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Tutte le regole da conoscere per dare in locazione breve case e strutture abitative; come funziona la tassazione; a cosa fare attenzione in annunci e inserzioni.
Dal 2024 le regole per gli affitti brevi sono profondamente cambiate: le prime avvisaglie risalivano al 2020, ma stavolta si fa sul serio, perché le modifiche al vecchio – e benevolo – sistema sono state recentemente già approvate in via definitiva. Il giro di vite è dovuto al fatto che per questi contratti non c’è obbligo di registrazione, e dunque ci sono maggiori possibilità di evasione fiscale. Perciò l’ultima legge di Bilancio ha introdotto una stretta prevedendo nuovi adempimenti a carico del proprietario che mette in locazione case e appartamenti con questa formula. In questo articolo ti daremo una guida pratica agli adempimenti che i locatori e gli intermediari – compresi quelli telematici – devono attuare anche quando mettono annunci e inserzioni online.
Affitti brevi: cosa sono
Gli affitti brevi, secondo la definizione fornita dall’articolo 4 della legge n. 50/2017, consistono nei «contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare».
Affitti brevi: caratteristiche
Da questa ampia formula normativa si deduce che gli affitti brevi, per essere definiti tali, devono rispettare le seguenti caratteristiche:
- avere una durata massima di 30 giorni (oltre questo termine si parla di contratti ad uso transitorio, come quelli per gli studenti fuorisede e i lavoratori trasferiti); se la durata supera i 30 giorni, il contratto va sempre registrato all’Agenzia delle Entrate;
- riguardare immobili ad uso abitativo, quindi non commerciale o professionale (locali adibiti a negozi, uffici, studi, ecc.); in pratica, l’immobile da dare in affitto breve deve essere inserito in qualsiasi categoria del gruppo catastale A, destinato alle abitazioni, con l’esclusione della voce A/10, che riguarda studi e uffici;
- il locatore deve essere una persona fisica, che quindi agisce come privato e al di fuori dell’eventuale attività d’impresa esercitata; dal 2021 vige un limite massimo di 4 immobili destinati agli affitti brevi, altrimenti – cioè a partire dal quinto immobile messo in affitto – scatta la presunzione di attività svolta in forma imprenditoriale ed è necessaria la partita Iva [1]; per effetto di ciò, i proventi saranno tassati come reddito d’impresa;
Inoltre, gli affitti brevi possono avere questi elementi opzionali:
- per la stipula del contratto e il reperimento degli inquilini il locatore si può avvalere di agenti immobiliari ed anche dei portali telematici che abbinano le proposte e le offerte; in tal caso scattano gli ulteriori adempimenti che descriveremo fra poco;
- al contratto può essere abbinata la fornitura di servizi accessori, come la biancheria e la pulizia dei locali, il Wi-fi per connettersi ad Internet, ecc.
Affitti brevi: tassazione
I proventi degli affitti brevi costituiscono reddito imponibile IRPEF – e pertanto vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi – ma godono di una tassazione agevolata grazie alla cedolare secca: per le locazioni brevi l’aliquota è del 21% anziché quella ordinaria e crescente in base agli scaglioni di reddito (che parte dal 23% e può arrivare al 43% per la porzione eccedente i 50mila euro annui).
Attenzione: in base a quanto stabilito dall’ultima legge di Bilancio [2], dal 2024 il beneficio riguarda solo il primo immobile dato in locazione con la formula dell’affitto breve, mentre i canoni degli immobili successivi sono soggetti all’aliquota del 26%. Questa percentuale si applica sui redditi di locazione maturati dal 1° gennaio 2024, a prescindere dalla data di stipula dei relativi contratti e dalla percezione dei canoni.
In altre parole, dal 2024 i redditi derivanti dagli affitti brevi vengono tassati al 26% a partire dalla seconda casa messa in locazione. Bisogna, quindi, specificare, nella dichiarazione annuale dei redditi, quale degli immobili, tra quelli affittati, usufruirà dell’aliquota ridotta al 21%. Il contribuente è quindi chiamato a fare una scelta su quale, tra le case che ha affittato con formula breve, applicare la tassazione minore, e potrà essere soltanto una, perché le altre pagheranno comunque il 26% di imposta sostitutiva.
L’Agenzia delle Entrate, con la nuova circolare n. 10/E/2024, ha fornito le indicazioni operative. Tieni anche presente che il limite massimo di 4 immobili oltre i quali scatta la presunzione di imprenditorialità e l’obbligo di dotarsi della partita Iva vale solo per le unità abitative destinate alle locazioni brevi, sicché se – ad esempio – un privato ha 6 immobili affittati, di cui 4 con formula breve e gli altri 2 a uso transitorio (regolarmente registrati) non sarà considerato imprenditore immobiliare. Per maggiori dettagli ed esempi di calcolo, leggi “Quanto si paga di tasse per gli affitti brevi“.
Affitti brevi: la ritenuta applicata dagli intermediari
Gli intermediari immobiliari e i gestori delle piattaforme telematiche di locazioni, se ricevono il pagamento dagli affittuari e lo riversano al locatore, devono operare, in qualità di sostituti d’imposta, una ritenuta d’acconto del 21%, indipendentemente dal regime fiscale adottato dal beneficiario.
Il locatore dovrà, quindi, determinare l’imposta (ordinaria o sostitutiva) dovuta scomputando la ritenuta d’acconto già applicata e versata dall’intermediario, e corrispondere l’eventuale saldo entro il termine di versamento per le imposte sui redditi: ad esempio, calcolando la differenza del 5% (differenza tra il 26% dovuto e il 21% applicato) sugli immobili dati in affitto breve, se sono più di uno, perché, come abbiamo visto, a partire dal secondo scatta la tassazione al 26%.
Affitti brevi mediante Airbnb o altri portali
Chi stipula contratti di affitti brevi avvalendosi di portali telematici che operano come intermediari non residenti in Italia, come Airbnb, deve rispettare gli adempimenti che abbiamo esposto se tali soggetti dispongono di una stabile organizzazione in Italia e incassano i canoni o corrispettivi: in tali casi questi intermediari sono tenuti ad applicare la ritenuta fiscale e a trasmettere i dati all’Agenzia delle Entrate. Inoltre adesso gli intermediari che risiedono fuori dall’Unione Europea e non hanno una stabile organizzazione in uno degli Stati membri devono necessariamente nominare un rappresentante fiscale in Italia.
La Circolare n.10/E/2024 dell’Agenzia delle Entrate analizza in tal senso proprio il caso Airbnb, applicando i principi che abbiamo esposto e che erano stati stabiliti nella sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 22 dicembre 2022 (causa pregiudiziale C-83/21) con la quale è stato accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, che aveva contestato alla società la mancata applicazione della ritenuta al 21% sui canoni e i corrispettivi legati agli affitti brevi riscossi negli anni dal 2017 al 2021: all’esito della causa, Airbnb ha pagato al Fisco italiano 576 milioni di euro e ha dichiarato di non volersi rivalere sui proprietari delle case date in affitti brevi (quindi i clienti di Airbnb non rischiano nessuna pretesa fiscale riferita a tali anni).
Affitti brevi: adempimenti antincendio
In base alla legge di conversione del Decreto Adempimenti, approvata nell’autunno 2023 in via definitiva [3], i soggetti che daranno in locazione breve le proprie unità immobiliari operando in qualità di imprese (quindi tutti coloro che affittano 5 o più case e strutture abitative diverse) dovranno comunicare, su un portale che verrà predisposto dal ministero del Turismo, i dati catastali dell’immobile e dichiarare la presenza di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e di monossido di carbonio, nonché di estintori portatili.
In sostanza, si applicherà anche agli immobili dati in locazione breve da chi agisce in forma imprenditoriale la normativa antincendio prevista per le strutture ricettive. In ogni caso anche per le unità immobiliari messe in affitto breve da privati non imprenditori dovranno essere assicurati – così come previsto per i B&B e tutte le strutture ricettive, i requisiti di sicurezza e messa a norma degli impianti elettrici, idrici e termici.
Affitti brevi: quando arriva il Cin
Per garantire il rispetto di questi obblighi, ogni immobile dovrà essere dotato di un codice identificativo nazionale –in breve, il Cin – assegnato dal Ministero del Turismo (mentre sinora era stato adottato soltanto da alcune Regioni italiane), da esporre all’esterno della casa data in locazione breve e da citare in tutti gli annunci di affitti brevi.
L’obbligo del Cin è già stato previsto a fine 2023 dal Decreto Adempimenti, ma si attende ancora l’emanazione del decreto del Ministero del Turismo che dovrà stabilire le modalità di attuazione e l’interoperabilità con le banche dati regionali. Fino a quel momento rimangono validi i codici regionali già esistenti, che in seguito andranno riclassificati (probabilmente con l’apposizione di un prefisso) per confluire nella nuova banca dati unificata nazionale.
Nel frattempo il nuovo sistema Cin rimane in stand by ed è di fatto congelato anche nel 2024, nonostante l’entrata in vigore della legge che lo prevede. Secondo le anticipazioni del Governo, entro l’estate 2024 dovrebbe essere attivato il Cin nazionale e a partire da novembre scatteranno le sanzioni per chi non si adegua: da 800 a 8.000 euro per chi proporrà in locazione una struttura senza Cin e da 500 a 5.000 euro per chi ha il Cin ma non lo utilizza negli annunci.
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