FRANCIA – L’innominabile malattia del femminismo

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Nonostante in Italia il rapporto tra femminismo e antisemitismo non sia stato oggetto di dibattito pubblico come altrove, i problemi sono comuni, soprattutto quando si toccano temi legati alle tensioni politiche globali. Si va dalla polarizzazione ideologica in alcuni ambienti femministi (soprattutto se legati alla sinistra radicale o all’anticolonialismo), dove il dibattito si concentra sulla politica israeliana e non considera l’impatto sulle donne ebree, sinoa una retorica spesso polarizzante.Vengono usate narrazioni ostili verso le comunità ebraiche generando tensioni anche all’interno dei movimenti progressisti e si arriva a quell’”assordante silenzio” prevalso anche in Italia sugli episodi di violenza subiti dalle donne israeliane il 7 ottobre. Le donne ebree nei movimenti femministi si sentono spesso marginalizzate, se non addirittura minacciate, e le loro esperienze specifiche di discriminazione e antisemitismo non ricevono alcuna attenzione. La rivista online francese daï ha recentemente pubblicato un articolo intitolato L’antisémitisme est-il une question pour les féministes? che affronta questi nodi a partire dalle violenze durante gli attacchi terroristici del 7 ottobre: nonostante la forza con cui il movimento #MeToo ha dato voce alle vittime di violenze sessuali, alcune delle sue principali rappresentanti – tra cui la filosofa statunitense Judith Butler, nota per i suoi contributi al pensiero femminista, alla teoria queer e agli studi sull’identità di genere, autrice di Gender Trouble e di numerosi testi su etica, politica e violenza – hanno adottato un atteggiamento scettico verso le testimonianze delle vittime israeliane, chiedendo prove concrete. Un approccio che ha portato a molte reazioni critiche e alla diffusione dello slogan #MeTooUNlessURaJew, nato per denunciare l’inazione delle Nazioni Unite (UN), l’esclusione delle donne ebree dal sostegno femminista internazionale e il fatto che la loro sofferenza sia stata sminuita o ignorata in nome di una posizione politica che privilegia il discorso anticolonialista. Le reazioni del movimento femminista sono state frammentate: alcune organizzazioni hanno subito espresso solidarietà , altre non hanno reagito, o lo hanno fatto con grande ritardo. Secondo Eva Toledano, autrice dell’articolo su daï, questa esitazione è spesso derivata dal timore di rafforzare narrazioni percepite come anti-palestinesi. Una cautela politica che ha avuto conseguenze profonde: molte donne ebree hanno abbandonato gli spazi militanti. È dunque necessaria una riflessione sulla capacità dei movimenti femministi di affrontare le questioni di violenza e discriminazione in maniera coerente e universale e senza strumentalizzazioni politiche: Toledano sottolinea che riconoscere le violenze sessuali del 7 ottobre come atti sia sessisti che antisemiti non esclude a priori la condanna delle sofferenze dei palestinesi, e superare le divisioni interne ai movimenti femministi è fondamentale perché possano rispondere in modo inclusivo e giusto a tutte le forme di oppressione. In Francia, il rapporto tra antisemitismo e femminismo era stato analizzato già nel 1997 da Liliane Kandel in un articolo pubblicato nei Cahiers du CEDREF (Centro universitario di insegnamento educazione e ricerca per gli studi femministi), intitolato La question du sexisme, du racisme et de l’antisémitisme dans les recherches féministes en France, come anche in A l’intersection entre le sexisme et l’antisémitisme, uscito sul media belga RTBF. Giá nel 2021, Camille Wernaers esplorava l’intersezione tra sessismo e antisemitismo e in particolare le sfide affrontate dalle donne ebree nei movimenti femministi. Quand l’antisémitisme gangrène les mouvements féministes pubblicato da Le Point e scritto da Valentine Arama è del marzo 2024 e si occupa di come l’antisemitismo possa influenzare negativamente i movimenti femministi.



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