Besseghini (Arera): “Bollette? Raggiunto il picco massimo ma riduzione solo dal 2026”

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Besseghini (Arera) ad Affari: “Il prezzo dell’energia è alto, ma il peggio è alle spalle”. Intervista 

“Il prezzo dell’energia è alto, ma il peggio è alle spalle. Solo che per vedere una riduzione dei costi bisognerà attendere il 2026”. Stefano Besseghini, presidente di Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), traccia il futuro del comparto energetico in un’intervista esclusiva con Affaritaliani.it. Mentre le tensioni geopolitiche continuano a tenere banco, infatti, l’ente regolatore che gestisce – oltre all’energia – anche il mondo idrico e quello dei rifiuti ha davanti a sé diverse sfide. Tra il nucleare (che si spera si possa fare) alle rinnovabili (“sarebbe miope procedere con una riduzione degli investimenti green”) ecco che cosa dobbiamo aspettarci nel futuro.

Besseghini, partiamo dai prezzi: le previsioni sono horror, si parla di incrementi da 400 euro per famiglia. Lei che ne pensa?

Diciamo che ci troviamo in una fase delicata, in cui le tensioni geopolitiche continuano a farsi sentire. Ma attribuire questo incremento del prezzo al mancato passaggio del gas dalla Russia verso l’Ucraina è miope: i mercati hanno già scontato questa criticità. Il problema è che gli stessi mercati sono diventati più volatili, con oscillazioni rapide e soprattutto con una tendenza ad amplificare in maniera eccessiva qualsiasi accadimento.

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Dunque non dobbiamo aspettarci scossoni quando diremo definitivamente addio al gas russo?

In realtà temo che vedremo eccome altri scossoni. A settembre abbiamo visto un rally dovuto a una serie di notizie secondarie che annunciavano nuovi transiti del gas. A questo aggiungiamo anche che siamo in un periodo dell’anno in cui – per ovvie ragioni – la domanda di gas è più elevata e quindi è naturale registrare incrementi. A mio avviso dovremmo aver raggiunto quello che in gergo si chiama plateau e ora ci attendiamo un prezzo stabile fino a maggio. Il che non è esattamente una buona notizia perché significa un costo al Mw/h tra i 40 e i 50 euro. Non esattamente un prezzo basso. Mettiamoci anche il fatto che questo inverno sembra essere più rigido di quelli passati. Il che non è solo un tema squisitamente meteorologico, ma anche di consumo degli stoccaggi.

Nei giorni scorsi è stato lanciato l’allarme perché i livelli di stoccaggio sono ai minimi da anni: è così?

Francamente non ho in mente curve di svuotamento anomale o particolarmente intense: siamo partiti da livelli di riempimento straordinari e quindi non ci sono allarmi da lanciare. Anzi, tra poco ci sarà anche l’asta per l’assegnazione della nuova capacità di Gnl, speriamo quindi che non vi siano altri problemi di approvvigionamento.

Questa nuova normalità di cui ci ha parlato sarà lo scenario entro cui ci muoveremo nei prossimi anni?

Tutti gli analisti convengono nel dire che questo sarà l’inverno più complicato. Il prossimo, infatti, sarà caratterizzato da una nuova immissione di gas sul mercato, con conseguente abbassamento dei prezzi. Poi ci si attende una curva significativa di decrescita.

Vogliamo però ricordare che chi viene impattato dall’andamento dei prezzi è soprattutto chi è rimasto nel servizio a tutele crescenti, c’è le fasce più deboli della popolazione. Mentre gli altri consumatori hanno potuto aderire a un sistema con tariffe bloccate che rappresenta un problema al massimo per le aziende.

Ormai il mercato energetico è molto finanziarizzato e quasi tutti i player si muovono con meccanismi di hedging. Poi naturalmente il venditore deve coprirsi dagli incerti del mercato. E io suggerisco sempre agli utenti di tutelarsi con contratti a 12 o 24 mesi, ove possibile, che offrono maggiori garanzie di stabilità. I prezzi fissi erano scomparsi dal mercato dopo la fiammata degli anni passati, ora stanno lentamente tornando su livelli più accettabili.

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In tutto ciò le associazioni dei consumatori sembrano essere inferocite: come se lo spiega?

Abbiamo sempre avuto un rapporto di collaborazione proficuo con questi soggetti. Quello che è vero è che sono stati cancellati molti bonus che esistevano negli anni passati, di fatto oggi abbiamo prezzi finali simili a quelli degli anni della grande fiammata dei prezzi perché non abbiamo più previsto meccanismi di protezione. Ovvio, questi bonus hanno un prezzo e servono quindi fondi per finanziarli, in un momento particolarmente complesso per il bilancio dello Stato. Insomma, può sembrare una banalità ma in questo momento il metodo più efficace è quello di ridurre i consumi, i prezzi sono alti e lo resteranno ancora un po’. Anche perché se i consumatori tagliano le loro bollette mandano un messaggio molto forte al comparto, operando un pressing che potrebbe funzionare, come già successo in altri casi.

Venendo al tema più squisitamente industriale, abbiamo una delle bollette più alte d’Europa per quanto riguarda le imprese: ci possiamo attendere dei miglioramenti?

Intanto, c’è qualche strumento già messo in campo sotto forma di incentivo che fissa a 65 euro al Mw/h il costo dell’energia per chi si impegna a reimmettere l’energia consumata nella rete, negli anni a venire, attraverso le rinnovabili, che d’estate riescono già oggi a coprire il 50% del fabbisogno energetico delle aziende. Poi c’è il grande mondo dell’autoconsumo e delle comunità energetiche. Insomma, ci sono i presupposti per vedere una progressiva riduzione della bolletta per le aziende, ma certo non può essere un processo immediato.

A proposito di rinnovabili, con l’avvento dell’amministrazione Trump sembra che il tema green stia decisamente scivolando fuori dalle agende. È davvero così? Dobbiamo aspettarci qualcosa di simile in Italia?

Diciamo che in questo momento anche il mondo della finanza – che da sempre orienta gli investimenti – sembra aver abbandonato questo tema. Certo, per l’Italia sarebbe un errore notevole mollare le rinnovabili non avendo una capacità produttiva autonoma. Anche perché abbiamo rinunciato alla produzione di gas metano nazionale e allora viene spontaneo chiedersi: possiamo fare a meno delle rinnovabili? E la risposta, ovviamente, è no. Mi pare che ci troviamo di fronte a una di quelle proverbiali oscillazioni dei “pendoli” che caratterizzano la storia e che rappresentano trend da non inseguire a ogni costo.

D’altro canto, le città sarebbero in grado di soddisfare le esigenze di una mobilità totalmente elettrica con lo switch-off dei motori termici nel 2035?

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Questa è una querelle che dura da molto tempo. Naturalmente, c’è sicuramente questo tema, ma va discusso in un’ottica di penetrazione. Perché è un fenomeno che non può avvenire in maniera improvvisa, ma progressiva. Basti pensare che il fabbisogno energetico degli ultimi dieci anni è cresciuto in maniera esponenziale con le pompe di calore a uso domestico o i sistemi di condizionamento o, ancora, le piastre a induzione.

La soluzione a questo ulteriore fabbisogno sta nel nucleare?

La cosa principale da fare era rimuovere quella sorta di stigma che c’era intorno a questo tipo di energia. Si tratta di una tecnologia che una società avanzata come la nostra non può non avere. Ben venga quindi la sperimentazione, sapendo che ha tempi lunghi e che l’Italia ha già un gap strutturale non indifferente rispetto ad altri Paesi. Finalmente sembrano esserci investitori disposti a puntare sui reattori di terza o quarta generazione. E perfino sulla fusione che ha però un periodo lunghissimo di “incubazione”.

Veniamo al ruolo di Arera, che improvvidamente viene ricordata solo come l’ente che si occupa di tenere sotto controllo i pressi delle bollette: ci vuole raccontare quali sono le sfide che dovrete affrontare?

Il 2024 è stato l’anno del superamento del servizio di tutela, con un percorso – non trascurabile – di gestione della migrazione di 9 milioni di consumatori. Non abbiamo riscontrato criticità particolari. Arera poi si occupa della gestione dei contenziosi e continua a fissare il prezzo di mercati per 3,5 milioni di consumatori vulnerabili. Tutto questo senza mai dimenticare che noi non ci occupiamo solo di energia.

Ma anche di rifiuti e idrico: ci vuole spiegare meglio in che modo operate?

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Per quanto riguarda il mondo dell’acqua bisogna riuscire a fare interventi che migliorino la natura tecnica del servizio e minimizzi le perdite.

Nel 2011 abbiamo assistito a un referendum impropriamente chiamato “sull’acqua pubblica” che però mise in luce le perdite sistemiche. Se mai dovesse verificarsi una situazione drammatica come quella di Los Angeles, l’Italia sarebbe in grado di evitare quei roghi?

Voglio sperare di no, anche perché abbiamo avuto problemi di disponibilità della risorsa, in alcune zone in momenti specifici, ma il settore sta migliorando sensibilmente. In 12 anni gli investimenti sono quadruplicati. È vero, le perdite sono ancora nell’ordine del 40%, ma da tre anni questo trend si è invertito.

Il Pnrr darà una mano?

Sicuramente, anche perché io lo ripeto sempre: investire nell’idrico significa creare ricchezza, posti di lavoro, opere di qualità.

Chiudiamo sui rifiuti: che cosa farete?

Sta per entrare in vigore il nuovo piano tariffario, che prevede dei meccanismi premiali – per ora molto piccoli – per chi opera correttamente la raccolta differenziata. Immaginiamo che una riduzione, ancorché minima, delle tariffe sia un segnale importante per la popolazione.

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