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La quinta edizione del Film Festival dedicato ai cortometraggi afrodiscendenti ha offerto un programma più variegato che mai. Non solo in termini di film. Incontri, talks, spettacoli di danza danno la cifra di un evento in costante crescita ed evoluzione

20 Gennaio 2025

Articolo di Roberto Valussi

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Tempo di lettura 4 minuti

L’attrice Tomi Egbowon-Ogunjobi protagonista del cortometraggio ‘Appreciation’ durante il ritiro del premio per il miglior film di questa edizione di Afrobrix Film Festival (Credit: Afrobrix)

I nudi fatti ingannano. È corretto riportare che il cortometraggio inglese Appreciation ha vinto l’Afrobrix Film Festival di Brescia e che l’attrice protagonista Tomi Egbowon-Ogunjobi, presente in sala, ha ritirato il premio. Ma scriverlo così è inadeguato; non comunica il senso dell’evento.

Abbigliamo allora questi fatti, aggiungendo che Afrobrix è il primo ed unico festival in Italia dedicato al cinema afrodiscendente. Che ieri sera ha concluso la sua quinta edizione. E che non solo organizza proiezioni – offrendo agli spettatori un caleidoscopio di temi e stili sull’afrodiscendenza – ma ha ospitato una decina di rappresentanti delle opere selezionate, tra registi, attrici e produttori.

Normale amministrazione per un festival di film internazionale. Ma il fatto che accada in Italia – dove ancora si fatica ad accettare di avere un problema di razzismo, figurarsi risolverlo – è un traguardo di per sé. 

Lo è a maggior ragione perché arricchisce il tessuto culturale locale con la disarmante facilità di penetrazione del cinema. Seduti comodi, buio in sala, ci si gode la visione e l’arrivo di nuovi orizzonti. I dieci cortometraggi selezionati brillavano per varietà ed originalità di approccio. A scegliere i migliori tre, una giuria formata dal cantante Tommy Kuti, il comico John Modupe e la professoressa di cinema all’Università Cattolica di Brescia Alice Cati. 

I film vincitori

Il loro verdetto ha incoronato il già citato Appreciation, che pennella il lutto in rielaborazione per la morte del figlio di una pastora evangelica di origine nigeriana in Inghilterra. 

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Di tutt’altro genere la loro seconda scelta, il francese Ophio. Qui non troviamo i temi che ci si aspetterebbe di vedere nei film sull’afrodiscendenza (come la denuncia sociale o l’identità sospesa tra culture). I protagonisti sono tutti benestanti e sereni. La sfida dei registi Baky Dia e Franck A.R Onouviet è proprio quella di sconfinare verso altri generi filmici. In questo caso l’hanno fatto declinando il tema di ignote e maligne forze spirituali (soggetto che trova più di un’eco in molti paesi africani) in un moderno racconto a metà tra il thriller e l’horror. Dia tra l’altro è al suo secondo premio Afrobrix: aveva già strappato un secondo posto nel 2022 con Yuri, un corto che giocava con fantascienza e distopia. 

Il terzo gradino del podio è andato invece a un corto portoghese, Prima e Lebsi, dai nomi delle due protagoniste. La loro attrazione carnale, nata in feste casalinghe a tinte afro-punk, fa da motore narrativo a un originale spaccato di vita di periferia lisbonese. 

Ci sono stati anche i premi di tre altre giurie: la popolare, di Mujeres nel Cinema (una rete di professioniste del cinema e dell’audiovisivo) e del Dipartimento di Arti, Musica e Spettacoli (Dams) dell’Università Cattolica di Brescia. Anche quest’ultima ha premiato Appreciation, mentre le prime due si sono espresse a favore di Recurrence (realizzato in Svezia). 

Non solo corti

Oltre ai corti, il menù visivo di Afrobrix prevedeva 6 lungometraggi di peso. La maggior parte dei titoli veniva con il marchio di selezione tra i più importanti festival internazionali, da Cannes a Toronto. Nel caso di Dahomey, la pellicola ha strappato l’Orso d’oro all’ultima edizione della Berlinale.  

Sarebbe già tanto materiale così. In più il programma ha avuto spazio per lo spettacolo di danza della danzatrice e coreografa Yvonne Me gritaron Negra, ispirato dall’omonimo poema di Victoria Santa Cruz del 1978. 

La stessa Yvonne era ospite in un incontro su poetica e tragedia con Wissal Houbabi, poetessa nata in Marocco e cresciuta in Italia. A condurlo c’era Francesca Sanneh, una delle animatrici culturali di Afrobrix. Insomma, il direttore artistico Fabrizio Colombo ha di che essere soddisfatto. 

Ci sono stati altri eventi, ma il fine ultimo qui non è stilare una lista esaustiva. Preme di più sottolineare la vivacità di un appuntamento culturale che continua a evolversi e a crescere. Ogni anno c’è una qualche variazione sul numero dei corti e lungometraggi in programma, nonché sugli eventi a latere (mostre, danza, incontri etc). Frequentandolo, si ha l’impressione di vedere lo scorrere di una vena di energie ed idee fresche. Il che fa ben sperare per il futuro di Brescia e non solo.

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Afrobrix è promosso da Fondazione Nigrizia, Missionari Comboniani di Brescia e varie associazioni locali come Uno Collective, K-Pax, Gli Alltree e ADL Zavidodici. 

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