MANOVRA & LAVORO: Interventi mancati per i giovani, da tirocini a salari!

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“Oggi, più che in passato, l’ingiustizia regna sovrana, ma di eroici cavalieri non vi è traccia.” Così recitava una canzone di Guccini in Don Chisciotte, rappresentando fedelmente la situazione della gioventù nel nostro Paese, ignorata da una politica breve di vista e cinica. Negli ultimi tempi, le nuove generazioni hanno dovuto affrontare numerosi ostacoli, tra cui l’instabilità lavorativa, la disoccupazione e la fuga dei talenti. Di fronte a quello che si può considerare un autentico “problema giovanile”, la Legge di bilancio del 2025 sembra ignorare la gravità della situazione, limitandosi a interventi superficiali o simbolici, che mirano più a placare gli animi che a costruire un futuro solido per i giovani.



Generazioni in esodo

Esaminando i dati, il rapporto Giovani 2024: il bilancio di una generazione rivela che nell’ultimo ventennio l’Italia ha visto una riduzione di oltre 3,5 milioni di giovani sotto i 35 anni, pari al 21%. Questo declino demografico ha influenzato in particolare le donne giovani, con una diminuzione del 23% rispetto al 20% degli uomini. Questo fenomeno ha effetti anche sul piano politico e sociale, dove la diminuzione dei giovani ha influenzato l’elettorato, che è sceso dal 30,4% del 2002 al 21,9% nel 2022. Allo stesso tempo, la fuga di cervelli continua a essere motivo di preoccupazione: nel 2021, quasi 18 mila giovani laureati hanno lasciato il Paese, un incremento del 281% rispetto al 2011. Le ragioni dietro a questi trasferimenti includono la ricerca di migliori opportunità lavorative e una qualità della vita più stabile, mettendo a rischio il futuro demografico del Paese.

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Il panorama del lavoro in Italia

Il mercato del lavoro italiano è notoriamente instabile per i giovani, caratterizzato da un’alta incidenza di contratti precari (contratti a termine, false partite Iva, ecc.), anche a molti anni dal completamento degli studi. Inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile rimane elevato, attestandosi al 13,4% nel 2023. A livello europeo, secondo Eurostat, l’Italia ha il più basso tasso di occupazione giovanile (15-29 anni) con il 34,7%, appena sotto la Grecia con il 35%. La disparità regionale è anche notevole: nel Sud, il tasso di occupazione giovanile è solo del 33,1%, rispetto al 53,4% del Nord. Analogamente, il tasso di disoccupazione giovanile nel Meridione è triplo rispetto a quello del Nord.



Il divario di genere è anche pronunciato, con un tasso di occupazione femminile del 38,6% contro il 51% maschile. Inoltre, i giovani sono tra le categorie più colpite dal mismatch endemico tra domanda e offerta nel mercato del lavoro italiano, aggravato dalla mancanza di un sistema di orientamento efficace che guidi i giovani verso occupazioni che rispondano sia ai loro interessi sia alle necessità economiche e sociali. Questi sono tutti sintomi di una profonda ingiustizia, che evidenzia ancora una volta le difficoltà dell’Italia nel rispettare il dovere costituzionale di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” (articolo 3).

L’Italia nel contesto europeo

In Europa, la situazione dei giovani nel mercato del lavoro varia significativamente. Secondo il rapporto Participation of young people in education and the labour market di Eurostat, l’Italia mostra una bassa partecipazione dei giovani nel mercato del lavoro durante gli studi, un fattore che può influenzare negativamente l’integrazione dei giovani nel mercato a lungo termine. In paesi come la Germania e i Paesi Bassi, invece, l’alternanza scuola-lavoro è più sviluppata, con una alta percentuale di giovani partecipanti, ad esempio, a programmi di apprendistato, dimostrando di essere un modello efficace per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro e ridurre i tassi di disoccupazione giovanile. In Italia, nonostante gli incentivi fiscali a favore delle imprese, la scarsa diffusione dell’apprendistato e la debole integrazione tra formazione e lavoro rimangono ostacoli significativi. Al contrario, il tirocinio è molto più diffuso e spesso si presta a forme di abuso, specialmente nel caso di quelli extracurriculari che funzionano come veri e propri lavori a basso costo.

Retribuzioni dei giovani: Italia vs Europa

Anche dal punto di vista delle retribuzioni, la situazione è critica soprattutto per chi non ha contratti stabili. I dati del rapporto Giovani 2024: il bilancio di una generazione evidenziano la difficoltà (se non l’impossibilità) per un giovane di conciliare un lavoro precario con la costruzione di un progetto di vita a medio e lungo termine. Nel 2022, infatti, il salario lordo medio annuo di un lavoratore dipendente del settore privato con contratto a tempo indeterminato in Italia è di 27.539 euro, molto superiore a quello degli under 35, che si aggira sui 20.431 euro (22.206 nella fascia 25-34 anni). Tuttavia, questo valore è più del doppio rispetto a quello dei giovani lavoratori a tempo determinato, che nel 2022 hanno percepito una retribuzione media di circa 10 mila euro (25-34 anni).

In altre parti d’Europa, la situazione è molto diversa: in Germania, ad esempio, i giovani lavoratori guadagnano in media 30.000 euro lordi all’anno, mentre nei Paesi Bassi la cifra si aggira intorno ai 28.000 euro. Queste differenze salariali sono indicative di un mercato del lavoro più stabile e di politiche occupazionali più efficaci nei Paesi del Nord Europa rispetto ai Paesi mediterranei.

(Mancate) Opportunità: la Legge di bilancio 2025

Di fronte a questo scenario, la recentemente approvata Legge di bilancio non sembra all’altezza delle circostanze. Tra le misure a favore dei giovani, oltre ad alcuni incentivi fiscali, troviamo il taglio del cuneo fiscale, che diventa strutturale e si estende ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 40 mila euro. Queste sono briciole, se consideriamo i problemi sopra descritti. Ancora una volta, si è persa l’opportunità di intraprendere azioni decisive come la riduzione dei tempi di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, l’eliminazione dell’abuso dei tirocini extracurriculari, la riduzione della durata dell’apprendistato, il potenziamento delle politiche attive e di orientamento, che coinvolgano attivamente aziende, territori ed enti pubblico-privati, e il sostegno alle nuove generazioni nella progettazione di un futuro pensionistico adeguato. L’instabilità lavorativa e le basse retribuzioni continuano a essere gli ostacoli più significativi per i giovani.

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Per affrontare queste sfide, non bastano pochi emendamenti superficiali. È necessario un approccio integrato che includa politiche a lungo termine per migliorare la qualità del lavoro e ridurre le disuguaglianze generazionali, territoriali e di genere.

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