Paolo Crepet: «Belve di Francesca Fagnani è disperazione allo stato puro. Università? Mi hanno fatto fuori gli invidiosi»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


di
Silvia M.C. Senette

«Parlare dei fatti propri in una trasmissione è da poveracci. Se avessi ospite la cantante Giorgia parlerei solo del dolore per la morte del fidanzato: chi ti ha raccolta col cucchiaino? Oggi invece si chiede solo dei flirt»

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

«A Belve? Non mi hanno invitato e non ci andrei. Questo programma è disperazione allo stato puro». La vis polemica è da sempre un tratto che caratterizza Paolo Crepet. Lo psichiatra e sociologo, che lo scorso anno ha totalizzato 75mila presenze a teatro (“come un concerto di Vasco”), farà tappa giovedì 23 gennaio all’Auditorium di Bolzano, già sold out da un mese, con lo spettacolo-dibattito tratto dal suo ultimo saggio «Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni», pubblicato da Mondadori.

Come si spiega tutto questo successo?
«Forse qualcuno ha scoperto che non dicevo delle cazzate. Un illustre giornalista mi chiamava ‘il Taricone della psicanalisi’. Ma le cose sono cambiate, è cambiata la gente. I miei libri hanno un loro successo, così come le serate».




















































C’è bisogno di guru?
«La gente ha bisogno di guide e, dove non le trova, le inventa. C’è bisogno del libretto delle istruzioni per la vita. Però poi le istruzioni sono così semplici e banali che uno si domanda: ma perché non le seguono? Non stiamo parlando di illuminazioni di Einstein».

Ci dia tre pilastri per orientarci.
«Primo: credere nei bambini e nei ragazzi, quindi lasciarli sbagliare. Oggi c’è una schizofrenia da iper controllo: a scuola c’è il registro digitale, ma alle due di notte non sai dov’è tua figlia tredicenne. La geolocalizzazione ti dice solo che è in quella piazza, ma magari è ubriaca. Secondo: dare l’esempio non è passato di moda. Se i genitori sono sempre sul cellulare, cosa deve pensare un figlio? Terzo: cambiare la scuola davvero, non con tentativi. Quest’ultimo è complicatissimo, ma il ministro qualcosa di buono lo sta facendo, come rintrodurre il 5 in condotta».

Lei parla di “eclissi delle emozioni”. Dove sono finite?
«Ce ne sono pochissime. Se va in giro per la città, trovare un ragazzo e una ragazza che si baciano è rarissimo; prima fuori dal liceo ci si dava appuntamento per questo. Vedere due che limonano sotto un portico non esiste più. Abbiamo fatto un baratto: pur di tenerci stretta la nostra comfort zone abbiamo rinunciato alle emozioni. Anche l’amore è visto come una fatica, un impegno».

Nel libro usa la metafora della “cicatrice interiore” che torna a condizionare il presente…
«La cicatrice è il dolore che c’è in ognuno di noi. Mia madre è morta giovane ed è stato un dolore incredibile, ma anche un esame che va male o di una ragazza che ti lascia sono “inciampi” e, se non li hai, non hai vissuto. Sono lezioni, momenti di crescita. Anche Sinner ha paura di perdere e ha perso molte volte; per diventare numero uno devi imparare a rivedere la tua strategia».

La sua strategia l’ha aiutata a trovare il suo posto nella società?
«Sì e no. No per tantissimi anni: infatti mi sono giocato la carriera accademica. Per fortuna, se no avrei fatto il professore universitario e adesso sarei calvo e peserei 150 chili. Quella strada l’ho provata ma me la sono giocata perché c’è invidia: fin da giovane ero noto e questo non te lo perdona nessuno. In Italia il vero intellettuale deve essere bruttino, con l’alito pesante e gli occhiali spessi, sempre incazzato con il mondo. Se c’è uno che si diverte a vivere, quello non è un intellettuale: è un pagliaccio. Devi vivere nei quartieri giusti, andare al mare al posto giusto e io tutto questo non l’ho mai fatto»

Nel libro parla di “nuove eresie” necessarie. Lei si è mai sentito un eretico?
«Sempre. Non quello a cui viene dato fuoco in piazza: l’eretico è colui che cerca e cercando è scomodo. Vorrei che tutti gli intellettuali fossero un po’ eretici e non banalmente facendo i bastian contrari di professione. La tecnologia digitale, intelligenza artificiale compresa, non porterà necessariamente il mondo in avanti. Poi, per carità, siamo tutti contenti che ci siano avanzamenti in medicina o che Musk metta tutti questi “cosini” che girano intorno al mondo e ci danno informazioni importanti».

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Elon Musk è un buon eretico?
«Invece che giocare con i trenini in soffitta lui gioca con i satelliti intorno alla Terra. È geniale, quanto Bill Gates o Steve Jobs. Adesso mi pare che qualcosa gli stia dando un po’ troppa euforia… Ma quando un uomo, da Cesare in avanti passando per Napoleone, pensa di volersi prendere il mondo e in quel preciso momento diventa un una cosa che a me non piace: un dittatore. Prima o poi qualche attore rifarà la scena di Charlie Chaplin che prende a calci il mappamondo, stavolta vestito non da Hitler ma da Musk».

Lei è noto per le sue posizioni controcorrente. C’è una critica che l’ha portata a riflettere sul suo modo di comunicare?
«All’inizio della mia carriera sono stato troppo drastico e forse non ho capito che c’è un’età per tutto. Certe cose me le posso permettere oggi, perché le vedo da una collina più alta che mi consente di allargare la visione sulle cose e di metterci un po’ più di saggezza. Mi rimproverano a volte gli eccessi, l’iperattivismo, e credo che sia una critica giusta anche se alla fine questo ha portato del buono, perché se no oggi sarei uno dei tanti. E poi mi accusano di essere tranchant, di avere spesso posizioni troppo nette: anche quello deve venire con la vita. Io sono nato per avere delle opinioni ma, a una certa età, arrivi a un punto in cui puoi dire la tua»

Come vede il futuro con l’intelligenza artificiale?
«Mi spaventa la vita che farà mia figlia. Di giovani grandi viaggiatori ne conto meno delle dita di una mano. Non gliene frega niente a nessuno che sei andato in Perù: interessa molto di più una che si fa il selfie con la boccuccia a cuoricino. Oggi l’atto artistico è azzerato, a meno che uno consideri arte inzuppare un biscotto nel caffelatte, magari taggando la pasticceria così hai per i prossimi tre mesi il cappuccino gratis».

In “Mordere il cielo” parla di empatia come antidoto alla barbarie. Ci sta sfuggendo l’educazione emotiva degli adolescenti?
«Io credo che questo sia il prodotto di un declino culturale evidente. I nostri mezzi di comunicazione, tutti, non hanno di che parlare realmente e questo ha fatto emergere una necessità voyeuristica. Perché uno deve andare in televisione a parlare dei fatti suoi? È da poveracci. Inviti il maestro Muti e gli chiedi: lei aveva un affaire con Tizia o Caia? Ma che domande sono? Uno si dovrebbe vergognare. Il mondo dei media si è abbassato a un livello che una volta si sarebbe detto “da lavandaia”».

Però “Belve”, ad esempio, ha grande successo?
«Perché la gente è disperata. Cosa c’è di interessante? Non mi hanno mai invitato e io non ci andrei mai. La Fagnani sarà anche carina, ma è colpa di chi fa il programma che deve cercare la volta in cui sei scivolato sulla buccia di banana: disperazione allo stato puro. E gli adolescenti lo vedono che noi siamo spietati. La televisione trash di cui si parlava anni fa era l’anticamera di questo; adesso è una televisione animalesca, infatti si chiamano “Belve”, “Iene”. Non c’è nulla di umano. Se avessi ospite Giorgia parlerei solo del dolore per la morte del suo fidanzato: quante volte sei morta quando l’hai saputo? Come ti sei tirata su? Chi ti ha raccolta col cucchiaino? Invece qui è come ridurre la vita di Verdi a quando ha lasciato la moglie: sì, è vero, ha lasciato la moglie. E quindi? Cosa toglie al sublime dell’Aida?».

È tutto da buttare in tv?
«Dovrei andare indietro con la memoria. Una volta c’era Baricco che si era inventato una grande televisione e tu da quelle trasmissioni ne traevi nettare. Magari non sapevi nulla di lirica o di letteratura, ma quell’oretta ti permetteva di aprire il cervello. Ma se lo immagina Baricco che domanda: ma scusi, lei quella volta, col bagnino, c’è stata o non c’è stata? È ridicolo solo pensarlo».

Quale soluzione propone?
«Lo sciopero, spegnere la televisione. A molti giovani della tv non frega più niente, ma alla fine si guarda lo stesso per gli estratti ripresi sui social. Cose veramente inguardabili. Ogni tanto in treno osservo cosa guarda la gente: tutti davanti al cellulare a guardare per ore un gattino che scivola dentro la vasca. Il livello è questo. E se i giovani vedono che anche la zia guarda il gattino, è finita».

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Come possiamo nutrire le emozioni dei giovani?
«Ci sono dei podcast molto interessanti e c’è gente che non guarda il gattino, ma si sente la storia del medioevo. Certo, ci vuole uno bravo come Alessandro Barbero che sa raccontare le cose. Io sono stato affascinato e ispirato, nella mia vita, da persone che sapevano declamare le proprie scelte, le proprie passioni».

Oggi quale cielo sta ancora cercando di “mordere”?
«Per me mordere il cielo oggi è scegliere con chi pubblicherò il prossimo libro, è fare due serate sold out al Teatro Regio di Parma. Ma il cielo si morde e non si mangia: se no chi ce lo ridà? Deve rimanere, con le sue incongruenze e contraddizioni. E io conosco benissimo le mie».

Iscriviti alla newsletter del Corriere del Trentino

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

14 gennaio 2025 ( modifica il 14 gennaio 2025 | 09:42)

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Source link