Mega blitz anti-mafia nell’Agrigentino. All’alba di oggi i carabinieri del comando provinciale di Agrigento, a Favara, Agrigento, Canicattì, Porto Empedocle e Gela, con il supporto dei colleghi del comando provinciale di Caltanissetta, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di misure cautelari personali emessa dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale Antimafia – nei confronti di 51 indagati (in parte già in carcere), ritenuti vicini a Cosa nostra e sospettati di far parte di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti: per 36 di loro è stata disposta la misura cautelare in carcere, mentre per i restanti 15 sono stati disposti i domiciliari.
L’inchiesta
Il provvedimento deriva dalle attività d’indagini dal mese di dicembre 2021 a oggi, finalizzate a ricostruire l’organigramma e le attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, con probabilmente a capo Fabrizio Messina, 49 anni, e Pietro Capraro, 39 anni, entrambi già noti alle forze dell’Ordine, a dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, Cosa nostra agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.
I ricatti e le intimidazioni
Nel corso dell’attività investigativa, si ritiene che gli indagati hanno costretto l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel Comune di Agrigento, ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia. Allo stesso tempo, hanno obbligato il legale rappresentante di una società di carburanti ad interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita. In un altro episodio, gli stessi, hanno dato fuoco a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni. Tra le accuse mosse anche l’aver costretto l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione della piazza della Concordia del quartiere di Villaseta, ad assumere quale operaio una persona a loro gradita, nonché l’aver obbligato anche la ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori ad assumere operai a loro graditi.
Nel mirino degli inquirenti anche una rapina al distributore Db di Villaseta, durante la quale gli accusati si sono impossessati di 400 euro, sottratti al dipendente tramite violenza e minaccia. In altre circostanze, il titolare di un bar di Agrigento e i suoi dipendenti sono stati costretti a regalare agli indagati cibi e bevande.
In un’altra circostanza sono stati esplosi diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca della suddetta rivendita e diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, resosi colpevole di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei sodali.
Il traffico di droga
Le famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta risultano, inoltre, avere diretto e promosso due ulteriori distinte associazioni dedite al traffico di sostanza stupefacente che hanno acquisito in piena sinergia tra loro, il monopolio del settore criminale nella provincia di Agrigento. Entrambi i sodalizi criminali hanno, peraltro, dimostrato di possedere una non comune capacità di approvvigionamento mediante l’attivazione di contatti e rapporti commerciali non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti). Nel corso dell’indagine sono stati sequestrati oltre 100 kg di hashish, oltre 6 kg di cocaina e anche la somma in contanti di 120mila euro, ritrovati all’interno di un’auto.
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