Un quarto di secolo dopo Craxi, leader e riformista

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È passato un quarto di secolo dalla morte del leader socialista, “una delle persone più a sinistra del Paese” (sono parole di Bettino Craxi in una delle ultime interviste rilasciate da Hammamet poco prima della sua scomparsa). Venticinque anni di un nuovo secolo che potremmo definire veloce, che sconta l’aridità dei valori e l’erosione di idee e di ideali. È invece fatto notorio che il secolo precedente, che gli storici hanno definito appunto “breve” per la presenza di due conflitti mondiali, in politica abbia vissuto di contrapposizioni ideologiche, viscerali, profonde, ma sia stato un secolo vivo, di vere idealità. Passioni mediate dal corpo intermedio per eccellenza, i partiti politici, che hanno rappresentato per milioni di italiani una vera scuola di formazione e l’ascensore sociale per eccellenza, che hanno garantito ad un Paese che usciva sconfitto dal secondo conflitto mondiale e da un non esangue conflitto civile, una classe dirigente capace di farlo crescere ad un ritmo così sostenuto, da portarlo a collocarsi tra le prime cinque potenze più industrializzate del pianeta. Certo, poi i partiti avevano i loro difetti, ampliati da un contesto storico complesso e da un ruolo di cerniera che il nostro Paese svolgeva nella cosiddetta “Guerra fredda”. Erano diventati anche un po’ logori e corrotti, ma andavano riformati non certo eliminati. Ma questa è altra storia e molto complessa, non ancora abbastanza approfondita e di cui scontiamo quotidianamente le conseguenze. Una delle figure politiche più forti del secolo breve italiano è stato Bettino Craxi. Il primo socialista a guidare un Governo, il leader più moderno della sua generazione che aveva intuito prima degli altri gli scricchiolii del sistema politico che erano accentuati dalla fine del comunismo e conseguentemente della Guerra fredda. Con la caduta del muro di Berlino, Craxi aveva intuito che era arrivato il momento della unificazione delle forze socialiste/socialdemocratiche; inaugurando un cantiere progressista, riformista sul campo, nel perimetro di una sinistra che doveva “rinnovarsi per non perire”. Ma l’intuizione di Craxi scontò l’ostracismo del Pci, divenuto Pds, che vedeva nell’Unità socialista una resa politica e non un progetto per superare una stagione politica di divisioni a sinistra. Tanti ex comunisti giustificarono la loro posizione accusando i socialisti di voler “scalare” o annettere il corpo dell’ex Pci, dimentichi che invece gli stessi Socialisti (Gianni De Michelis in particolare) avallarono il loro ingresso nel Partito Socialista Europeo prima e nell’Internazionale Socialista poi. Eppure, pochi mesi dopo il loro ingresso nella famiglia socialista europea e mondiale, gli ex Pci, cavalcarono insieme alla destra post fascista (Lega compresa), le indagini delle Procure, con la speranza di “risolvere” per via giudiziaria il caso Craxi e riscrivere la storia dei rapporti a sinistra. E per molti socialisti “Tangentopoli” fu un derby a sinistra, fu una vera lotta fratricida che da molti fu vissuta così male da sentirsi espunti da casa propria, dalla sinistra! Torniamo ai giorni nostri, anzi alla imminente celebrazione della morte in terra amica ma straniera di Bettino Craxi. Ci sarà la folla delle grandi occasioni ad Hammamet, una fiumana di dichiarazioni da parte di esponenti di destra in favore di Craxi, della politica craxiana e di quello che di buono innegabilmente rappresentò per l’Italia. Stavolta auspichiamo che gli esponenti del mondo di sinistra, quel mondo a cui Craxi (ed i socialisti) ha appartenuto (e rappresentato!) fin da quando portava i pantaloni alla “zuava”, sappiano rendergli i giusti onori e riconoscere la figura dello statista che tanti gli tributano con saggi in libreria già molto venduti. Si riparta anche da Craxi e dalla fase craxiana dell’unità dei riformisti. Resta ancora quello il nodo gordiano che la sinistra deve sciogliere. Il Psi, erede di quella storia, piccolo e ambizioso, con nuovi e giovani protagonisti ci sarà, pronto a dare impulso ad una serie di iniziative politiche, con la voglia di esistere e di contribuire al rilancio del campo progressista. 





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