Il Salva-Casa nella Regione Lazio: le indicazioni per l’applicazione in una circolare di fine anno

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Sul Salva-Casa l’anno 2024 si chiude in bellezza con la circolare della Regione Lazio n. 1566357 del 20 dicembre 2024 di cui, peraltro, si è avuta conoscenza solo al termine delle vacanze natalizie appena trascorse.

Con questa circolare, infatti, la Regione ha fornito indicazioni operative per i procedimenti di accertamento di conformità urbanistica disciplinati dall’art. 36-bis del d.P.R. n. 380/2001 che, nella prassi, sono già stati denominati “conformità asimmetrica” o “monoconformità”.

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L’accertamento di conformità asimmetrica

La circolare n. 1566357/2024 (scaricabile a fine articolo), dopo aver ribadito l’immediata (ma non così scontata) applicabilità della disciplina fissata dal legislatore con il D.L. n. 69/2024 (convertito, con modificazioni, nella L. 105/2024), si sofferma nel punto 1) sull’accertamento di conformità asimmetrica.

Di particolare rilievo la precisazione “che le opere in parziale difformità ovvero in variazione essenziale devono essere state realizzate nel periodo di efficacia del titolo di riferimento, con la conseguenza che le opere eseguite al di fuori di tale periodo sono da considerarsi realizzate in assenza di titolo, e dunque escluse dall’istituto di cui si tratta disciplinato dall’art. 36-bis”.

La questione è tutt’altro che terminologica: se si accede all’indicazione regionale per valersi di questo procedimento di regolarizzazione, infatti, occorre sempre individuare il tempo in cui sono state realizzate tali parziali difformità o variazioni essenziali; questa indicazione, per altri versi, assume carattere generale valendo, quindi, anche per l’individuazione di difformità o variazioni eseguiti a distanza di molti anni dalla scadenza dell’efficacia della licenza edilizia o della concessione edilizia o del permesso di costruire. Come noto, da sempre i lavori devono essere iniziati entro un anno dal rilascio del titolo e conclusi entro i successivi tre anni (cfr. art. 31, X e XI comma, L. n. 1150/1942 cd. Legge urbanistica fondamentale, poi recepiti nell’attuale art. 15, comma 2, Testo Unico Edilizia).

A questo punto, come diceva il noto giornalista televisivo, la domanda sorge spontanea. Che succede, ad esempio, per opere eseguite nel corso della Seconda guerra mondiale in cui, sovente, i “tipi di fabbrica” sono andati smarriti o distrutti per i tragici eventi bellici e, più in generale, come fare a dimostrare il periodo di tali realizzazioni? La domanda non trova una risposta univoca che, oltre a trasformarsi quasi in una “probatio diabolica” per il privato interessato e per il tecnico incaricato, vanifica le semplificazioni di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, D.P.R. 380/2001 in tema di legittimità delle preesistenze.

Sotto questo profilo si condividono le considerazioni espresse a proposito della sanabilità delle varianti ante 1977 ex art. 34-ter, Testo Unico Edilizia da L. Pasanisi, La riqualificazione urbana e la mini-sanatoria edilizia ex D.L. n. 69/2024, conv. in Legge n. 105/2024 (cd. Decreto Salva Casa), in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo tale autore, infatti, “è facile prevedere uno sviluppo del contenzioso su queste dichiarazioni, con risvolti anche penalistici (la cui eventualità probabilmente indurrà le parti a trovare tecnici benevolmente disposti ad affrontare tali rischi)”.

In ogni caso, la circolare riepiloga opportunamente nelle tabelle 1 e 2 la classificazione di parziali difformità, variazioni essenziali e totale difformità, distinguendole tra quelle in area vincolata (tab. 1) e quelle in area non vincolata del territorio regionale (tab.2), precisando che non sono considerate tali quelle indicate all’inizio di pag. 6.

La circolare si sofferma, poi, sugli interventi realizzati in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, precisando per quali di essi non è necessario valutare la tipologia delle opere e quali, invece, non rientrano in tale tipologia perché realizzati in assenza di titolo.

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L’accertamento di conformità: rapporti con l’accertamento di compatibilità paesaggistica

L’intero punto 2) è dedicato al rapporto tra l’art. 36-bis, Testo Unico Edilizia, l’accertamento di compatibilità paesaggistica e al raccordo con il d.lgs. 42/2004 (cd. Codice Beni Culturali).

Si segnala la particolare utilità, che valica i confini regionali, delle indicazioni fornite sul pagamento delle oblazioni di cui all’art. 36, commi 5 e 5-bis, Testo Unico Edilizia. Infatti, come già osservato da molti addetti ai lavori e ricordato dalla circolare, “la norma non specifica il momento in cui la sanzione pecuniaria sia dovuta né il soggetto deputato a comunicare la sanzione.”

Ebbene, “ai fini del calcolo della sanzione pecuniaria, nelle more di una revisione organica del regime sanzionatorio e di eventuali indicazioni a livello nazionale”, la circolare precisa quanto segue circa il comma 5-bis:

«- il “danno arrecato” verrà determinato calcolando la somma che risulterebbe necessaria per la rimessione in pristino delle opere eseguite secondo il “Tariffario Regionale per opere edili, stradali, impiantistiche e idrauliche” vigente al momento dell’emissione del provvedimento finale;

il “profitto conseguito” sarà determinato in base all’incremento del valore dell’immobile calcolato secondo i criteri dell’IMU/ICI risultante dalle trasformazioni conseguenti ai lavori eseguiti;

la sanzione minima è determinata in € 2.000,00;

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secondo quanto chiarito dal parere n. 12633 del 20/04/2017 reso dall’Ufficio Legislativo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in caso di opere realizzate prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico, la sanzione pecuniaria non è dovuta in quanto non si configura un illecito paesaggistico.»

L’accertamento di compatibilità paesaggistica per opere pubbliche e per opere realizzate entro l’11 maggio 2006

Il punto 3) della circolare si sofferma sull’accertamento di compatibilità paesaggistica per l’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni, mentre il punto 4) si riferisce all’accertamento di compatibilità paesaggistica per opere realizzate entro l’11 maggio 2006.

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L’inapplicabilità della conferenza di servizi: perplessità

Il punto 5), dedicato alla conferenza di servizi, afferma la sua inapplicabilità rispetto al procedimento di compatibilità paesaggistica sulla base di un’interpretazione della conferenza che, sempre ad avviso di chi scrive, non trova un espresso sostegno normativo.

Infatti, anche a voler prescindere dal fatto che la conferenza di servizi non è un procedimento collegiale (come invece sostenuto nella circolare regionale), le motivazioni addotte a cavallo delle pagine 12 e 13 della circolare meriterebbero un separato approfondimento.

Quesitario e Roma Capitale

Da ultimo, il punto 6) delinea un procedimento attraverso il quale i Comuni interessati potranno rivolgere quesiti di interesse generale alla Regione ed ottenere risposte, in parte, ostensibili a chiunque. È altamente probabile, quindi, che il Comune di Roma si rivolga alla Regione per vedersi confermate o smentite le indicazioni (dichiaratamente provvisorie) fornite con il parere n. 205723 del 21 ottobre 2024 di cui si è già dato conto.

Per i necessari approfondimenti, quindi, non resta che augurare buona lettura della circolare ai frequentatori del sito.

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Marco CampagnaArchitetto libero professionista. Nel corso degli anni ha avuto modo di approfondire i temi dell’urbanistica applicata agli interventi edilizi, sia svolgendo pratiche in prima persona, sia operando come consulente o come perito, sia per conto di privati che per società, eseguendo parallelamente progettazioni e direzioni lavori per diversi interventi di recupero e di valorizzazione immobiliare. È attualmente componente della Commissione Urbanistica dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, formatore e docente in svariati corsi di ag- giornamento e approfondimento professionale presso il medesimo Ordine e presso altre realtà.

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