Economia tedesca crescerà dello 0,3% nel 2025, bomba elettorale

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Germania in piena campagna elettorale, ma al cancelliere Olaf Scholz non ne va una dritta. L’inflazione resta elevata, mentre la produzione industriale continua ad arretrare. E adesso ci si mette anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) a dubitare sulla ripresa dell’economia tedesca. L’istituto per quest’anno stima una crescita di appena lo 0,3%, mentre ad ottobre prevedeva il +0,8%. Un taglio di mezzo punto percentuale che fa la differenza tra bassa crescita e stagnazione. La revisione al ribasso ha toccato anche la Francia, passata da +1,1% a +0,8%, e in misura inferiore l’Italia da +0,8% a +0,7%.

Campagna elettorale tesa

Ma l’economia tedesca arriva da un biennio di contrazione. Il Pil ha segnato -0,3% nel 2023 e -0,2% nel 2024. L’ex coalizione “semaforo” lascia la Germania a pezzi, in crisi anche d’identità. E le stime dell’FMI sono una bomba elettorale. I cittadini sono scettici e delusi. I sondaggi paventano un terremoto politico con la vittoria dei conservatori sopra il 30% dei consensi, ma privi di maggioranza al Bundestag. Dietro di loro si piazzerebbero gli euroscettici di destra dell’AfD sopra il 20%. I socialdemocratici di Scholz arriverebbero terzi, anche se nelle ultimissime rilevazioni segnano una mini-risalita dai minimi e arriverebbero fino al 18%.

I principali partiti stanno acuendo le loro posizioni sull’immigrazione. C’è frustrazione tra i tedeschi per la minaccia alla loro sicurezza provocata dalla politica delle porte aperte adottata da Berlino negli ultimi dieci anni. Friedrich Merz, leader conservatore, promette il ritiro della cittadinanza agli stranieri che l’hanno ottenuta e si siano resi responsabili di crimini gravi. I loro avversari socialdemocratici condividono, rompendo di fatto un tabù a sinistra. Qualcosa di simile sta avvenendo in Svezia, dove tutti i principali partiti stanno presentando una riforma costituzionale in tal senso.

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Conservatori di Merz al bivio

Il deterioramento dell’economia tedesca è così grave da richiedere soluzioni drastiche.

I conservatori propendono per il ritorno al nucleare, che essi stessi nel 2011 iniziarono a smantellare sotto la guida dell’allora cancelliera Angela Merkel. Il fatto è che queste posizioni mal si concilierebbero con quelle di socialdemocratici e Verdi nel caso si rendesse necessaria una coalizione per governare insieme. I numeri dei sondaggi dicono che questo sarebbe un atto dovuto, a meno che la CDU-CSU si guardi alla sua destra e apra all’AfD. Fino a qualche mese fa sembrava impossibile anche solo parlarne, ma con Donald Trump alla Casa Bianca lo scenario è cambiato.

Le affinità ideologiche tra conservatori e ultra-destra superano quelle tra i primi e gli avversari storici. Il problema è di opportunità politica. Merz teme di venire fagocitato nel caso di alleanza con l’AfD. I conservatori bavaresi, contrarissimi ad allearsi con SPD e Verdi, allo stesso tempo temono gli euroscettici come la peste. Insomma, ne esce un quadretto niente male. I rischi per l’economia tedesca sarebbero persino al ribasso. Senza un bilancio ancora approvato per il 2025 e un governo nel pieno delle funzioni verosimilmente, l’eventuale stallo negoziale post-elettorale finirebbe per peggiorare le aspettative di imprese e famiglie. E ciò prolungherebbe la già duratura spirale recessiva.

Economia tedesca a rischio recessione anche nel 2025

Nel 2017 servirono fino a 6 mesi per trovare un accordo tra i due principali partiti. E il panorama politico era molto meno teso e frastagliato di oggi. Le trattative nel 2021 durarono meno di tre mesi, ma esitarono la maggioranza più litigiosa dai tempi di Weimar. C’è la possibilità concreta che fino alla tarda primavera non conosceremo chi succederà a Scholz. Quest’ultimo venderà cara la pelle per cedere la poltrona a Merz. Tutti i partiti hanno la necessità di mostrarsi energici nel difendere le proprie posizioni per evitare una crisi simile a quella che attende i liberali dell’ex ministro delle Finanze, Christian Lindner.

E’ molto probabile che questi restino fuori dal Bundestag. Un caos dannoso non solamente per l’economia tedesca, bensì per l’intera Unione Europea, già soggetto politico irrilevante e stretto tra Stati Uniti e Cina.

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