Nel dibattito politico, sociale ed educativo legato al ragazzo egiziano morto durante un inseguimento con le forze dell’ordine, la questione della mancanza di rispetto delle più elementari norme che regolano la vita civile, necessita di un maggiore approfondimento che consenta l’elaborazione di precipui interventi educativi, nella prospettiva di un più largo, diretto e sereno coinvolgimento democratico.
Lo svuotamento del meraviglioso cammino formativo, a scuola e in famiglia, hanno interrotto e rotto quel silenzio, quell’ordine, quella disciplina che accompagnava la quotidiana azione educativa e, di conseguenza, eliminato quell’alone di rispetto che avvolgeva la figura di chi, a vari livelli, rappresentava l’autorità.
Oggi, molti ragazzi sono diventati restii a comportamenti di razionale sottomissione alle regole e poco o niente si impegnano nella difficile ricerca di una linea di cambiamento, di un equilibrio, di un compromesso, di uno sforzo conoscitivo, che sani le fratture, sempre più frequenti, tra il bisogno di eccessi e le richieste, sempre più necessarie, di legalità.
Come uscire, allora, dal carcere del disordine, dal caos e dall’indisciplina e dell’illegalità?
Come recuperare l’umano bisogno di rispetto e di partecipazione democratica? Come raggiungere quell’ordine sociale che, quotidianamente, sfugge e frana tra le mani? Come riprendere in mano la situazione, colmare i vuoti tra intervento e risposta educativa e incidere positivamente su comportamenti strani, diversi, scomodi, irregolari o, peggio, criminali?
I giovani sono pronti a sottoporre a critche il loro modo di essere, di vivere, di agire e protestare, a riconoscere le manchevolezze, a cambiare comportamenti e stili di vita?
Per rispondere a questi interrogativi bisogna richiamare il fondamento, la profondità e il valore etico delle norme e dell’educazione, che devono svolgersi in un clima di reciprocità e di libertà.
Nel tempo, alcuni processi politico-sociali, culturali e istituzionali hanno espropriato la scuola di risorse, di conoscenze, di autorevoli esperienze, di vibranti emozioni che arricchivano il cuore, liberavano ed edificavano la mente e proiettavano in un precipuo universo di competenze, di comportamenti basati sul rispetto e sulla gratitudine.
Oggi, bloccate e impotenti di fronte a quelli che possono essere considerati gli insuperabili ostacoli educativi, la scuola e la famiglia non sono più in grado di abbattere quel muro di pensieri caotici, di idee e modi di agire ribelli che caratterizzano le azioni individuali e di gruppo di molti giovani.
Molti insuccessi e disordini hanno la loro radice nelle difficoltà, da parte delle famiglie, a riconoscere la forza del programma educativo, la forza dell’istruzione, ad allearsi con le istituzioni, con i docenti, a sottoscrivere un atto di fiducia che muova dalla rinuncia a norme o pseudo obblighi culturali oppositivi e devianti.
Solo una fiducia incondizionata nella forza e nel valore educativo della scuola e delle istituzioni, nella loro capacità di risvegliare una premurosa e coraggiosa scelta di legalità, può far compiere il salto di qualità, può ridare fiato ed eliminare la sensazione di dover necessariamente lottare contro nemici autoritari, troppo forti, che cercano di ostacolare le loro libertà.
L’adolescenza, si sa, come fase umana di sviluppo, è ritmata da una perenne conflittualità, costituisce un particolare momento di passaggio e di rottura. In essa vi sono importanti zone di diversità, di indipendenza, di espressività, di creatività, di cambiamento, di contrasto con la scuola e le istituzioni, che incidono notevolmente su relazioni e modi di vivere continuamente insidiati e minacciati dalla fragilità dei rapporti familiari, sociali, interpersonali.
Se educare vuol dire aiutare i ragazzi a trovare la propria identità, a seguire un determinato percorso, perché tanti ostacoli, dubbi, incertezze, perplessità, difficoltà nel portare avanti la strada decisa, impegnativa ed energica del rimprovero, della correzione e della punizione?
È giusto impedire a qualche ragazzo di comportarsi male, oppure bisogna lasciargli le briglie sciolte in azioni, esperienze e atteggiamenti che, diversamente, potrebbero diventare pericolosi?
Anche se il cammino educativo non ha mai uno svolgimento tranquillo ed è segnato dalla resistenza e dalla ribellione, istruzione, educazione, comunione, impegno, rispetto, ordine, disciplina, legalità, devono essere sempre e comunque le leggi vitali della nostra società.
Oggi, purtroppo, si tende a ridimensionare o strumentalizzare determinati episodi e i ragazzi diventano fruitori passivi di un messaggio senza un progetto, senza una volontà, senza un preciso desiderio di lottare e di vincere la grande sfida della legalità.
Senza disciplina, senza rispetto delle regole non vi può essere una vera formazione umanizzante.
Fernando Mazzeo
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