che rischiano di piegare completamente le aziende già in difficoltà, ciò riguarda soprattutto le industrie fornitrici del settore automotive, già in crisi. A darci uno sguardo positivo anche sull’economia potrebbe essere solo la bella notizia della fine della guerra.

Saranno dunque mesi di nuove difficoltà anche a Lecco per le pmi legate all’automotive, che peraltro stanno aumentando la cassa integrazione?

Sì. L’aumento dei costi energetici appesantisce una situazione già difficile. Consideriamo inoltre che secondo le case automobilistiche il 30% di costi da colmare che si è determinato per la tecnologia dell’elettrico va colmato con sconti che loro fanno pagare alla catena di fornitura a monte, non lo vogliono certo pagare loro. Quindi è ovvio che la situazione è ancora più esacerbata per le nostre piccole e medie imprese. Si sta scherzando col fuoco. Perciò chiediamo alla politica di intervenire per tempo: prima che arrivassero i nuovi aumenti era ovviamente noto come la guerra con l’Ucraina fosse in corso, così come erano noti tutti i problemi connessi. Ora si constata che la cassetta degli attrezzi si ritrova svuotata. Non ci si è premuniti verso ulteriori eventi difficili, che di nuovo ora si verificano sui costi del gas e dell’elettricità, col risultato che a pagare il prezzo ora sono le aziende con tutto quello che ne deriva per gli effetti economici e sull’occupazione.

La Commissione europea continua ad essere riluttante nel rivedere il sistema dei prezzi energetici e rimane un nulla di fatto sul progetto, annunciato cinque anni fa, di voler disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’elettricità, quotati alla Borsa di Amsterdam, cosa che il Governo italiano ora torna a chiedere. Cosa ne pensa, considerando che l’Italia produce quasi la metà dell’elettricità da centrali termoelettriche a metano?

Il tanto annunciato disaccoppiamento fra il prezzo del gas e dell’energia non è stato fatto e quindi ci troviamo il moltiplicatore del gas sul costo dell’elettricità. Altra cosa che la politica ha detto e non ha fatto. Così tutto quello che viene prodotto col fotovoltaico viene fatto pagare allo stesso costo dell’energia elettrica ancorata all’andamento del gas alla Borsa di Amsterdam. E le grandi utility continuano a fare dei super utili, altro capitolo critico sul quale non si è portato a casa niente in termini di tassazione.

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Una politica debole coi forti?

Al solito, di fronte ai colossi dell’economia la politica ammutolisce, salvo essere molto capace di esigere dai piccoli di tutto e di più, massacrandoli. Tutto questo per le imprese sta diventando intollerabile.

Come vede l’accordo firmato da Meloni con gli Emirati?

Non abbiamo le dorsali per portare non dagl Emirati Arabi ma dal Sud Italia l’energia. L’altro giorno in azienda sono stato per tre ore senza corrente per un guasto nel sistema. Con tutti i soldi che ci prendono attraverso le bollette non fanno manutenzione, non fanno le dorsali in Italia e poi vanno a firmare accordi all’estero. Eni ha comprato un campo fotovoltaico in Spagna (i tre campi realizzati attraverso la controllata di Eni, Plenitude, nda): si fanno investimenti all’estero con i nostri soldi e qui non mettono a posto né la rete né la distribuzione. E’ una vergogna, si facciano le cose che si possono fare in Italia, si sa benissimo quali cose vanno fatte sul fronte energetico.

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