Siderurgia italiana in crisi profonda. L’acciaio green potrà risollevarla? Parola ai protagonisti, con Federacciai, Ori Martin, San Polo Lamiere e Afv Beltrame Group

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La ripresa dell’acciaio? Al momento sembra una chimera. Il 2023, dopo due anni di numeri in rialzo, ha riportato il mercato con i piedi per terra. Il fatturato è calato del 15%, il valore aggiunto del 18% e l’utile del 44% (e i dati in arrivo sull’anno in corso non fanno presagire significamenti cambiamenti di rotta). È quanto emerso dall’edizione 2024 di “Bilanci d’Acciaio”, la ricerca curata da Ufficio Studi siderweb e dai professori Cristian Carini e Claudio Teodori dell’Università degli Studi di Brescia. Un tracollo che fa paura, ben al di là della siderurgia. Perché parliamo di un settore trainante della nostra economia, un’industria che è a monte di tutti i principali settori manufatturieri più rilevanti per il Pil nazionale, dalla meccanica, alle costruzioni, alla componentistica. E vale, nonostante in calo, 79 miliardi di euro in fatturato, esprimendo nomi altisonanti di leader globali, come il Gruppo Marcegaglia, specializzato nella produzione di acciaio inossidabile e al carbonio; Acciaieria Arvedi, leader nella produzione di laminati piani; Acciai Speciali Terni (Ast) che si concentra sulla produzione di acciai inossidabili e leghe speciali. E ancora, Gruppo Feralpi, con focus sui lunghi; Tenaris Dalmine, che produce tubi di acciaio senza saldatura per i settori energetico e industriale; Acciaierie Bertoli Safau (Abs), che si focalizza su acciai speciali e forgiati per l’industria mecc anica ed è parte del gruppo Danieli che progetta e produce impianti per l’industria siderurgica. Nel corso del convegno di presentazione dello studio di siderweb, abbiamo raccolto le voci nel corso dei manager di queste ultime tre aziende citate, ovvero Barbara Beltrame, vicepresidente di Afv Beltrame Group, uno dei principali produttori europei di laminati mercantili e acciai speciali; Roberto de Miranda, membro del comitato esecutivo di Ori Martin, gruppo bresciano specializzato nella produzione di acciai speciali di alta qualità e Tommaso Sandrini, ceo di San Polo Lamiere, azienda veronese focalizzata sulla lavorazione della lamiera.

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Prezzi dell’energia svantaggiosi per le imprese energivore italiane, contesto europeo e materiale ferroso irreperibile. I vulnus delle siderurgie nazionali e la ricetta di Antonio Gozzi (Federacciai) per consolidare il settore puntando sull’acciaio green

Lo studio di siderweb ha messo a confronto i risultati di 1.757 imprese di produzione, prima trasformazione, centri servizio e distribuzione di acciaio. Quello che emerge è anche un sentiment piuttosto negativo sul prossimo futuro. Innanzitutto, il 2024, prossimo alla chiusura, per molte aziende è stato addirittura peggiore dell’anno precedente. D’altronde, basta dare uno sguardo agli ultimi numeri Federacciai, per avere un quadro chiaro della situazione di quest’anno: la produzione è diminuita dell’8,4% su settembre 2023 fermandosi a 1,8 milioni di tonnellate – volume prossimo a quello registrato nello stesso mese del 2020. Nei primi nove mesi dell’anno le acciaierie nazionali hanno sfornato 15,1 M.t., in flessione del 5,6% sullo stesso periodo dello scorso anno.

Secondo Antonio Gozzi, presidente Federacciai, «l’Italia deve posizionarsi come leader mondiale di acciaio green»,

I fattori che determinano questa condizione sono diversi: nonostante il costo del denaro si stia riducendo, il problema maggiore resta la sua disponibilità. I prezzi dell’energia sono tornati intorno alle medie storiche, ma la diversificazione delle fonti è complessa per via dei tempi di realizzazione di nuova capacità e i vincoli burocratici. E per restare al solo 2023 le imprese tedesche hanno pagato in media 65 euro/MWh, mentre in Italia i costi superavano i 110 euro/MWh. Inoltre, le quotazioni delle materie prime sono da mesi stabili, ma il costo e la reperibilità del rottame, che è fondamentale per la produzione delle siderurgie italiane, sono temi critici (che l’Europa non tratta in maniera adeguata). Temi critici anche perché «l’Italia deve posizionarsi come leader mondiale di acciaio green», riprendendo le parole di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, in apertura della recente Assemblea Pubblica 2024.

Oltre l’85% dell’acciaio prodotto in Italia deriva dal riciclo del rottame ferroso, e le acciaierie italiane sono prime in UE per volumi di riciclo, recuperano oltre il 76% dei rifiuti prodotti dai processi siderurgici. Dunque da un lato è importante agire per migliorare la disponibilità del rottame, dall’altro «sarebbe auspicabile – continua Gozzi – un prezzo unico europeo per i settori ad alta intensità energetica. L’elettrosiderurgia italiana, per quanto riguarda lo Scope 1, è di fatto prossima alla neutralità carbonica. Ma l’energia elettrica che acquistiamo dalla rete riflette il footprint carbonico della produzione nazionale, e solo un terzo di essa proviene da fonti rinnovabili. Molte delle nostre aziende hanno già investito, e continuano a investire, in impianti per la produzione di energia rinnovabile. È essenziale ottenere forniture base-load decarbonizzate e in questo un ruolo fondamentale lo giocano le politiche italiane ed europee».

I bilanci 2023 dell’acciaio italiano: calano a doppia cifra tutti i principali parametri (fatturato, utile, valore aggiunto), dopo due anni di rialzi. Unica nota positiva: la scelta trattenere parte dei profitti nelle aziende ha rafforzato la loro solidità finanziaria, riducendo la dipendenza dal debito

tutti i parametri finanziari del settore nel 2023 sono in cedimento rispetto al 2022. I ricavi sono scesi da 93 miliardi di euro a 79 miliardi (-15%), l’utile è calato da 5,6 miliardi a 3,1 miliardi (-44%). (Fonte: Bilanci d’Acciaio 2024)

Tornando al report Bilanci d’acciaio, analizziamo nel dettaglio i numeri del 2023 e quelli stimati del 2024. «Il mercato, dopo due anni molto buoni, subisce il calo dei consumi – sottolinea l’amministratore delegato di siderweb, Paolo Morandi – Il 2023 è stato un anno di transizione e il 2024 è stato molto complicato, con gli ordini interni in diminuzione così come l’export, e con la produzione industriale in forte rallentamento, con un conseguente calo dei fatturati per le imprese del nostro settore. Rispetto a queste dinamiche dovremo comprendere quanto ci sia di congiunturale, che riguarda la normale volatilità di domanda e prezzi, e quanto invece ci sia di strutturale».

In media, tutti i parametri finanziari del settore nel 2023 sono in cedimento rispetto al 2022. I ricavi sono scesi da 93 miliardi di euro a 79 miliardi (-15%), l’utile è calato da 5,6 miliardi a 3,1 miliardi (-44%), mentre il valore aggiunto si è attestato a 12 miliardi, registrando un calo del 18,7%.

«La variazione del valore aggiunto – spiega Claudio Teodori, docente dell’Università degli Studi di Brescia – si è negativamente riflessa sull’Ebitda, sceso sotto il 10% di incidenza sulle vendite (8,8%), a causa del minore assorbimento del costo del lavoro, dovuto quasi esclusivamente alla contrazione dei ricavi. L’effetto sugli altri costi strutturali, come ammortamenti e leasing, è stato invece meno marcato. Complessivamente, la marginalità della gestione caratteristica si è ridotta del 2,5%, attestandosi poco sopra il 5%, rispetto all’8% del 2022».

Nonostante il calo generale di ricavi, utile e valore aggiunto nel settore siderurgico nel 2023, c’è un elemento positivo: l’aumento dei mezzi propri, ovvero delle risorse finanziarie appartenenti ai soci o alla proprietà dell’azienda. Questo incremento si deve principalmente al fatto che gli ingenti utili del 2022 (5,5 miliardi) non sono stati distribuiti completamente ai soci sotto forma di dividendi, ma sono stati reinvestiti nelle aziende attraverso l’autofinanziamento. In altre parole, le imprese hanno scelto di trattenere parte dei profitti per rafforzare la loro solidità finanziaria, riducendo la dipendenza dal debito e migliorando la stabilità economica. La scelta ha contribuito a riportare i livelli di capitale proprio a una condizione più equilibrata e sostenibile, paragonabile a quella osservata all’inizio del periodo considerato (2021-2023).

In cima alla classifica delle aziende siderurgiche c’è Marcegaglia Carbon Steel, con un fatturato che sfiora i 4 miliardi. Segue Arvedi, con circa 2,8 miliardi, e al terzo posto c’è Acciai Speciali Terni, che nel 2023 ha registrato ricavi per 2,2 miliardi. (Fonte: Bilanci d’Acciaio 2024)

Un segnale positivo, perché dimostra che le aziende hanno saputo utilizzare in modo responsabile i guadagni straordinari del 2022 per prepararsi meglio ad affrontare le sfide future, creando una base finanziaria più robusta.

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E dunque secondo Cristian Carini, docente dell’Università degli Studi di Brescia e co-curatore della ricerca, nonostante le difficoltà evidenziate, il settore non mostra segnali di crisi strutturale. «Alcuni comparti, come distribuzione e centri servizio, presentano contrazioni che non sono da sottovalutare, ma si tratta di situazioni già viste in passato». Il quadro generale conferma dunque che il comparto resta solido. «Nel complesso, la solidità migliora nel 2023, grazie soprattutto alle politiche di autofinanziamento attuate dalle imprese», osservano Teodori e Carini. Il rapporto di indebitamento si è ridotto, avvicinandosi all’unità e raggiungendo il valore minimo del triennio, grazie a una combinazione di riduzione dei debiti, incremento dei mezzi propri e leggero decremento del capitale investito. Tuttavia, il costo del denaro resta un elemento critico. «L’impatto economico degli oneri finanziari è peggiorato, limitando la sostenibilità del debito nonostante la riduzione dell’esposizione complessiva», conclude Carini. Le previsioni economiche per il 2024 lasciano spazio a ulteriori difficoltà.

Il futuro: prospettive incerte tra il 2024 e il 2025. Un periodo di transizione per la siderurgia italiana. Il 77% si attende un calo del fatturato nel 2024, mentre il 73% prevede una contrazione dell’Ebitda. Solo il 10% delle aziende vede un possibile miglioramento economico

Secondo Gianfranco Tosini, siderweb, «settori come costruzioni e automotive hanno visto una crescita sensibile della marginalità, mentre le pmi hanno sofferto per l’aumento del costo del lavoro, più mitigato nelle aziende che godono di economie di scala».

Le imprese del settore hanno reagito diversamente alle sfide in base alla loro posizione nella filiera. «Il 2023 è stato un anno migliore per le aziende a valle, perché i produttori non sono riusciti a trasferire integralmente i maggiori costi subiti rispetto al 2022 – precisa Gianfranco Tosini, dell’Ufficio Studi Siderweb, – Settori come costruzioni e automotive hanno visto una crescita sensibile della marginalità, mentre le pmi, pur mostrando una migliore redditività operativa, hanno sofferto per l’aumento del costo del lavoro, più mitigato nelle aziende che godono di economie di scala».

Uno sguardo alle aspettative per il 2024 e il 2025 rivela un clima di generale cautela. Secondo un sondaggio condotto su oltre 70 imprese della filiera, a margine dell’analisi di siderweb sui bilanci, il 77% delle siderurgie italiane si attende un calo del fatturato nel 2024, mentre il 73% prevede una contrazione dell’Ebitda. Solo il 10% delle aziende vede un possibile miglioramento economico. Tra le criticità percepite, il costo dell’energia resta in cima alle preoccupazioni (18%), seguito da quello delle materie prime (14,4%) e dal rallentamento della domanda internazionale (12%). Gli investimenti saranno principalmente orientati a innovazione e automazione. Cala, invece, il peso della digitalizzazione a favore della formazione del capitale umano. Al 2025 si prospetta un moderato ottimismo. Il 38% delle imprese prevede un incremento del fatturato tra il 10% e il 20%, mentre un altro 38% stima una stabilità. Solo il 23% ritiene probabile un’ulteriore contrazione. Anche i prezzi di vendita potrebbero aumentare fino al 10%, secondo il 35,6% del campione. Nel complesso, il settore si trova ad affrontare un periodo di transizione, con sfide significative, ma anche opportunità legate a un contesto che continua a premiare la solidità e l’efficienza delle imprese più lungimiranti.

Europa, dazi, materie prime. Le attese e i timori della filiera: la voce delle siderurgie converge sulla necessità di affrontare sfide sistemiche che stanno cambiando le regole del gioco

Il sentiment che emerge anche dalle voci dei protagonisti dell’industria resta negativo. Le visioni di Barbara Beltrame (vicepresidente di Afv Beltrame Group), Roberto de Miranda (membro del comitato esecutivo di Ori Martin) e Tommaso Sandrini (ceo di San Polo Lamiere) convergono su un tema comune: la necessità di affrontare sfide sistemiche che vanno ben oltre i confini delle singole aziende. Pur operando in segmenti diversi del mercato dell’acciaio, le loro analisi evidenziano come fattori esogeni, regolamentazioni stringenti e un rallentamento strutturale del consumo stiano cambiando le regole del gioco. Tuttavia, ciascuno intravede opportunità per un futuro che, pur incerto, potrebbe rivelarsi carico di potenziale.

Ori martin: negli acciai speciali per l’automotive si naviga a vista tra volatilità e resilienza. La mancanza di visibilità sui mesi futuri frema gli investimenti

Acciaierie Bertoli Safau (Abs) si focalizza su acciai speciali e forgiati per l’industria meccanica. Fa parte del gruppo Danieli che progetta e produce impianti per l’industria siderurgica.

Ori Martin, azienda di Brescia, è specializzata nella produzione di acciai speciali di alta qualità, particolarmente utilizzati nel settore automobilistico e nella meccanica avanzata, in componenti come alberi motore, ingranaggi e sospensioni, dove le prestazioni devono essere garantite anche in condizioni estreme. Nel 2023, l’azienda ha registrato un fatturato di circa 700 milioni di euro, confermando la sua posizione di leader nel comparto siderurgico europeo.

Roberto de Miranda, che la rappresenta, sottolinea che l’andamento del 2024 è stato caratterizzato da una forte dicotomia: «La prima parte dell’anno ha avuto una domanda buona rispetto al 2023 e, in generale, agli anni post-Covid. Invece, a partire dalla seconda parte del 2024, abbiamo assistito a un forte calo degli ordinativi». La flessione, spiega, è resa più complessa dalla mancanza di visibilità sui mesi futuri, una situazione aggravata da fattori esterni difficili da controllare.

De Miranda individua nell’orizzonte 2035 per lo stop alla produzione di motori a scoppio uno degli elementi che stanno già rallentando il settore automotive, principale mercato di sbocco degli acciai speciali. «I problemi legati a questa decisione li stiamo vedendo già ora. Le prime conseguenze arriveranno nel 2025, quando saranno imposte multe per chi sforerà le soglie emissive stabilite dalle auto prodotte. Questo andrà a rallentare un mercato dell’auto già frenato», aggiunge.

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Nonostante il quadro attuale, c’è un elemento di ottimismo che deriva dal consumo apparente, ovvero dalla riduzione delle scorte a valle: «Sono ottimista perché a valle rispetto a Ori Martin i magazzini sono quasi vuoti. Dovessero arrivare segnali di ripresa, sono certo che tornerà anche la vivacità del mercato».

San Polo Lamiere: per i prodotti piani è in atto una crisi strutturale. Il “green steel”? Deve stare piedi da solo e non perché lo impone il legislatore. Per rispondere a un mercato sempre più frammentato e veloce bisogna diventare reattivi e tempestivi, migliorando l’efficienza interna

Secondo il ceo di San Polo Lamiere, «sono pochi i prodotti che hanno avuto un successo così limitato come l’acciaio verde. È scomodo da dire, ma gli investimenti devono stare in piedi da soli e non perché lo impone il legislatore. Lo stesso problema lo vediamo con le scarse vendite delle vetture elettriche»

Più fosca appare la visione di Tommaso Sandrini, ceo di San Polo Lamiere, che analizza il settore dei prodotti piani, caratterizzato da un calo strutturale del consumo reale di acciaio in Europa.

San Polo Lamiere ha sede a San Polo di Torrile (Parma) ed è specializzata nella lavorazione e distribuzione di prodotti piani in acciaio: acciai laminati e tagliati su misura, destinati principalmente ai settori della costruzione, dell’elettrodomestico e della carpenteria industriale. Nel 2023, l’azienda ha raggiunto un fatturato stimato di 200 milioni di euro. «Siamo di fronte a un problema preciso: un calo continuativo e di lungo periodo. Stiamo spegnendo i settori industriali e dobbiamo capire perché», osserva. Tra le cause Sandrini individua il calo demografico, la riduzione degli investimenti in tecnologie e una governance europea che definisce “inadeguata”.

Sandrini non risparmia critiche anche al tema del cosiddetto “green steel,” l’acciaio verde prodotto con tecnologie a basse emissioni. «Sono pochi i prodotti che hanno avuto un successo così limitato come l’acciaio verde. È scomodo da dire, ma gli investimenti devono stare in piedi da soli e non perché lo impone il legislatore. Lo stesso problema lo vediamo con le scarse vendite delle vetture elettriche», prosegue.

Per rispondere a un mercato sempre più frammentato e veloce, secondo Sandrini, le aziende dovranno diventare reattive e tempestive, migliorando l’efficienza interna. Inoltre, prevede un cambiamento del contesto regolatorio: «Il livello di regionalizzazione nel 2025 diventerà enormemente più spinto. L’import avrà un ruolo marginale»

Prodotti lunghi: per Afv Beltrame Group il futuro dipende dalla capacità di innovare. Ma bisogna fare pressione sull’Europa affinché salvaguardi davvero e tenda viva la sua industria e bisogna continuare a investire sulle tecnologie

Fase di lavorazione Afv Beltrame, Barbara Beltrame, vicepresidente di Afv Beltrame Group, vede nella tecnologia un elemento fondamentale per il futuro. Il gruppo sta installando in Italia una nuova colata continua per la produzione di bramme da 300mila tonnellate annue.

Anche Barbara Beltrame, vicepresidente di Afv Beltrame Group, analizza i problemi del 2024 in termini di fattori esterni che hanno impattato profondamente sul settore dei prodotti lunghi, di cui Afv Beltrame Group, con sede a Vicenza, è uno die principali produttori europei. Parliamo di travi, barre e profili, con un focus sui mercati della costruzione e delle infrastrutture. Nel 2023, il gruppo ha registrato un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro.

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«Il 2025 non sarà facile perché molte delle problematiche non sono dovute a scelte fatte da noi, ma le abbiamo subite», spiega. Per affrontare queste sfide, Beltrame insiste sull’urgenza di un blocco comune europeo: «Dobbiamo spingere e fare pressione affinché si cambino alcune decisioni, si faccia blocco comune per affrontare le sfide e le crisi internazionali. L’Unione europea deve agire il prima possibile per salvaguardare e mantenere viva la sua industria».

L’ottimismo, però, non manca: Beltrame vede nella tecnologia un elemento fondamentale per il futuro. Il gruppo sta installando in Italia una nuova colata continua per la produzione di bramme da 300mila tonnellate annue. «Già qui in Italia abbiamo avuto un ottimo riscontro dai nostri clienti, che ci stanno chiedendo materiale. Speriamo di riuscire a soddisfare le richieste a partire dall’inizio del 2025», sottolinea.

Pur operando in ambiti diversi, i tre imprenditori condividono una visione comune: l’urgenza di reagire alle sfide del mercato attraverso l’innovazione, il miglioramento dei processi e una maggiore pressione sull’Europa per adottare politiche industriali più efficaci. Se da un lato de Miranda guarda con speranza al consumo apparente, dall’altro Sandrini e Beltrame puntano su regionalizzazione e tecnologia come chiavi di rilancio. Il futuro della siderurgia europea si giocherà sulla capacità di trovare un equilibrio tra sostenibilità, competitività e innovazione.

(Ripubblicazione dell’articolo del 19 novembre 2024)



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