Roma, 15 gennaio 2025 – Scudo penale: giammai. Honni soit qui mal y pense, sia svergognato chi pensa male. Lo “strumento di difesa” delle forze dell’ordine al quale stava lavorando il sottosegretario Alfredo Mantovano su mandato della premier non c’è più. Non ufficialmente almeno, non con il nome maledetto e oramai impronunciabile. Soprattutto non con modalità tali da violare il principio per cui la legge è uguale per tutti. Il Colle mantiene, come al solito il riserbo, ma in materia è tassativo. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio capisce l’antifona: “Non si è mai parlato di scudo penale. Le maggiori tutele, che riguardano tutti i cittadini, derivano da una distonia tra l’istituzione dell’informazione di garanzia e del registro degli indagati che dovrebbe servire a garantire la difesa di chi è sottoposto a un’indagine e che invece si sono trasformati in un marchio d’infamia”.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il Quirinale peraltro è solo il principale ostacolo, non l’unico. Pure dentro FI i nasi storti non si contano: “Non si deve varare un provvedimento che permette l’impunità a chi commette reati, anche se appartengono alle forze dell’ordine”, riassume gli umori il portavoce del partito, Raffaele Nevi. Dunque non se ne fa più niente? Questo magari sarebbe troppo, qualcosa il governo è deciso a fare e sta cercando il punto di equilibrio per procedere senza incappare nel campo minato della palese incostituzionalità. Quella per cui i presidenti della Repubblica rinviano direttamente la legge alle Camere. A via Arenula stanno studiando una riforma del Codice di procedura penale per evitare l’iscrizione tra gli indagati come atto dovuto se non in caso di prove evidenti. Si pensa a una sorta di terza via: viene svolta l’indagine, affidata alla Corte d’appello, senza che il nome della persona in divisa risulti tra gli indagati, evitando spese legali, rischio di sospensione e ripercussioni sulla carriera, quando è chiaro che ha agito nell’esercizio delle sue funzioni.
I rilievi del Colle sono decisivi anche nell’imporre una revisione del ddl Sicurezza. Inutili le insistenze della Lega. L’ipotesi di ignorare dubbi di costituzionalità presentati già da tempo dal Colle è fuori dal mondo. Dunque, verranno modificati gli aspetti critici indicati dal Quirinale. Anzitutto, il divieto di vendere agli immigrati irregolari le sim telefoniche: ciò impedirebbe di comunicare con le famiglie. Quindi la norma che consente di tenere in carcere donne incinte o con figli di età inferiori ai dodici mesi: sarà il giudice a decidere caso per caso. Si interverrà anche sul reato di rivolta carceraria che prevede la resistenza passiva agli ordini dell’autorità: sarà perseguibile solo se la resistenza avviene in un momento di emergenza. Modifiche anche al divieto di manifestare contro grandi opere e infrastrutture strategiche nonchè all’articolo che prevede le aggravanti per i reati contro le forze dell’ordine che eliminerebbero le attenuanti per chi li compie, ad esempio, a causa di patologie psichiatriche. Osserva il presidente dei senatori azzurri, Maurizio Gasparri: “Cambiamo ciò che è necessario, ma contemporaneamente stiamo studiando un crono-programma che permetta il voto al Senato e una terza lettura alla Camera in tempi rapidi”.
La Lega finita ancora una volta all’angolo, stavolta solo per sua responsabilità, si consola sfornando un progetto di legge dopo l’altro. L’ultima trovata è una proposta di legge, presentata da Igor Iezzi, capogruppo in commissione Affari costituzionale a Montecitorio, che vieta di indossare il burqa o altri indumenti che impediscano il riconoscimento della persona in luogo aperto al pubblico o in luogo pubblico e introduce il nuovo reato di occultamento del volto, con il carcere fino a due anni e una multa fino a 30mila euro, che diverrebbe causa ostativa all’ottenimento della cittadinanza italiana. In ogni caso, il ddl Sicurezza resta nel mirino delle opposizioni, con tanto di denuncia di marcia verso lo stato di polizia, confermata anche ieri dall’ex Guardasigilli Andrea Orlando (Pd): “I violenti non si fermano snaturando la Carta”.
Una levata di scudi in nome del diritto a cui FdI risponde invocando l’appoggio della piazza: lancia una raccolta di firme con la petizione “iostoconleforzedell’ordine”. Trentamila quelle raccolte online all’esordio: “La mia firma con il cuore è già lì”, taglia corto il ministro Matteo Piantedosi. Nel weekend FdI organizzerà banchetti nei mercati e nei centri storici delle principali città per la sottoscrizione.
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