Distribuzione moderna e la mdd per la transizione sostenibile, i dati Teha a Marca 2025

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Perché parlare ancora di transizione sostenibile? L’anticipazione di Teha alla conferenza stampa di presentazione della fiera Marca by Bologna Fiere 2025.

Con uno scenario politico che tende a privilegiare politiche negazioniste rispetto al tema ambientale, perché parlare ancora di transizione sostenibile? Con questa domanda parte la relazione di Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House Ambrosetti e Teha Group, alla conferenza stampa di presentazione della fiera Marca by Bologna Fiere 2025. La risposta nei dati della ricerca che verrà presentata in fiera il 15 gennaio e che anticipiamo con alcuni dati.

La transizione sostenibile vista da Teha Group per Marca 2025

Il titolo del rapporto di quest’anno è “Il ruolo guida della Distribuzione Moderna e della Marca del Distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare”. Non a caso, visto che la Cop29 ha messo a disposizione fino a 300 miliardi all’anno per gli obiettivi di sostenibilità da qui al 2035, e soprattutto per retailer e industria, la sostenibilità è un tema che determina la spesa dei consumatori e anche il successo delle aziende.

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In particolare per l’Italia, parlano i fatti: siamo al primo posto in Europa per i danni economici legati al clima, e le policy europee rispetto a questi temi sono sempre più stringenti, a cominciare dal 2027, quando tutte le imprese dovranno obbligatoriamente redigere il bilancio di sostenibilità.

7 cittadini su 10 valorizzano la sostenibilità quando fanno acquisti alimentari, il 68,7% in particolare si tratta dei giovani della GenZ e di chi ha un livello di istruzione maggiore.

Guardando agli investitori, la sostenibilità è al terzo posto nei criteri di scelta del target di investimento, dopo l’analisi fondamentale e la qualità del management, due elementi che si possono definire scontati. In concreto, l’81% degli investitori richiede alle potenziali aziende di integrare nel business obiettivi di sostenibilità attuali o prospettici, misurabili nel tempo.

La sostenibilità fa bene alle imprese

La transizione sostenibile si dimostra anche un percorso che rafforza le imprese: chi pratica la sostenibilità diminuisce le probabilità di default (e viceversa, queste aumentano se peggiorano le performance Esg).

Ma venendo alle imprese in particolare della distribuzione moderna, il quadro è il seguente:

167,6 miliardi di fatturato
+15,8% la crescita del fatturato rispetto al 2019
27,1 miliardi il valore aggiunto della distribuzione moderna (+10,4% rispetto al 2019)
3,4 miliardi di investimenti (+6,9% rispetto al 2019)
447 mila occupati

La distribuzione (+3,2%) cresce più dell’industria agroalimentare (al +2,9%). Ai 27,1 miliardi generati dalla distribuzione se ne aggiungono altri 181,3 generati dalle filiere attivate a monte, per un totale di 208 miliardi di euro, paro al 10% del Pil italiano.

Dati e prospettive sulla marca del distributore

Tra gdo classica e discount, la mdd in Italia ha raggiunto una quota del 31,8% (22,6% senza i discount) con una crescita costante dal 2019. Una quota ce colloca l’Italia a metà, in Europa, tra i grandi player nordici, Regno Unito e Svizzera (sopra il 40%, e le nazioni dell’est europeo che rappresentano l’occasione ulteriore di crescita.

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La media europea è del 35,8%, con una crescita media di +0,5 punti nel 2024.

A proposito di prospettive, Teha ha proposto due scenari “what if” al 2030. Nel primo, la mdd italiana si allinea per quota ai tre paesi in cima alla classifica europea: in questo caso il fatturato salirebbe a oltre 50 miliardi.

Visti i numeri attuali, se si aggregasse in un’unica azienda il fatturato della mdd in Italia, questa azienda si collocherebbe al quarto posto dopo Eni, Enel e Stellantis, impresa che genera all’estero buona parte del proprio fatturato.

I partner della gdo per la mdd sono aziende la cui crescita è superiore rispetto a quella del resto dell’innduatria alimentare. Dal 2021 al 2023 i copacker sono cresciuti del +30,4%, La Idm del +13,7%. Rispetto all’industria, i partner della gdo godono di un moltiplicatore x2 per quanto riguarda i fatturati, addirittura del x11,3 per quanto riguarda gli occupato, e del x3,1 nel valore aggiunto. Più le aziende collaborano con la gdo per la mdd (indagate quelle sotto il 50%, tra 50 e 80% e sopra l’80%), più il valore delle citate variabili economiche cresce.

Anche il parametro della propensione agli investimenti è migliore se le imprese sono partner della gdo per la marca privata, e in misura diretta rispetto alla quota di mdd che caratterizza la loro produzione.

Il dato sulla produttività conferma il quadro:

transizione sostenibile Teha Marca
La produttività per le imprese della mdd italiana

L’impatto della distribuzione moderna sulla società

Il primo dato è quello che riguarda l’occupazione: si parla di circa 3 milioni di persone tra filiera agroalimentare (1,4 milioni di persone), intermediazione (314 mila persone) e retail (447 mila persone). Elevate le percentuali di giovani sotto i 30 anni anche rispetto alla media italiana (12% vs 20% della distribuzione moderna), di donne (49% vs 65%) e di contratti a tempo indeterminato (83% vs 89%).

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Ecco una sintesi degli impatti sui cittadini:

La transizione sostenibile per la distribuzione moderna

Le imprese stesse della distribuzione moderna hanno abbracciato la sostenibilità, con un trend che vede calare le emissioni di Co2 e crescere i fatturati. Questi due indicatori si sono disaccoppiati. L’aspetto sul quale la distribuzione può incidere di più è quello definito dallo Scope3 (pesa per il 95% delle emissioni), ovvero quello che riguarda la catena di fornitura e i servizi a valle, e non a caso già oggi ha scelto di fare da guida, prediligendo le partnership con imprese sostenibili. In questo processo la mdd ha un ruolo strategico.





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