“I bandi per gli incarichi nelle Università italiane? Sono ‘nascosti’ e durano poco. Il nostro sito li raccoglie tutti”

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Accessibile, trasparente, aperta al mondo. Dovrebbe essere questa la definizione più o meno da dizionario della parola “Università”. Eppure i bandi di ricerca italiani hanno una circolazione ristretta e sono quasi inavvicinabili per gli stranieri. Per migliorare la diffusione degli annunci degli atenei è online il sito Academic jobs Italy, una piattaforma no profit creata da due ricercatori italiani che vivono all’estero e vorrebbero contribuire ad appianare le differenze.

L’idea è nata dalla loro esperienza di vita e dalle voci ricorrenti di bandi nazionali poco limpidi con candidati scelti su basi precostituite. I fondatori, Andrea Pizzi e Lorenzo Pacchiardi, 30 anni, (rispettivamente a sinistra e destra nella foto) fanno ricerca all’Università di Cambridge e ricevono in media 4 e-mail al mese con annunci di lavoro da tutto il mondo per posizioni accademiche senior ma in 7 anni di vita all’estero non ne hanno ricevuta quasi nessuna dall’Italia. Allora si sono chiesti: perché succede? Come possiamo risolverlo? “Le università straniere danno la caccia ai candidati migliori, soprattutto per i ruoli senior – spiegano a ilfattoquotidiano.it – tipicamente il dipartimento che apre la posizione pubblica gli annunci su siti a pagamento o li fa circolare tramite mailing list ma con le università italiane, per la nostra esperienza, succede molto meno”. Non volevano credere alla prassi che gli incarichi fossero decisi a tavolino, così hanno trovato due parametri oggettivi con cui misurare lo stato dell’arte: tempo e visibilità degli annunci. “Abbiamo realizzato un software che scaricava i bandi disponibili sul sito ministeriale che contiene tutti quelli usciti negli ultimi 13 anni, abbiamo calcolato la data di apertura e quella di chiusura per vari tipi di posizioni – raccontano – sono offerte pubblicate anche sui siti dei singoli atenei ma la navigazione richiede molto sforzo e tempo”.

Secondo i risultati delle loro analisi, il 90% dei bandi in Italia resta aperto per meno di un mese, la metà per tre settimane e il 25% per meno di 15 giorni contro il 6% rispetto agli Usa. Allora hanno ristretto le ricerche alle università più prestigiose del mondo, come Harvard, Mit, Stanford e Berkeley, paragonandole a quelle italiane come il Politecnico di Milano e Torino, La Sapienza, le Università di Bologna e Padova, e considerando soltanto i posti senior di ricercatori di tipo A e B o docenti ordinari. “I bandi durano meno di tre settimane nel 13% dei casi in Italia, mentre questo succede nel 2,5% negli Usa – spiega Pizzi -. Non sappiamo perché accada, ma ci siamo messi anche nei panni di chi dall’estero cerca un posto in Italia e non sa come trovarlo: volevamo provare a cambiare le cose, e magari rendere più aperta l’università italiana a chi viene da fuori”.

Nelle loro case di Harvard e Cambridge allora hanno iniziato a scrivere il codice: “Lavoravamo nel weekend o la sera, un po’ da remoto un po’ nelle stesse stanze universitarie, così abbiamo costruito tutto da zero ed è stata un’esperienza divertente”, racconta Pacchiardi. Si sono conosciuti al Politecnico di Torino, dove entrambi hanno frequentato la triennale in Ingegneria fisica e la magistrale in Fisica dei sistemi complessi. Poi le loro strade hanno seguito percorsi simili ma paralleli: Pacchiardi ha sostenuto il dottorato a Oxford in Statistica e poi ha fatto un post doc sulla valutazione delle capacità tecniche dei modelli di AI per capire come incidono sulla società, Pizzi è un fisico teorico con dottorato a Cambridge e postdoc ad Harvard specializzato nella teoria della materia condensata e nei sistemi fuori dall’equilibrio.

Da pochi mesi si sono ritrovati a Cambridge, dove sono entrambi ricercatori. “All’inizio del nostro percorso pensavamo di non ricevere annunci dalle università italiane perché eravamo fuori dal giro, poi abbiamo capito che è un problema reale”. Oggi gli iscritti alla piattaforma sono circa 1350, di cui il 6-7% è verosimilmente straniero perché si è registrato sul sito in lingua inglese, una condizione a cui hanno pensato fin dal giorno zero. “Non conosciamo a fondo il sistema italiano – spiega Pizzi -, ma in Paesi come Germania, Svizzera, Francia, i gruppi di ricerca sono internazionali ed è importante che sia così, perché ricircolo di persone significa ricambio di idee, il che porta a un progresso più veloce: per far sì che questo avvenga il sistema deve essere accessibile anche a chi non parla italiano”.

Finora le registrazioni al sito sono arrivate con il passaparola, tramite colleghi e professionisti (alcuni anche noti, tra questi Roberto Burioni) che hanno rilanciato il sito sui social network o sui loro canali interni. “Attualmente, in media 300 utenti ricevono notifiche ogni giorno per posizioni che coincidono con i loro profili, speriamo di migliorare i filtri in modo che questa selezione sia più efficiente”, spiegano. Il sito è stato realizzato in tre mesi in un periodo in cui entrambi avevano del tempo libero per una coincidenza di pause lavorative, le migliorie dovranno essere a costo zero e compatibili con il tempo che verrà. “Al momento il nostro obiettivo è fare arrivare il sito a più persone possibili e che rimanga gratuito, chi vuole può sostenerci con una donazione, ma serve soltanto a coprire le spese di manutenzione”.

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