Non possiamo rinunciare al Fondo per il contrasto della povertà educativa • Secondo Welfare

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Con un colpo di spugna la Legge di Bilancio 2025 ha cancellato il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile che, in otto anni di funzionamento, ha sostenuto oltre 800 progetti in tutta Italia raggiungendo più 500.000 di bambini/e e ragazzi/e e mettendo in rete più di 9.500 organizzazioni, tra realtà del Terzo Settore, scuole ed enti pubblici.

L’esperienza del Fondo tuttavia non è rilevante solo per i numeri raggiunti, vista anche la pregnanza che il fenomeno della povertà educativa continua ad avere nel nostro Paese. È infatti interessante ricordare l’origine del fondo stesso, dovuta ad un’innovativa partnership tra Pubblico e privato sociale che ha coinvolto il Governo e le Fondazioni di origine bancaria – e il suo funzionamento, possibile grazie al lavoro di “Con i Bambini”, impresa sociale responsabile della sua attuazione, che in questi anni ha dato vita a un vero proprio cantiere di innovazione sociale. Che rischia ora di “essere buttato via con l’acqua sporca”.

A nostro avviso ci sono almeno quattro elementi che rendono particolarmente interessante questa esperienza e consentono di individuare buone ragioni per darvi seguito. Vediamoli insieme.

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L’adozione di una logica redistributiva

Primo elemento: il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile costituisce un’esperienza di estremo interesse per via del suo carattere nazionale. Si tratta di un elemento di importante innovazione rispetto alle modalità di intervento proprie delle Fondazioni di origine bancaria (Fob) che erogano risorse economiche e sviluppano progetti perlopiù nei loro territori di riferimento.

La questione non è di poco conto se consideriamo che oltre la metà delle Fob (46 su 86) ha sede nel Nord, dove si concentra circa il 74% del loro patrimonio complessivo e, dunque, la grande maggioranza delle erogazioni (per approfondire si rimanda al l’ultimo rapporto annuale Acri).

In questo contesto, al Fondo va riconosciuto il merito di aver previsto un meccanismo utile alla redistribuzione delle risorse che convergono infatti verso un unico ente gestore che si occupa poi di distribuirle capillarmente su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un modello d’intervento innovativo che è stato particolarmente apprezzato dalle diverse parti in campo e che, proprio per questa ragione, nel 2022 è stato mutuato dal Fondo per la Repubblica Digitale per favorire la transizione digitale della categorie fragili nel nostro Paese.

La prospettiva della filantropia strategica

Secondo elemento: l’esperienza del Fondo ha sostenuto l’affermazione di un modello di  “filantropia strategica” all’interno del quale le Fob non si limitano a erogare risorse ma sempre più spesso si pongono come attore rilevante nel processo di policy making, dal momento che accompagnano la progettazione e l’implementazione delle iniziative che sostengono, un tema che abbiamo affrontato nel Sesto Rapporto sul secondo welfare)

Da questo punto di vista, il Fondo ha contribuito a consolidare un modello di questo tipo prevedendo, fin dal momento della sua istituzione, che le Fob assumessero un ruolo centrale nella programmazione e nell’individuazione delle linee strategiche di azione.

In linea con questo obiettivo, il modello di governance messo in campo prevede che le scelte di indirizzo strategico siano definite da un apposito Comitato di indirizzo nel quale sono pariteticamente rappresentate le Fondazioni di origine bancaria, il Governo, le organizzazioni del Terzo Settore e rappresentanti di INAPP e EIEF – Istituto Einaudi per l’economia e la finanza.

La centralità delle comunità educanti

Terzo: fin dalla sua istituzione, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha contribuito in maniera significativa a porre al centro dell’attenzione il tema del  rapporto fra scuola e territorio, promuovendo l’attivazione di reti territoriali basate su questo binomio. L’azione del Fondo è andata dunque nella direzione di sostenere lo sviluppo di “comunità educanti”, ovvero l’insieme di relazioni di collaborazione costituito e alimentato dagli attori territoriali che si impegnano a garantire il benessere e la crescita di bambini e ragazzi.

Il tema delle comunità educanti è dunque una costante nei progetti finanziati e nel 2021 è stato pubblicato un bando specificatamente dedicato all’emersione e alla valorizzazione di queste realtà.

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Quella delle comunità educanti è una prospettiva che si colloca pienamente nel più generale processo di trasformazione del welfare locale che sempre più spesso muove nella direzione di un “platform welfare” che adotta logiche ricompositive e valorizza le risorse proprie delle comunità e delle persone.

L’importanza della valutazione

Da ultimo, il Fondo ha contribuito a diffondere una consapevolezza circa la rilevanza della pratica valutativa dal momento che tutte le iniziative finanziate sono obbligatoriamente oggetto di tale pratica. Come risultato, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha agito, da un lato, come propulsore di un cambiamento culturale e, dall’altro, come catalizzatore di un patrimonio pubblico di conoscenze utile a decisori, policy maker, operatori eccetera.

In questa direzione si colloca la recente pubblicazione del report “Valutazione d’Impatto del bando prima infanzia: prime sintesi e stato dell’arte” che presenta gli esiti della valutazione del Bando Prima Infanzia che, lanciato nel 2017, ha finanziato 80 progetti rivolti a bambini e bambini della fascia 0-6 anni.

Come si legge nel rapporto, nel corso del tempo le pratiche valutative sono peraltro state modificate, a dimostrazione di un apprendimento in itinere volto a migliorarne la capacità di cogliere i cambiamenti. Per i primi 4 bandi che ha emesso, infatti, “Con i Bambini” ha affidato direttamente agli enti capofila dei progetti il compito di selezionare e coordinare il proprio partner valutatore, proponendo anche le metodologie e gli approcci da impiegare per un lavoro mirato, costruito ad hoc sul singolo partenariato. Successivamente, è stata invece prevista l’individuazione di un soggetto unico cui affidare la valutazione a livello di bando. Tale scelta si lega alla necessità di rendere più comparabili fra loro i risultati, e di poter disporre di una visione di insieme sull’impatto del bando.

Perché non ci possiamo permettere di cancellare il Fondo

La legge di Bilancio per il 2025, come detto, non ha previsto il rinnovo del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile che, nei fatti, è dunque stato cancellato dal nostro sistema. Come ha spiegato Marco Rossi Doria, Presidente di “Con i Bambini”, gli interventi già previsti potranno comunque contare su risorse residue delle annualità precedenti e, dunque, nell’immediato non ci saranno delle interruzioni nelle progettualità volte a migliorare le condizioni di vita dei minori.

Ma perché questa azione possa continuare, a nostro avviso il ripristino delle risorse è necessario e prioritario. Da un lato, per garantire lo sviluppo di nuove iniziative nei prossimi anni; dall’altro, per continuare ad alimentare questo ampio e variegato cantiere di innovazione sociale che porta in primo piano il valore che la sinergia fra primo e secondo welfare può assumere.

Negli ultimi giorni si sono intensificati gli appelli affinché il Governo torni sui suoi passi e trovi le risorse per garantire il funzionamento del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile almeno per l’anno in corso. Anche noi ci uniamo alle richieste che vanno in questa direzione, sperando che i dati sempre più allarmanti sulla povertà – che come noto colpisce soprattutto i più piccoli – non siano ignorati ancora una volta.

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