L’imperativo iraniano: allentare le sanzioni

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Si registrano frenetici movimenti diplomatici in questi giorni nel Medio Oriente. Sembra che tutti abbiano fretta di concludere, o almeno di consolidare la propria posizione, prima che Donald Trump si sieda sul suo trono di comando. Nel caotico garbuglio della diplomazia è cominciato ieri a Ginevra il secondo ciclo di colloqui tra diplomatici iraniani e la troika europea (Regno Unito, Francia e Germania) sugli affari regionali e internazionali, nonché sul programma nucleare. Alla vigilia dei colloqui è arrivata la notizia della liberazione dal carcere iraniano di Nahid Taghavi, cittadina tedesco-iraniana.

NON È CHIARO se il rilascio di Taghavi sia legato al recente «scambio ufficioso» di prigionieri tra Cecilia Sala e Mohammad Abedini. Nahid Taghavi, tedesco-iraniana residente a Colonia, era stata arrestata dalla Guardia rivoluzionaria iraniana a Teheran nell’ottobre 2020. Un anno dopo, era stata condannata a 10 anni e otto mesi di carcere per presunta appartenenza a un «gruppo illegale» e «propaganda contro lo stato». Le relazioni tra Berlino e Teheran sono diventate tese a un livello senza precedenti lo scorso ottobre, quando l’Iran aveva annunciato l’esecuzione di un altro cittadino tedesco-iraniano, Jamshid Sharmahd, 48 ore dopo che i siti militari strategici iraniani erano stati sottoposti a un attacco aereo israeliano.

LA SCORSA SETTIMANA il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barro ha chiamato «ostaggi» tre prigionieri francesi nelle carceri iraniane che si trovano in condizioni «simili a torture» e ha affermato che le relazioni del suo paese con l’Iran dipendono dal rilascio immediato di questi cittadini. Allo stesso tempo, venerdì la Svizzera ha chiesto un’indagine approfondita sulla morte di uno dei suoi cittadini in una prigione iraniana. Il presidente della Corte Suprema, il 20 dicembre, aveva definito «suicidio» la morte di un cittadino elvetico nel carcere di Semnan e lo aveva definito «spia» senza menzionarne il nome.
Ciò avviene mentre Teheran sta lavorando per guadagnare la fiducia delle potenze europee e raffreddare la tensione nucleare e trovare una sponda per creare un nuovo tavolo di trattative. Teheran ha bisogno di allentare le sanzioni che stanno strangolando la sua economia. La sua disponibilità a sedersi a un tavolo di negoziati con gli europei è stata avallata recentemente dal leader del Paese, Ali Khamenei. Il raggiungimento dell’arricchimento dell’uranio al 60% dopo l’uscita unilaterale degli Stati Uniti dagli accordi del Jcpoa è una carta che Teheran cerca di giocare per rimuovere le sanzioni. Inoltre deve disinnescare la minaccia di tre Paesi europei di attivare il meccanismo «snapback», che permette la reimposizione automatica delle sanzioni previste dalla Risoluzione 2231, che scadranno nell’ottobre 2025.

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I COLLOQUI DI GINEVRA si svolgono in un periodo critico per l’Iran, poiché la sua influenza in Medio Oriente ha subito battute d’arresto, a seguito degli attacchi israeliani ai suoi due alleati, Hamas e Hezbollah, e la successiva caduta del regime di Assad in Siria. Tuttavia, Teheran non esita a mostrare la sua potenza difensiva: all’inizio di questo mese, l’Iran ha avviato esercitazioni militari della durata di due mesi, che hanno incluso esercitazioni in difesa delle principali installazioni nucleari di Natanz. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Ismail Baghaei ha detto lunedì che i colloqui affrontano «una vasta gamma di argomenti». Ha aggiunto che per Teheran «l’obiettivo principale di questi colloqui è revocare le sanzioni contro l’Iran».

IL MINISTERO degli Esteri francese ha affermato che l’incontro «indica che i paesi della troika europea continuano a lavorare per raggiungere una soluzione diplomatica al programma nucleare iraniano, il cui livello di progresso pone un problema serio». Mentre gli europei temono di perdere il loro ruolo di mediatori e attori influenti nella questione dopo l’insediamento di Trump, molti politici iraniani considerano di risolvere la questione delle sanzioni attraverso una negoziazione diretta con l’amministrazione americana. Tuttavia, questa ipotesi non ha finora trovato il favore di Ali Khamenei.
Gli osservatori iraniani prevedono che, in caso di eventuale negoziato diretto, l’amministrazione Trump potrebbe richiedere cambiamenti strutturali nella politica estera iraniana, oltre alla chiusura quasi totale del programma nucleare e alla limitazione dell’industria militare.



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