Dopo i medici, anche gli Oss «a gettone». «Scelgono i turni e guadagnano di più»

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di
Alice D’Este

Ma i sindacati mettono in guardia: «Attività non regolamentate, c’è anche chi fa 24 ore di seguito»

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Il motivo della scelta è semplicissimo: retribuzione migliore e orari che non prevedono necessariamente turni, notti e domeniche. Dopo quella dei medici e degli infermieri la «virata» da contratto indeterminato a contratto a chiamata è diventata una sorta di nuova tendenza anche per gli Oss, gli operatori socio sanitari. Le comodità sono scritte nella pratica quotidiana: libertà di scelta degli orari, mansioni e tariffe «discutibili a tavolino» prima di accettare.

I vantaggi 

Sì perché gli Oss a chiamata sono essenzialmente delle partite iva che operano in libera professione. «C’è la possibilità di far durare i contratti in partita iva fino a cinque anni con agevolazioni di tassazione (il regime forfettario con aliquota al 5 per cento per i primi anni di attività) e quindi molti giovani non si lasciano scappare questa possibilità — spiega Paolo Lubiato della Cisl Fp di Venezia — in questo modo guadagnano di più senza perdere il treno dell’assunzione che tanto in questo lavoro “passa sempre” vista la grande quantità di posizioni aperte che spesso non vengono riempite». Quello che in apparenza sembra l’Eldorado almeno per i primi anni diventa però un luogo di lavoro totalmente «fuori controllo», almeno dal punto di vista sindacale ed è lì, quando i guadagni in più non sono così evidenti e quando ci si rende conto delle mancate tutele che si assiste al fenomeno di rientro.




















































Assenza di controlli  e tutele

«Scelgono questa strada in tanti tra i neo laureati, ce ne accorgiamo noi per primi — spiega Giovanni Zanini della FP Cisl di Verona — facciamo le deleghe ad una persona giovane e poco dopo si sposta, riparte per un lavoro nuovo a partita iva. Certamente il lavoro su cinque giorni con guadagno più facile è allettante. Va chiarito però che le garanzie sindacali mancano. Ci sono dei vulnus silenti come ad esempio quelli dell’attività della Croce verde in cui gli Oss spesso fanno anche gli autisti. A guardarci bene dentro si aprirebbe un vaso di Pandora. L’orario di lavoro spesso supera di gran lunga il consentito, ma non c’è nessuno che denuncia, c’è molta omertà perché fa comodo a tutti, anche a chi prolunga i turni. Magari preferiscono fare due turni di seguito dormendo nella postazione “svegliandosi” a chiamata per guadagnare di più e attaccare più giorni di riposo».
Un mare magnum sul quale, ammettono gli stessi sindacati di Fp Cisl, «si è perso completamente il controllo». «Senza contare che questo crea diversi problemi aggiuntivi in un reclutamento già molto complesso — dice Lubiato — il problema non riguarda tanto i gettonisti attuali che in ogni caso sono contenuti ma quelli che inevitabilmente arriveranno nei prossimi anni nonostante già adesso ci siano spesso problematiche nei concorsi». Non solo. Ad andarsene in anticipo in alcuni casi sono anche operatori non ancora in età da pensione che un po’ per il burnout, un po’ per le possibilità alternative.

Nelle Rsa ma non solo

Le testimonianze (rigorosamente anonime) lo dicono chiaramente. «Una volta con gli straordinari guadagnavo 1600 euro, adesso lavoro cinque giorni alla settimana, senza turni e ne prendo duemila» dicono gli operatori. In media, un operatore socio-sanitario assunto nel pubblico, nella città metropolitana, guadagna poco più di 1400 euro al mese, pari a circa 10 euro l’ora. Come libero professionista, un oss viene pagato in media 25 euro l’ora. «Il fenomeno Oss per ora sembra riferibile quasi unicamente alle Rsa dove c’è sicuramente la presenza di molti operatori assunti con contratti diversi da quello di dipendenza— spiega Ivan Bernini di Fp Cgil — il problema diventa molto più ampio invece se guardiamo ai tecnici sanitari, dalla radiologia al laboratorio. Questo ovviamente “inquina” anche la gestione del personale assunto. Per capirci in molte strutture sono i tecnici a chiamata a determinare i turni dei dipendenti perché sono loro a decidere in che giorni e in che fasce orarie lavorano. Gli altri, con ovvio malcontento, devono adattarsi a fare turni notturni, domeniche e weekend».

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