Il caso della rubrica de Il Foglio su Ranucci, il conduttore di Report: “Sono dispiaciuti che io non sia morto”. L’Ordine: “Spregevole”

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Il Foglio “si mostra dispiaciuto che io non sia morto“. Il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, lo scrive sui social postando la rubrica Andrea’s version a lui dedicata e pubblicata oggi sulla prima pagina del quotidiano diretto da Claudio Cerasa. Dopo gli attacchi di Marina Berlusconi e della destra contro la trasmissione di Rai 3 per la puntata di domenica scorsa dedicata alle stragi del ’93 (una trasmissione che “appartiene alla categoria del peggior pattume mediatico-giudiziario“, l’ha definita la figlia del fondatore di Forza Italia), arriva oggi l’affondo de Il Foglio. Un testo che lo stesso consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha definito “spregevole” e che ha provocato anche l’intervento di uno dei figli di Ranucci: “Il morto del giorno è il giornalismo italiano“, ha scritto Emanuele Ranucci.

Nella sua rubrica Andrea Marcenaro punta il dito contro il giornalista “multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore”, scrive. Poi viene ricordato quando Ranucci è stato stato inviato a Sumatra per lo tsunami dell’Oceano Indiano, un evento che causò 250 mila morti: “Ogni giorno a migliaia, per molto tempo. Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare“, conclude la rubrica.

“Tra tutti gli attacchi di questi giorni dopo la puntata sulla Mafia e ciò che sta accadendo in Palestina, spunta questa perla“, replica il conduttore di Report: “La Sigfrido’s Version, di fronte a un articolo così infame, davanti al quale nessuno proverà vergogna, è quella – continua Ranucci – di un sorriso e fare i dovuti scongiuri. E con me, li fanno tutti i miei cari”.

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A sostegno di Ranucci si schiera il Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti: “La libertà di critica, anche aspra, è sempre ammessa, anche fra giornalisti; ma quanto scritto nella rubrica Andrea’s version è spregevole e non fa onore ad una testata come Il Foglio“, si legge nella nota: “Non si può augurare la morte di nessuno, men che meno di un collega; nel caso specifico Sigfrido Ranucci a cui va la nostra solidarietà. Questo è un esempio di quello che potremmo definire pessimo giornalismo“, conclude l’Ordine.

Su Facebook arriva anche il commento Emanuele Ranucci, uno dei figli di Sigfrido, che si rivolge direttamente all’autore della rubrica pubblicata da Il Foglio. “Caro Andrea, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e, nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre“, scrive il figlio. “Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima – prosegue -, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e Digos in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre”, sottolinea Emanuele Ranucci. Il figlio del giornalista ricorda anche quando aveva 5 anni e il padre era inviato a Sumatra, quando per circa 40 ore nessuna riusciva a mettersi in contatto con il padre: “Mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza”, ricorda. “Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti“, conclude il figlio del conduttore di Report.



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