Lo scorso dicembre Mental Health Europe, la principale organizzazione non governativa europea indipendente impegnata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità psicosociali, ha pubblicato una Guida breve sul supporto tra pari nell’area della salute mentale. Nella Guida è sinteticamente illustrata l’evoluzione storica del supporto tra pari che ha portato al consolidamento di questa pratica e che ha validato, anche in termini di evidenze scientifiche, i significativi benefici del suo impiego all’interno dei team dei servizi per la salute mentale. Questi benefici non riguardano solamente i fruitori e le fruitrici dei servizi, giacché è stato dimostrato che questa pratica è in grado di produrre cambiamenti sistemici all’interno dei servizi stessi.
Lo scorso dicembre Mental Health Europe (MHE) – la principale organizzazione non governativa europea indipendente impegnata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità psicosociali – ha pubblicato la “Short Guide. Peer Support in Mental Health Care” (in italiano: Guida breve. Il supporto tra pari nell’assistenza [nell’area della] salute mentale). Il testo originale in lingua inglese è disponibile a questo link, mentre la versione in lingua italiana, prodotta in modo automatico, e dunque non verificata, è disponibile a quest’altro link.
Scopo della Guida – è spiegato nell’introduzione – è quello di fornire a chi legge una migliore comprensione del ruolo della figura del peer supporters (sostenitore/sostenitrice tra pari) nel percorso di recupero delle persone con problemi di salute mentale o disabilità psicosociali, di mostrare come il supporto tra pari sia stato implementato nei diversi Paesi europei, di riflettere sulle lezioni apprese e di fornire raccomandazioni per il trasferimento di tali pratiche in tutta Europa. Si tratta della sesta pubblicazione di una serie di Guide brevi prodotte dalla Mental Health Europe nelle quali sono stati approfonditi diversi altri argomenti inerenti all’area della salute mentale. La Guida breve sul supporto tra pari è stata redatta dal Psychosocial Approach Expert Group (Gruppo di esperti/e sull’approccio psicosociale) e si è avvalsa dei contributi dei/delle componenti di Mental Health Europe.
Il supporto tra pari si concretizza «quando le persone usano le proprie esperienze per aiutarsi a vicenda». Si tratta di persone che vivono o hanno vissuto situazioni simili nell’àmbito della salute mentale, e che dunque sono in grado di relazionarsi personalmente e supportare altre persone nei percorsi di recupero che desiderano intraprendere. Nella Guida ricorre spesso il concetto di recupero, con tale espressione si intende «il raggiungimento di uno stato ottimale di benessere personale, sociale ed emotivo, come definito da ogni individuo, mentre si vive o ci si riprende da una difficoltà di salute mentale». La condivisione, che è uno degli elementi centrali della pratica, fa sì che le persone si relazionino su un piano di parità e che le diverse opinioni ed esperienze siano tutte ugualmente apprezzate. Nella Guida è sinteticamente illustrata l’evoluzione storica di queste pratiche che ha portato al consolidamento delle stesse e che ha validato, anche in termini di evidenze scientifiche, i significativi benefici del loro impiego all’interno dei team dei servizi per la salute mentale. Questi benefici non riguardano i fruitori e le fruitrici dei servizi, giacché è stato dimostrato che questa pratica è in grado di produrre cambiamenti sistemici all’interno dei servizi stessi.
Il supporto tra pari può assumere diverse forme, la qual cosa fa sì che sotto la medesima denominazione siano ricompresi tipi di supporto che si strutturano e funzionano in modo diverso. Nella Guida sono indicate tre ampie categorie: i Gruppi di supporto informali, i Gruppi di auto-aiuto, e il Supporto tra pari propriamente detto, in cui gli esperti/e per esperienza collaborano con i servizi per la salute mentale e lavorano insieme ad altri/e professionisti/e. La Guida, pur senza sminuire l’importanza dei primi due Gruppi, si focalizza in modo specifico su quest’ultimo tipo di pratica. Per far comprendere meglio le differenze, riprendiamo di seguito le definizioni proposte nella Guida.
Ci sono i Gruppi di supporto informali che possono essere inquadrati come gruppi di amicizia o gruppi di attività (ad esempio: giardinaggio, passeggiate, sport, cinema ecc.). Tali gruppi sono spesso interamente locali (ad esempio, possono essere collegati a uno studio di medicina generale o sono gestiti da un’organizzazione di volontariato locale) e possono essere organizzati da persone che hanno avuto una cattiva esperienza con i servizi per la salute mentale. L’attività può essere ispirata da idee su ciò che costituisce uno stile di vita sano, ma non vi è alcun contributo terapeutico formale ed i/le partecipanti possono scegliere in che misura desiderano condividere le proprie esperienze personali. Tali Gruppi hanno particolare successo nell’attenuare la solitudine o i sentimenti di isolamento e la perdita di un senso di scopo nella vita.
Diversa è la fisionomia dei Gruppi di auto-aiuto, che invece forniscono supporto reciproco ed educativo a persone con particolari difficoltà o diagnosi come, ad esempio, persone con dipendenze, persone che odono le voci o persone con disturbo bipolare. In questo caso l’enfasi è posta sull’empatia, il confronto e l’auto-rappresentanza (self-advocacy) al fine di educare i/le partecipanti e il pubblico (inclusi i familiari e gli assistenti) sulla particolare condizione di cui si tratta e su come gestire le conseguenze personali e sociali della convivenza. In genere questi Gruppi rifiutano l’approccio ai problemi psicosociali “basato sulla malattia” (o sulla diagnosi), sia pure con diverse sfumature. Alcuni, pur riconoscendo che i servizi per la salute mentale spesso svolgono un ruolo importante nella vita dei propri membri, valorizzano la propria indipendenza dai servizi stessi, mentre altri sono ancora legati all’approccio tradizionale e, più che cercarne uno nuovo, chiedono che vengano migliorati i trattamenti.
Infine c’è il supporto tra pari propriamente detto che può essere svolto come parte o in collaborazione con i servizi per la salute mentale. Esso è noto anche con la denominazione di supporto tra pari intenzionale. In questo caso il servizio di salute mentale recluta nuovi membri del team con esperienza vissuta di problemi di salute mentale che sono disposti a condividere ciò che hanno imparato nei loro percorsi di recupero e ad offrire consigli e supporto pratici nella gestione della vita quotidiana. La relazione con con i fruitori e le fruitrici del servizio può includere compagnia, amicizia e aiuto per l’accesso alle risorse disponibili nella comunità locale. Essendo una relazione tra pari, la forma che assume, l’impostazione e le attività svolte in questo tipo di pratica sono solitamente negoziate tra i fruitori e le fruitrici del servizio, il/la sostenitore/sostenitrice tra pari e il team del servizio per la salute mentale. Il supporto potrebbe assumere semplicemente la forma di un incontro per un caffè in un bar locale, una gita in una struttura ricreativa o un incontro con un addetto all’edilizia abitativa o un consulente per i sussidi. Ma soprattutto il/la sostenitore/sostenitrice tra pari, in accordo con il diretto interessato/a, si presta a facilitare attività che rendano la persona responsabile della propria situazione, trovando soluzioni adeguate alle proprie preferenze, senza forzare e rispettando i tempi. In ogni caso esso dovrebbe sempre essere adattato alle esigenze individuali dell’utente del servizio.
La Guida ha un taglio operativo che entra nel merito dell’importanza che la figura del/la sostenitore/sostenitrice tra pari sia inclusa all’interno di servizi specialistici per la salute mentale ed illustra le “lezioni apprese” nella pratica. In particolare è sottolineato l’impatto trasformativo che il supporto tra pari è in grado di produrre all’interno dei servizi stessi, ma sono evidenziate anche le sfide che il lavoro di squadra comporta, nonché le criticità che possono scaturire, ad esempio, quando il/la sostenitore/sostenitrice tra pari viene inserito/a in team per la salute mentale che operano facendo riferimento all’approccio “basato sulla malattia”. Agli elementi descrittivi è affiancata una parte programmatica dedicata alle raccomandazioni, che pur richiamando la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, è sviluppata anch’essa con taglio operativo. Infine, nella parte conclusiva della Guida, sono segnalate alcune risorse bibliografiche e d’altro tipo, ma anche esempi concreti di come il supporto tra pari è stato implementato in tutta Europa, con focus specifici sul Regno Unito, la Grecia, la Polonia e l’Italia. Riguardo al nostro Paese sono considerate due realtà: l’Associazione Diritti alla Follia e l’Associazione Italiana per la Salute Mentale (AISMe) di Prato, in Toscana.
Il tema del riconoscimento dell’autorevolezza e delle competenze delle persone con disabilità rispetto alla propria condizione è una delle conquiste più preziose che il Movimento mondiale delle persone con disabilità ha faticosamente acquisito. Un punto fermo, pur nelle differenti declinazioni in cui tale riconoscimento si è concretizzato. In questo contesto, il supporto tra pari nell’area della salute mentale si configura come una pratica strategica per garantire anche alle persone con disabilità psicosociale il diritto all’autodeterminazione e le libertà fondamentali enunciate nella già menzionata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Ci piace concludere questa breve presentazione con una testimonianza riportata nella Guida che, a parere di chi scrive, rende molto meglio di qualsiasi descrizione teorica la sostanza del supporto tra pari.
«… l’esperta in supporto tra pari che avevo con me ha in un certo senso convalidato la mia esistenza come persona e il mio scopo nella vita. [Ora] c’erano persone che credevano in me, nel mio posto nel mondo e nell’importanza della mia esistenza, e non volevano sbarazzarsi di me, volevano vedermi volare, e vedevano in me un’abilità e non una disabilità. Se non avesse avuto quella [esperienza vissuta condivisa] e avesse solo cercato di interagire con [me] in un modo che fosse di supporto ma… senza capirlo, non avrebbe funzionato, e ora non sarei seduta qui. Perché non avrei mai trovato fiducia nel mio psicologo, in nessuno. Penso che allora non mi fidassi di nessuno, nemmeno del 10%. Qualcuno chiedeva il mio nome… “perché hai bisogno di sapere il mio nome? Vaffanculo”, [rispondevo] semplicemente così. E penso che ciò di cui avevo bisogno in quel momento fosse di trovare qualcuno di cui potessi davvero fidarmi. E quando ho trovato quella fiducia nell’[esperta nel supporto tra pari], mi ha in un certo senso aiutato a pensare che forse c’è fiducia anche altrove» (estratto della trascrizione di un’intervista pubblicata in Peer support in mental health and social care services: Where are we now?, Emma Watson e Julie Repper, ImROC Briefing Paper 22, 2021). (Simona Lancioni)
Su questi temi segnaliamo anche l’ottimo testo di Susanna Brunelli, Esperta in Supporto tra Pari o Esperta Per Esperienza (ESP), dal titolo: Il “Supporto tra Pari” come strumento trasformativo (del 29 dicembre 2024). Infine ringraziamo l’Associazione Diritti alla Follia per la segnalazione della Guida.
Ultimo aggiornamento il 17 Gennaio 2025 da Simona
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