Fondo patrimoniale e onere della prova a carico del debitore

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Avv. Daniela Ruotolo.

Con la sentenza n. 32146 del 12 dicembre 2024 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’opponibilità del fondo patrimoniale ai creditori, enunciando un importante principio di diritto circa l’onere della prova che incombe al debitore

Martedi 14 Gennaio 2025

Un imprenditore edile stipulava con un Istituto di Credito un mutuo finalizzato a finanziare la propria impresa per la costruzione di immobili residenziali. A seguito del mancato rimborso delle rate, la banca otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e iscriveva ipoteca sui beni personali dell’imprenditore, costituiti in fondo patrimoniale.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

L’ imprenditore si rivolgeva al Tribunale per ottenere la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, a suo dire illegittima poiché colpiva beni che non avrebbero potuto essere sottoposti ad espropriazione forzata, stante il divieto esplicito contenuto nell’art. 170 del codice civile, secondo cui: “L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”

Essendo il mutuo finalizzato a finanziare l’impresa edile di cui era titolare, era evidente secondo il debitore che il finanziamento fosse stato concesso per scopi estranei ai bisogni della famiglia, e che la Banca ne fosse perfettamente a conoscenza, dato che l’erogazione era avvenuta non in unica soluzione, bensì man mano che i lavori di costruzione venivano eseguiti e verificati da un tecnico incaricato dall’Istituto di Credito.

Il Tribunale respingeva tuttavia la domanda dell’imprenditore, rilevando che non aveva provato che i debiti contratti, pur nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, fossero estranei ai bisogni della famiglia.

La Corte di Appello, adita dal debitore, accoglieva invece la domanda e ordinava la cancellazione dell’ipoteca giudiziale iscritta dalla Banca.

Ad avviso della Corte, infatti, essendo pacifico che il mutuo era stato erogato nell’ambito dell’attività professionale del debitore, doveva ritenersi raggiunta la prova per presunzioni dell’estraneità del debito contratto ai bisogni della famiglia.

A sostegno della propria decisione, la Corte di Appello richiamava i principi enunciati dalla Corte di Cassazione, sez. III, nell’Ordinanza n. 2904 dell’8.2.2021, secondo cui i debiti contratti nell’ambito dell’attività imprenditoriale o professionale devono presumersi, di regola, estranei ai bisogni della famiglia.

Ricorreva in Cassazione l’Istituto di Credito,  evidenziando come la circostanza che i debiti fossero stati contratti nell’ambito dell’attività di impresa non fosse sufficiente ad escludere l’assoggettabilità degli immobili costituiti in fondo patrimoniale alle azioni esecutive del creditore, dato che, secondo gli insegnamenti della più recente giurisprudenza, anche della stessa Cassazione, il concetto di bisogni della famiglia doveva essere inteso nel senso di ricomprendere in essi anche le esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, restando quindi escluse da tale concetto solamente le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
In ogni caso, l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. gravava sul debitore, che intendeva avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale. Infatti, salvo prova contraria a carico del debitore, l’attività di impresa viene esercitata proprio per far fronte ai bisogni della famiglia, poiché i proventi da essa derivanti vengono utilizzati per il suo mantenimento e pertanto tale attività non può presuntivamente considerarsi estranea ai bisogni della famiglia.

Con la sentenza in commento, la Corte ha accolto il ricorso, e ha cassato la sentenza impugnata, affermando che l’inerenza al soddisfacimento delle esigenze familiari non può ricollegarsi semplicemente alla tipologia dell’attività nel cui contesto è sorta l’obbligazione, ma richiede comunque la valutazione della finalità sottostante.

Contabilità

Buste paga

 

L’insorgenza del debito nell’ambito dell’attività imprenditoriale o professionale non solo non assolve il debitore dall’onere di provare l’estraneità del debito ai bisogni della famiglia, ma dimostra addirittura il contrario, dato che deve presumersi l’ordinaria destinazione alle esigenze familiari dei proventi dell’attività di ciascuno dei coniugi.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di beni costituiti in fondo patrimoniale, il debitore che intenda sottrarli all’espropriazione forzata sugli stessi intrapresa è onerato di dimostrare che il creditore era consapevole dell’estraneità ai bisogni della famiglia (da intendersi non limitati al suo sostentamento, ma estesi pure al suo benessere, all’incremento della sua posizione economica, allo sviluppo e al potenziamento dell’attività lavorativa e delle inclinazioni dei suoi membri, al pieno – o, almeno, al più armonico possibile – sviluppo della loro personalità, ecc.) del debito contratto, anche se questo è sorto nell’ambito dell’attività imprenditoriale o professionale svolta personalmente dal coniuge, perché la disciplina della famiglia (artt. 2 e 29 Costituzione; artt. 143 e 144 codice civile) indica una situazione di normalità in cui sono ordinariamente destinati alla famiglia – in via principale (e non solo in via residuale) – i proventi dell’attività di ciascuno dei coniugi, i quali, in posizione paritaria e prestandosi reciproca assistenza (anche materiale) hanno il dovere di rivolgere la propria capacità di lavoro professionale (o casalingo) alla contribuzione alle esigenze familiari, ferma restando la possibilità, per i medesimi coniugi, di regolare diversamente l’indirizzo della vita familiare, con un accordo ex art. 144 c.c.”

Allegato:

Cassazione civile sentenza 32146 2024



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