i costi sociali della deregolamentazione

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 


Pochi giorni dopo la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca, i leader dei 27 Stati membri dell’Unione Europea si sono riuniti a Budapest per un Consiglio europeo informale. L’incontro, che si è svolto il 7 e l’8 novembre, era stato programmato da tempo e avrebbe dovuto costituire un’occasione di confronto tra i Capi di Governo e le istituzioni europee, incentrato sulla discussione del cosiddetto “Rapporto Draghi”. Tuttavia, come era ampiamente prevedibile, il ritorno di Trump alla Presidenza degli Stati Uniti ha inevitabilmente spostato l’orientamento dei lavori, trasformando il vertice in un momento di riflessione sulle sfide che l’Unione Europea deve affrontare nel mantenere la propria competitività e capacità di innovazione rispetto ai principali attori globali.

La rielezione di Trump

La rielezione di Donald Trump riavvicinerà gli Stati Uniti verso un modello economico altamente protezionista e competitivo, caratterizzato da un accentuato isolamento economico e da politiche mirate a salvaguardare gli interessi nazionali. Ciò pone l’Unione Europea di fronte a una sfida cruciale. Già indebolita dalle fratture interne e dagli effetti destabilizzanti del conflitto in Ucraina, l’Europa si trova ora nell’urgenza di reagire, al fine di evitare una progressiva marginalizzazione sia sul piano economico sia geopolitico. In un contesto internazionale sempre più polarizzato, la necessità di riaffermare il proprio ruolo centrale sulla scena globale diventa imprescindibile per salvaguardare la propria competitività e la coesione sociale.

La competizione con la Cina

La competizione con la Cina ha imposto all’industria europea l’urgenza di confrontarsi con un colosso che beneficia di costi di produzione più bassi e politiche/aiuti statali mirati a sostenere la crescita. Contemporaneamente, Trump ha già annunciato l’intenzione di attuare politiche favorevoli alle produzioni domestiche, introducendo pesanti dazi doganali che renderanno i prodotti dell’Unione Europea più costosi e meno competitivi sui mercati globali. Il rischio di un’escalation dei dazi doganali alimenta un clima di incertezza che potrebbe destabilizzare ulteriormente l’industria europea. Una guerra commerciale tra due delle principali economie mondiali, Stati Uniti e Unione Europea, rischia di avere ripercussioni devastanti, minando la crescita delle imprese, rallentando l’innovazione e danneggiando il mercato del lavoro. In questo contesto, la sfida per l’industria europea non è solo quella di sopravvivere alla concorrenza esterna, ma anche quella di navigare in un ambiente internazionale sempre più divisivo, dove le politiche protezionistiche e le tariffe doganali minacciano di chiudere mercati vitali e ostacolare gli scambi commerciali.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

La deregolamentazione e della riduzione del carico burocratico per le imprese

È proprio alla luce di questo contesto che si è svolta la riunione informale di Budapest, durante la quale i leader europei hanno approvato una dichiarazione congiunta in cui si sono impegnati a rilanciare la competitività del tessuto industriale europeo, fissando obiettivi e metodi per raggiungere tale scopo. Un tema di particolare rilevanza è stato quello della deregolamentazione e della riduzione del carico burocratico per le imprese, con l’intento di rendere i processi più agili e snelli. Entro la metà del 2025, la Commissione europea è stata incaricata di ridurre almeno del 25% gli attuali obblighi di rendicontazione, nell’ambito di una riforma mirata a semplificare le normative e migliorare l’efficienza amministrativa. Tuttavia, questa decisione ha suscitato un intenso dibattito, poiché mette a confronto la necessità di modernizzare il tessuto produttivo europeo con il rischio di sacrificare le tutele sociali, che rappresentano invece un elemento distintivo del modello di sviluppo economico europeo.

Secondo i leader europei, il peso normativo sulle imprese dell’Unione Europea sarebbe già molto elevato e in costante crescita, come evidenziato anche nel Rapporto Draghi, che sottolinea l’urgenza di semplificare il quadro normativo per attrarre investimenti esteri, accelerare l’innovazione e creare un ambiente più favorevole alla nascita e allo sviluppo delle piccole e medie imprese. In particolare, l’ex Presidente del Consiglio evidenzia come nell’Unione Europea la produzione normativa stia crescendo a un ritmo più rapido rispetto ad altre economie comparabili. Infatti, il rapporto riporta che, dal 2019, gli Stati Uniti avrebbero adottato 3.500 atti legislativi, mentre Bruxelles ne avrebbe approvati 13.000. L’impatto cumulativo derivante dal carico amministrativo e dai costi necessari per conformarsi a tali obblighi rappresenterebbe per le aziende un onere eccessivo, tale da minacciare la competitività dell’intera economia europea.

Il tema della deregolamentazione è un vecchio mantra che viene ciclicamente ripreso da parte dei leader europei; già nelle Conclusioni del Consiglio del 18 e 19 febbraio 2016, si parla di semplificazione e di una “migliore regolamentazione” (“better regulation”). La questione politica riguardante il processo di semplificazione amministrativa è diventata ancora più evidente quando Ursula von der Leyen ha assunto il ruolo di Presidente della Commissione Europea. In questa circostanza, ha proposto come punto del suo programma politico il principio del “one in, one out”, ossia una regola che stabilisce come ogni nuova norma o obbligo regolamentare introdotto debba essere compensato dall’eliminazione di una normativa preesistente di pari valore e impatto. Tale regola era stata già precedentemente adottata da parte del Presidente americano, Donald Trump, il quale aveva firmato il 30 gennaio 2017 un ordine esecutivo in cui stabiliva come principio cardine del sistema legislativo americano proprio questo principio. Del resto, esso non è che una continuazione di un’idea già presente sin dagli anni ’80 nelle politiche economiche neoliberiste di Ronald Reagan e Margaret Thatcher.

La posizione della Confederazione Europea dei Sindacati

Secondo la Confederazione Europea dei Sindacati (CES), tale semplificazione normativa rischia di tradursi in un espediente per ridurre i costi sociali, con il conseguente indebolimento della protezione dei diritti sociali e del lavoro. La rimozione o la semplificazione delle normative può, infatti, comportare una minore tutela in ambiti fondamentali quali la salute, la sicurezza sul lavoro e la protezione ambientale. Ciò potrebbe generare comportamenti irresponsabili da parte delle imprese, le quali, esenti da obblighi stringenti, potrebbero privilegiare i propri interessi a discapito del benessere collettivo.

Come evidenziato dalla CES, la deregolamentazione – lungi dall’essere quel deus ex machina promesso dal mondo imprenditoriale – avrebbe effetti finanziari limitati o pressoché irrilevanti, mentre gli impatti sociali derivanti da essa sarebbero ben più consistenti. Sebbene la deregolamentazione possa inizialmente ridurre i costi di conformità per le aziende, essa potrebbe innescare una corsa al ribasso, con effetti negativi sull’efficienza e sulla produttività.

Deregolamentazione e sicurezza nei luoghi di lavoro

Inoltre, come denunciato a più riprese come UIL, la deregolamentazione esercita un effetto diretto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; l’assenza di rigidi standard può determinare un incremento degli incidenti e delle lesioni, disincentivando le aziende a investire in dispositivi di sicurezza o nella formazione del personale. Come evidenziato da uno studio dell’ETUI (l’istituto indipendente di ricerca e formazione sindacale europeo), la deregolamentazione porta, infatti, a una minore protezione dei lavoratori, con un conseguente aumento degli incidenti sul luogo di lavoro. Dello stesso parere la professoressa Grazia Moffa, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro, che in un saggio del 2021, ha delineato le interconnessioni tra gli incidenti sul lavoro e le politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro.

Mentre, sotto un profilo sociale, una minore regolamentazione si traduce frequentemente in un deterioramento generale delle condizioni lavorative, manifestandosi nell’aumento delle ore lavorative, nella riduzione dei salari e dei benefici, con un impatto particolarmente grave sui lavoratori a basso reddito. Inoltre, l’assenza di regolamentazioni adeguate può minare i diritti dei lavoratori, favorendo situazioni di sfruttamento, soprattutto in settori già caratterizzati da una forte marginalizzazione.

Il modo più efficace per sostenere la competitività e il tessuto industriale europeo risiede nel miglioramento delle condizioni di lavoro e nella tutela dei diritti dei lavoratori, garantendo salari dignitosi e standard normativi elevati. La chiave per delineare un’economia prospera sta nel rafforzamento dei diritti dei lavoratori, in un contesto che privilegia l’innovazione e il benessere degli stessi, piuttosto che sacrificare gli standard di sicurezza e le normative ambientali. Una maggiore deregolamentazione comporterebbe, inoltre, la perdita di un fondamentale soft power che contraddistingue l’Unione Europea, ossia il cosiddetto “Effetto Bruxelles”, come teorizzato dalla professoressa Anu Bradford della Columbia University. Secondo tale teoria, la normativa europea possiede una capacità unilaterale di influenzare i mercati globali, stabilendo gli standard in settori cruciali come la politica della concorrenza, la protezione ambientale, la sicurezza alimentare e la tutela della privacy.

Contabilità

Buste paga

 

È proprio questo insieme di norme, destinate a proteggere i cittadini e a delineare un’economia che funzioni al servizio delle persone, a definire l’Unione Europea, come Jacques Delors era solito sottolineare. Una deregolamentazione più spinta, al contrario, rischia di allontanare l’idea di Europa sociale, che invece dovremmo custodire e difendere con fermezza.

Dipartimento Internazionale UIL





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link