Samuele ha 15 anni, due fratelli gemelli – Salvatore e Benedetta – e potrà tornare a frequentare la scuola: sarà in classe con il fratello, nell’istituto alberghiero Giustino Fortunato di Napoli. “E la notizia dov’è?”, vien da dire… Beh, la notizia è che, troppo spesso, ciò che appare così comune da sembrare banale, tanto banale, invece, proprio non sia.
È un giovanottone afflitto da gravissime disabilità e soltanto in questi giorni, dopo aver passato gli ultimi due anni confinato dentro casa, potrà finalmente entrare nella classe delle scuole superiori che frequenterà. È dallo scorso 8 gennaio, infatti, che l’istituto è riuscito a dotarsi della figura di oss di cui Samuele necessita e che dovrà prendersi cura di lui durante la sua permanenza a scuola. Il ragazzo non è autosufficiente ed è necessario che venga accudito da una persona con un preciso bagaglio professionale e con quella componente di empatia altrettanto indispensabile per assicurare a Samuele quel supporto di cui ha assoluta necessità.
“La situazione per noi, che abbiamo dei figli disabili, è tutt’altro che semplice – racconta Manuela Udito, la mamma di Samuele, Salvatore e Benedetta -. Va detto che, nonostante l’obbligo scolastico sia esteso fino ai 16 anni di età, dopo le scuole medie non vi sono garanzie”. E, infatti, sono molte le famiglie che scelgono di non far proseguire i ragazzi nel percorso scolastico e, ancora di più, sono i casi di giovani che continuano a frequentare “ad libitum” la II o la III media, dove esiste l’obbligo di insegnanti di sostegno, assistenza sanitaria o sociosanitaria. “Già – continua Manuela – evidentemente si ritiene che le superiori non debbano essere appannaggio di chi soffra di disturbi cognitivi, motori o, comunque, debba convivere con gravi disabilità”.
Una battaglia, questa, che tutta la famiglia di Samuele ha combattuto e vinto a suon di ricorsi e carte bollate, per contrastare responsabilità rimpallate e una burocrazia ottusa, quasi a voler rendere ancora più difficile la vita a chi, in trincea, ci sta da quando è nato. Se, infatti, frequentare le scuole elementari e medie era stato davvero un sollievo – grazie all’incontro con una dirigente scolastica illuminata, Maria Luisa Salvia – non si può dire che la quotidianità di Samuele, per tutto il resto, non fosse un percorso ad ostacoli. A partire, tanto per dirne una, da come affrontare – ogni giorno – due rampe di scale per poter uscire e rientrare in casa. “Noi abitiamo al secondo piano – ricorda Manuela Udito – senza ascensore e con uno spazio ridottissimo a disposizione per posizionare il montascale standard”.
Risultato: una spesa da 18mila euro, che si aggiungono agli oltre 40mila già spesi per acquistare la vettura (praticamente un furgone) dotata di pedana per trasportare Samuele con la sedia a rotelle e che vanno sommati ai costi di tutte le terapie che, negli anni, hanno consentito al ragazzo di vivere meglio la propria condizione: tutto a carico della famiglia. “Dobbiamo dire grazie a tantissimi benefattori, persone che, con le loro donazioni, hanno aiutato Samuele ma che ci stanno permettendo di aiutare altri”.
Dalle quotidiane battaglie per conquistare quelli che, per la maggior parte di noi, sono diritti scontati è nato, prima, un comitato e, ora, la onlus “C’era una volta un principe di nome Samuele”. “Organizziamo cene, vendite di beneficienza e tutto quello che può farci raccogliere il denaro per sostenere le iniziative che proponiamo: pet therapy, assistenza domiciliare, terapie, attrezzature, attività… Oggi – spiega ancora Manuela – sosteniamo più di venti tra ragazze e ragazzi, con diversi gradi di disabilità, dalla tetraparesi all’autismo”.
Senza santi in paradiso e grandi organizzazioni alle spalle, 18mila euro sono una cifra enorme. Eppure è stata raccolta velocemente, grazie al coinvolgimento di moltissime persone sensibili al problema, certo, ma con la voglia di risolvere. È stato così per i Giovani Imprenditori di Confindustria – presidente Antonio Amato – che hanno raccolto circa 5mila euro, seduta stante, per il montascale di Samuele. “Quello che mi angoscia, però – sottolinea Manuela – è cosa ne sarà di Samuele e di tutti i ragazzi come lui quando non ci saremo più. Per questo adesso vorrei concentrarmi sul “Castello del principe con la bandana magica””. È, questo, un progetto per il “dopo di noi”, ovvero realizzare una struttura dove questi ragazzi possano essere accolti e accuditi, ma condivisa anche con chi, per pura fortuna e non certo per merito, non abbia alcun disturbo che ne condizioni la vita. “Sogno un mondo davvero inclusivo – conclude Manuela – dove ogni diversità sia riconosciuta, premiata e condivisa”. O, per dirla alla Gino Strada, un mondo in cui “i diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi”.
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