L’inchiesta della Guardia di Finanza di Brescia: raggirate 208 persone vulnerabili. Gli indagati sono 48, tutti evasori totali.
Non si improvvisavano. Sui tutorial online, studiavano attentamente quali mosse fare (o non fare) per carpire la fiducia dei malcapitati e le tecniche di vendita porta a porta. E i clienti li sceglievano con cura, anche battendo per ore una via intera o suonando a decine di citofoni, se non incontrandoli per strada e monitorandone le mosse: anziani. Meglio se fragili. Si presentavano a casa loro — con tanto di pettorina, valigetta e distintivo della società di appartenenza (naturalmente costituita ad hoc), per proporre rilevatori di gas — acquistati generalmente sulle piattaforme online — «che sono obbligatori per legge, non lo sapeva?». Falso. Il punto è che li facevano pagare dieci volte tanto rispetto al prezzo sottoscritto sul fantomatico contratto, già di per sé alto — in media 68 euro — rispetto al valore di mercato che si stima andasse dai 9 ai 16 euro. E lo facevano, «semplicemente», aggiungendo di nascosto uno zero all’importo da saldare con una strisciata di carta o bancomat sul Pos portatile pronto all’uso. Decuplicando quindi l’esborso dell’ignara vittima. E non solo una, ma spesso due, in almeno una decina di casi tre e in uno addirittura quattro volte.
Un raggiro apparentemente banale, dai profitti a sei zeri, messo in atto da un vero e proprio sodalizio organizzato, sgominato, nelle ultime ore, dai militari della Guardia di Finanza, che — coordinati dalla pm Chiara Bonfadini — hanno condotto tredici perquisizioni (con tanto di «cash dog» a caccia di contanti, oltre che di beni) tra le province di Brescia, Cremona e Mantova, nei confronti di 48 indagati, tra i 20 e i 30 anni, tre quarti bresciani considerando anche qualche straniero ma ben radicato qui (gli altri sono di Mantova), alcuni con precedenti: in 13 rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e aggravata dalla minorata difesa delle parti offese, per la quale, peraltro, è possibile procedere d’ufficio senza bisogno di querela e con un sequestro per equivalente (anche sui conti correnti, naturalmente).
Ma si ipotizzano anche i reati di riciclaggio e autoriciclaggio. Le vittime, ad oggi, sono 208, in diverse regioni italiane: Toscana, Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Veneto. E la stima dei presunti proventi illeciti dice di due milioni e cento mila euro.
I soldi (tanti) pagati dagli anziani, via Pos — ma «accettiamo anche assegni» — finivano in prima battuta su una serie di conti correnti collegati a quattro società, create ad arte e con una ragione sociale apparentemente coerente (la vendita di rilevatori), con sede nel Bresciano e intestate a prestanome.
A innescare le indagini sono stati alcuni casi, i primi, registrati proprio sul Garda: 12 denunce presentate ai finanzieri di Salò, cui si sono aggiunti gli altri casi: almeno 40 episodi, stando agli accertamenti, nella nostra provincia, soprattutto tra città e hinterland. Ma non tutti hanno denunciato (per vergogna o perché inconsapevoli), tanto che alcuni sono stati identificati grazie alle indagini finanziarie delle Fiamme Gialle. Agli atti ci sono anche denunce per tentata truffa: qualcuno ha annusato — ed evitato — il raggiro per tempo.
L’auspicio di chi indaga è proprio quello che altre presunte vittime si riconoscano come tali e lo segnalino. Finite nel mirino di un’organizzazione criminale che gli inquirenti definiscono articolata e strutturata dall’alto, ognuno con i propri compiti: sopra tutti c’era lui, il dominus, bresciano di 25 anni appena. Avrebbero raggirato anziani, anche particolarmente fragili, dalla fine del 2021 ad oggi. Alcuni degli indagati, non bastasse, in passato hanno addirittura percepito il reddito di cittadinanza (a sua volta passibile di restituzione): tutti erano evasori totali, completamente sconosciuti al Fisco. Le indagini continuano.
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