Il presidente della giunta in un “cul de sac”
Si potrebbe dire a questo punto: “Tanto tuonò che piovve”. Il Governo, nonostante le resistenze della Lega, ha deciso sul filo di lana d’impugnare la legge regionale della Campania voluta dal Presidente De Luca per consentirgli una seconda ricandidatura, e dunque un terzo mandato consecutivo.
Se ne parlava da tempo, da molto tempo. E, in effetti, se sin dall’inizio si fosse pensato a una modifica dello statuto regionale – che la Costituzione disciplina imponendo sia una doppia deliberazione del Consiglio regionale a intervallo non minore di due mesi, cui si deve aggiungere un referendum confermativo comunque obbligatorio, qualunque sia la maggioranza consiliare che approvi la modifica, entro tre mesi dalla seconda deliberazione, con un iter complessivo che può durare quasi un intero anno, quanto meno – forse si sarebbe potuto “aggirare” il limite dei due mandati imposto da una legge statale di principio.
Infatti, è sempre la Costituzione a disporre che il sistema di elezione e i casi d’ineleggibilità e d’incompatibilità del Presidente della Regione sono disciplinati con legge regionale “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”.
Si tratta, dunque, di una materia attribuita alla potestà “concorrente” di Stato e Regioni, in cui queste ultime possono introdurre una disciplina di dettaglio pur sempre rispettando i principi imposti inderogabilmente dalla legge statale per ragioni di uniformità su tutto il territorio nazionale. E, tra questi limiti, la legge statale del 2004 colloca il divieto di un terzo mandato consecutivo, cioè un’incandidabilità del Presidente già rieletto e non più, perciò, ri-candidabile.
Modificando lo statuto, però, si sarebbe potuto anche sostenere, non a torto, che la Costituzione prevede una riserva di competenza in capo alla fonte statutaria regionale per quanto riguarda la forma di governo regionale e che, quindi, nel caso di specie lo statuto attraesse a sé la disciplina del numero massimo dei mandati consecutivi del Presidente della Giunta.
Invece, adesso De Luca si trova in un cul de sac.
La Campania, invero, aveva già una legge elettorale regionale dal 2009 in cui si prevedeva, genericamente, che si applicassero le altre disposizioni statali vigenti in materia, tra cui pure il divieto del terzo mandato consecutivo. E quanto meno da quella data il limite si applica alla Campania. Oltre al fatto che è indiscusso – com’è scritto in ogni manuale di diritto costituzionale – che i principi fondamentali previsti dalle leggi statali nelle materie di potestà concorrente sono obbligatori e immediatamente efficaci, senza alcuna necessità dell’intervento di una disciplina regionale di attuazione.
Di conseguenza, la recente approvazione della modifica alla legge elettorale regionale che differisce l’applicazione del divieto del terzo mandato si pone in contrasto con la Costituzione e, pertanto, verrà ragionevolmente sanzionata dalla Corte costituzionale.
È difficile pensare che la Corte non decida sulla questione prima della prossima tornata elettorale di ottobre. In tal caso, annullando la modifica legislativa della Campania con efficacia erga omnes, De Luca sarebbe definitivamente incandidabile, non potendo nemmeno “provare” a proporre una sua ricandidatura, giacché non sarebbe ritenuta ammissibile dagli organi competenti, travolgendo pure le eventuali liste collegate di candidati al Consiglio regionale.
Ma, allora, si potrebbe anche ribattere: “Tanto rumore per nulla”?
L’unica prova di forza sarebbero state (e ancora sarebbero) le dimissioni anticipate del Presidente, prima che la Corte costituzionale metta una pietra tombale su tutta la vicenda. Dimettendosi, infatti, potrebbe tentare di ricandidarsi sulla base di una legge regionale che al momento è valida ed efficace, e non può essere disapplicata da organi amministrativi (ma “impugnata” da qualche giudice davanti alla Corte costituzionale sì).
Insomma, non avendo modificato lo statuto per tempo, adesso a De Luca restano o le dimissioni, con una “zampata” da leone, oppure l’attesa dell’ultimo miglio, con la “resa” finale a un candidato unitario del centro-sinistra da lui “digeribile”.
Giovanni D’Alessandro – Costituzionalista docente universitario
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