Sulle aggregazioni bancarie il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina ha additato, in via generale, i rischi per i promotori di ingolfarsi in quelli che ha definito come «casini» e, ancor più importante, ha sostenuto l’esigenza di impiegare in Italia il risparmio degli italiani: è da tempo che non si registravano dichiarazioni del genere che evocano la necessità, sostenuta ai tempi dal governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, di fissare nella nostra economia il nostro risparmio.
Il risparmio degli Italiani e la necessità di impiegarlo in Italia
Quanto sia importante questo argomento lo dimostrano le recentissime dichiarazioni di Jens Weidmann già capo dei falchi della Bce quando, come presidente della Bundesbank, era di diritto membro del consiglio direttivo della banca centrale. Era approdato alla Bce provenendo da incarichi di governo e, dopo non molto tempo trascorso dalle dimissioni dal vertice della Buba, è stato nominato a capo del consiglio di sorveglianza di Commerzbank.
Le porte girevoli e le critiche al modello tedesco
Queste porte girevoli segnalano una condizione che in Italia susciterebbe diffuse critiche in nome innanzitutto di un’incompatibilità «successiva» per almeno un tempo molto consistente. Si accentuerebbero le scelte partitiche lottizzatrici.
La prassi in Germania è diversa e, quanto alla provenienza dalla politica e dal governo, Weidmann non è stato il primo a ricoprire poi la carica al vertice della Bundesbank. Bisogna comunque riconoscere che si tratta di un personaggio di assoluta competenza ed esperienza, nonché dotato di grande determinazione e coerenza.
Negli scontri nel direttivo dell’istituto centrale con l’allora presidente Mario Draghi Weidmann uscì diverse volte sconfitto ma dimostrò sempre una grande professionalità e una tenacia coerente fino in fondo nei diversi confronti. Preferiamo decisamente tuttavia il modello italiano, nella certezza delle conseguenze deteriori che qui discenderebbero dall’apertura eventuale alla prassi tedesca.
Ciò naturalmente esige, se possibile, un ancora di più di competenza e rigore da parte di chi è ai vertici di una banca centrale nonché quella sensibilità istituzionale e politica in senso alto che, per esempio, l’esperienza governativa ha consentito a Weidmann di acquisire.
L’indipendenza della Banca Centrale e la sovranità finanziaria
Decisivo è come si tutela l’indipendenza di una Banca centrale: vale per tutti, ivi compresa ovviamente Bankitalia.
L’ex banchiere centrale falco critica, come ieri è stato riportato su queste colonne, l’offerta lanciata da Unicredit (che oggi dispone del 28% circa tra azioni e derivati) su Commerz sia perché egli ritiene non fruttuose e da evitare le acquisizioni ostili o comunque non concordate, sia perché in questo caso si lederebbe la sovranità finanziaria tedesca e si danneggerebbe, con l’acquisizione, la banca bersaglio con il probabile riorientamento della clientela verso altri istituti.
Poi solleva il punctum dolens del secondo pilastro solo parzialmente attuato dell’Unione bancaria, quello della risoluzione delle crisi, e ciò per la mancata adesione dell’Italia alla riforma del Trattato sul Mes che avrebbe dovuto integrare, come paracadute, le risorse del Fondo di risoluzione; aggiunge altresì che l’istituzione del terzo pilastro, l’assicurazione europea dei depositi, esige per le banche la preventiva dotazione di un capitale adeguato (si può leggervi, la vecchia tesi dell’attribuzione all’investimento in titoli pubblici di un coefficiente di rischio o dell’adozione di misure similari).
Ora, se Weidmann, che non è un quisque de populo ma un personaggio di punta nel settore bancario europeo, sostiene le tesi accennate su operazioni ostili, sovranità finanziaria, banche nazionali, perché ciò dovrebbe essere precluso in Italia? Si alimenta così confusione? Niente affatto.
Le sfide della normativa bancaria
Il problema è che è la relativa normativa a essere segmentata, lacunosa e al tempo stesso paradossalmente pletorica con le conseguenze sul ruolo e la concreta attività della Vigilanza alla quale sembrerebbero estranee questioni che sono invece diffusamente segnalate cosi come sarebbe doveroso, almeno dettare delle linee guida sulle aggregazioni sia nazionali, sia transfrontaliere.
Le tesi di Weidmann
Insomma, dalle dichiarazioni di Weidmann viene indirettamente ancora un impulso a riformare normativa e supervisione, non potendosi sostenere che quest’ultima, in particolare, adempia al suo ruolo limitandosi solo alla verifica della ricorrenza, nelle concentrazioni, della stabilità aziendale e della sana e prudente gestione.
Altra cosa sono invece le considerazioni di Weidmann su risoluzione e assicurazione dei depositi: in questo caso le norme esistono e sono chiare; gli impegni a livello europeo sono stati assunti a suo tempo all’unanimità; i ritardi nell’attuazione sono evidenti e gravi.
Non è ammissibile che ora si pongano condizioni e impegni aggiuntivi. Pacta sunt servanda. Ma, quanto alle concentrazioni, i dubbi di Messina (sia pure ex post, dopo avere realizzato aggregazioni interessanti per Intesa Sanpaolo) integrano le considerazioni di Weidmann benché tra i due esista una enorme distanza. È una ragione in più per riflettere. (riproduzione riservata)
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