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Lavorare a scuola è sempre più difficile, perché stare dietro la cattedra significa vivere una realtà complessa, fatta di sfide quotidiane e di un impegno che va ben oltre le ore di lezione: i primi a sentire il malessere crescente sono i docenti. In tanti si sono rivolti a Reddit, piattaforma dove gli insegnanti si confrontano apertamente e ricordano che vivono un quadro complesso: in pratica, riassume la rivista specializzata Orizzonte Scuola, “la passione per l’insegnamento si scontra con le difficoltà di un sistema che sembra non tenere il passo con i tempi”. Le prime ad essere contestate sono le condizioni di lavoro: gli ambienti scolastici, in molti casi, sono descritti come “rimasti agli anni ’70”, inadeguati a rispondere alle esigenze di una didattica moderna. La gestione delle classi, sempre più complesse e a volte rischiose, rappresenta un’ulteriore sfida. A ciò si aggiungono le “continue e spesso inutili riunioni pomeridiane”, che sottraggono tempo prezioso alla preparazione delle lezioni e alla vita privata. Uno dei motivi maggiori del malessere è però lo stipendio, considerato “basso e non adeguato al percorso di studi e concorsi”, soprattutto se confrontato con il costo della vita, in particolare nelle regioni del Nord Italia.

C’è poi il mito da sfatare dell’attività di un insegnante che non si limita alle ore trascorse in classe: dietro alle lezioni c’è un lavoro di programmazione e preparazione che include la ricerca di materiali didattici, la creazione di compiti in classe e la loro correzione, spesso svolta “finché la memoria del compito è ancora calda”. A ciò si aggiungono le sessioni di aggiornamento e la burocrazia crescente, che spesso portano gli insegnanti a lavorare fino a tarda sera. Ci sono poi le ferie, spesso considerate un vantaggio: sono in realtà “comandate”, limitando la libertà di scelta dei periodi di riposo. Un altro aspetto critico è l’interazione con gli studenti, spesso descritti come “maleducati” e “disinteressati”, che rende difficile e demotivante il lavoro dell’insegnante. Un docente spiega: “se davanti hai persone che se ne sbattono qualsiasi tentativo crea frustrazione e disamoramento”. Come non si accettano l’impossibilità di fare carriera e il progressivo svilimento del ruolo agli occhi della società.

“Il malessere degli insegnanti – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – nasce dal disinteresse e dall’indifferenza mostrata dai governi che si sono succeduti negli ultimi decenni: aumentare in modo esponenziale gli impegni di lavoro, ampliando la burocrazia a dismisura, avrebbe già disorientato la categoria. Ma a renderla sempre più demotivata e insofferente è stata l’operazione di progressiva riduzione delle risorse per il comparto e per il compenso annuale degli insegnanti, che non va oltre i 30 mila euro medi e in pochi anni si è ridotto di 6 mila euro rispetto a quello degli altri dipendenti pubblici. Se poi si fa un confronto con i colleghi dei Paesi esteri, che guadagno almeno il 30 per cento in più, non fa altro che aumentare la frustrazione”.

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“Noi, come sindacato, non possiamo fare altro che continuare a ricordare tutto questo, a ribadire che i diritti dei lavoratori della scuola, a iniziare dai precari e dagli Ata, non sono delle possibilità da applicare nei contratti, ma dei punti fermi da trasformare in norme. Certo, ce la stiamo mettendo tutta per cambiare le cose: siamo arrivati a recuperare 15 milioni di euro l’anno, frutto di oltre 6mila cause vinte in tribunale: abbiamo raggiunto la rappresentatività da pochi anni e già abbiamo raccolto diversi risultati, adesso speriamo di ottenere ancora più sostegno con le prossime elezioni Rsu di metà marzo per avere sempre maggiore forza ai tavoli di contrattazione con Ministero e Aran”, conclude Pacifico.

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