L’opportunità di utilizzare diverse forme di collaborazione, «di più lunga durata e più integrate, complesse e articolate». L’importanza di «condizionare i contributi pubblici alla qualità e alla dignità del lavoro e a non fare le gare al massimo ribasso». E poi ancora, la necessità di «contratti dedicati al settore, così come richiede il recente riconoscimento dell’impresa culturale e creativa». Sono alcune delle condizioni virtuose in assenza delle quali crescono le zone grigie di lavoro sottopagato.
Nello specifico parliamo delle paghe sotto la soglia di povertà, corrisposte ai lavoratori impiegati da una cooperativa per eventi e servizi, all’interno di musei e teatri, come maschere, portieri e custodi. Una situazione su cui la Procura di Milano ha acceso un faro.
Contratti inadeguati
«Legalmente il comportamento della cooperativa è ineccepibile». Certo, «nessuna delle condizioni che ho citato prima però è stata praticamente rispettata», spiega Giovanna Barni, presidente di Culturmedia Legacoop.
La specificità dell’impresa culturale e creativa
Barni parla di «contratti inadeguati, che vengono da altri altri settori e che non considerano la specificità dell’impresa culturale e creativa. Non sono stati erogati contributi pubblici in funzione della qualità del lavoro e al divieto di fare gare al massimo ribasso». Ci troviamo di fronte poi ad «appalti di breve durata, che fanno sì che il soggetto privato sia un mero fornitore e soprattutto non sia un’impresa culturale e creativa. Queste», ribadisce, «sono le condizioni che fanno sì che queste situazioni accadano».
Attenzione al tema del lavoro
Una vicenda quella indagata dalla procura di Milano che può essere un’occasione di riflessione. «Non ci sottraiamo da una responsabile attenzione al tema, ma rilanciamo, chiedendo che in una fase appunto di rivisitazione di tutti gli strumenti (tra cui il codice dello spettacolo) che il tema del lavoro sia posto con la dovuta con la dovuta attenzione, come il tema dell’impresa culturale creativa».
L’idea dell’impresa culturale, spiega la presidente di Culturmedia, come «trasversale, complessa e articolata fa sì che si debba ripensare il rapporto tra pubblico e privato, il tema dei contributi pubblici e fare chiarezza sull’utilizzo di contratti di lavoro ad hoc».
Un complesso più integrato di servizi e attività
La collaborazione tra pubblico e privato, chiarisce, non deve ridursi «ad una mera fornitura, a basso costo o di brevissimo periodo, ma ad un complesso più integrato di servizi e attività, come spesso avviene nel partenariato speciale o con con altre forme di collaborazione più articolate, che possano creare un’economia di sistema all’interno degli affidamenti e maggiore dignità ai lavoratori».
Affidamento dei fondi e tutela del lavoro
Nel momento in cui si sta riscrivendo il codice dello spettacolo, sottolinea Barni, «proviamo a capire quali sono le condizioni a tutela del lavoro che devono essere inserite nelle procedure di assegnazione dei finanziamenti di fondi. Perché, ad oggi», lamenta, «non è un punto all’ordine del giorno e non condiziona né gli affidamenti diretti né gli affidamenti indiretti». L’idea è che ci «sia una sorta di vincolo per chi riceve contributi pubblici e che siano condizionati alla qualità e alla dignità del lavoro che offrono e al non fare gare al massimo al ribasso».
Contratto di filiera
Sull’utilizzo di contratti dedicati al settore, Barni chiarisce: «C’è un tavolo aperto con i sindacati per un contratto di filiera, sia orizzontale (che copre vari sotto settori), sia verticale, capace di considerare tutti i lavoratori, da quelli della produzione a quelli della progettazione, della creatività e che ricomprenda tutti quei ruoli che compongono il ciclo di produzione di un determinato prodotto culturale».
Superamento delle diseguaglianze
Le imprese cooperative di settore soprattutto in campo culturale, aggiunge Barni, «svolgono un ruolo fondamentale anche di superamento delle diseguaglianze del Paese. Spesso sono presidi culturali delle aree interne o del Sud, dove di frequente sono l’unico soggetto che ha la funzione di attenuare le disparità territoriali, di genere e quelle di un settore in cui sono artisti strapagati e lavoratori con stipendi da fame».
In apertura foto di “Miserella”, spettacolo della cooperativa Teatro dell’Argine, San Lazzaro di Savena (Bologna), credits Legacoop Culturmedia. Nel testo immagine di Legacoop Culturmedia
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