Benzina e gasolio, pieno mai così alto da questa estate

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Il pieno di benzina e diesel torna sotto la lente. Con i prezzi dei carburanti alla pompa ai massimi dall’agosto scorso sono tornate le preoccupazioni per il conto a carico di famiglie e imprese. Ma anche il timore che gli effetti per delle nuove sanzioni alla Russia ma anche della politica dei dazi che accompagnerà l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca possano pesare ancora nei prossimi giorni e nelle prossime settimane sui prezzi del petrolio e, quindi, portare a nuovi rincari per il pieno.

LE ANOMALIE

L’ultima fotografia dei prezzi vede la benzina in self a quota 1,82 euro a litro con il gasolio a 1,72 euro in media nazionale. Sulle autostrade il prezzo sale a a 1,9 euro al litro per la verde self e a 1,82 per il gasolio self. Una «escalation senza sosta», denunciano Codacons e Federconsumatori, «che rischia di avere effetti a cascata per consumatori e imprese e di frenare la crescita dell’economia». Eppure il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha snocciolato ieri i numeri degli argini ad hoc creati dall’esecutivo. Il governo è riuscito «a contenere i prezzi dei carburanti e a evitare impatti inflattivi» a fronte di uno «scenario internazionale sempre più negativo, in cui l’energia è strumento di conflitti armati e di guerre commerciali, con la conseguente crescita delle quotazioni del petrolio che all’inizio di quest’anno ha superato gli 81 dollari al barile», ha detto il ministro rispondendo al question time alla Camera rivendicando anche il contenimento del tasso di inflazione «in Italia stabile all’1,3%, il più basso tasso tra i grandi Paesi Ue». Piuttosto, dice il ministro, le associazioni dei consumatori «segnalino ai loro iscritti le anomalie di prezzo praticate dai singoli distributori contribuendo così alla trasparenza e alla corretta informazione». Lo stesso Urso ha ricordato che solo «in casi isolati e ben documentati alcuni distributori hanno praticato prezzi della benzina servito superiori al prezzo medio al litro», che «i casi di prezzi particolarmente elevati sono l’eccezione e che quando emergono anomalie come queste il ministero interviene tempestivamente. Nel caso specifico abbiamo trasmesso i dati alla Guardia di finanza». Il ministro ha precisato che al 13 gennaio per il self risultano solo 14 distributori su oltre 19mila a praticare prezzi superiori a 2,20 euro al litro, quindi meno di un distributore ogni mille. Inoltre, appena due distributori della rete autostradale su 20mila hanno registrato prezzi superiori a 2,40 euro al litro. Rispetto a fine dicembre, un pieno costa agli automobilisti italiani in media oltre 2 euro in più, calcola il Codacons ricordando le «ripercussioni sui prezzi al dettaglio dei beni trasportati, considerato che in Italia l’88% della merce viaggia su gomma. Federconsumatori calcola «un rincaro, rispetto a inizio gennaio, dell’1% per la benzina e del 2,5% per il diesel» che va ad aggiungersi «a quelli delle bollette di luce e gas, che secondo le prime stime potranno raggiungere aumenti tra il 20% e il 30%».

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L’EFFETTO SANZIONI

Dietro i rialzi c’è la crescita del petrolio con il Wti ora oltre i 78,2 dollari (+2,5%) e il Brent sopra 81,5 dollari (+2%). Da inizio anno i prezzi sono saliti di quasi il 10% proseguendo nel trend di crescita iniziato già dalla fine dello scorso. Per l’Unem si tratta di una ripresa in larga parte dovuta ai timori dei mercati per gli effetti dell’ultimissimo pacchetto di sanzioni del governo americano nei confronti della Russia, a detta di molti il più duro finora mai introdotto, che colpisce società come GazpromNeft e Surgutneftegaz, oltre una lista di 183 petroliere quasi tutte parte di quella flotta “ombra” che la Russia ha finora utilizzato per aggirare le sanzioni vigenti garantendosi introiti altissimi. Complessivamente, si stima che le sanzioni vadano a colpire un volume di petrolio russo pari a circa 1,5 milioni di barili/giorno trasportato da queste navi “fantasma” principalmente verso Cina ed India che affrontare costi e rischi molto maggiori oppure a reindirizzare i propri acquisti verso altre aree (medio-orientali ed africane) con costi di trasporto più alti. Inoltre, la riduzione dell’output petrolifero a dicembre, di Paesi Opec e Russia, contribuiscono al pressing sui prezzi.

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