È la strategia degli annunci. «Il Ddl Sicurezza va approvato subito», ripete da alcuni giorni come un grido di battaglia la Lega a cui ieri si sono accodati Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia in Senato, e la sottosegretaria al ministero dell’Interno Wanda Ferro di Fd’I. E in serata anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi intervistato da Rai Uno ha sostenuto la necessità di arrivare al più presto al varo del disegno di legge spiegando che «tutti condividono, al di là di quali saranno le strade che verranno prescelte, l’esigenza di arrivare al più presto ad una definizione di un quadro normativo che sicuramente porrà anche delle importanti tutele aggiuntive a quello che è il lavoro complicato delle forze dell’ordine».
MA, AL DI LÀ DELLE PAROLE, segnali concreti non ce ne sono, né in un verso né nel suo opposto. Perché se è vero che è stato lo stesso governo a «non escludere una terza lettura», come annunciò a metà dicembre il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Criani (Fd’I) – preso atto dei dubbi sollevati informalmente dal Quirinale su un paio di punti del testo in evidente contrasto con la Carta costituzionale (divieto di vendita delle Sim ai migranti senza permesso di soggiorno e abolizione del differimento obbligatorio della pena in carcere per le detenute madri) -, a tutt’oggi però nessuna proposta di modifica al testo licenziato dalla Camera il 18 settembre è pervenuta da Palazzo Chigi alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato che se ne stanno occupando in sede referente. Cosicché i lavori sul Ddl “omnibus”, composto di 38 articoli che affrontano i temi penali più disparati, procedono senza scossoni. Pianificati dalla Capigruppo fino alla fine di febbraio, con l’obiettivo minimo di portare il testo in Aula al Senato non prima di marzo. Stasera e domani alle 20 le commissioni si riuniranno per riprendere l’esame degli emendamenti (1300, in tutto, quelli presentati dalle opposizioni), ripartendo dall’articolo 15 del testo.
CONTEMPORANEAMENTE però sembra sempre più probabile che la maggioranza di governo possa cogliere l’occasione per introdurre altre norme che non vanno certo nella direzione indicata dall’Osce e dal Consiglio d’Europa quando, nei mesi scorsi, giudicarono il ddl a rischio di «minare i principi fondamentali del diritto penale e dello Stato di diritto». In particolare, sfruttando l’opportunità offerta dai recenti fatti di cronaca e in seguito agli scontri del fine settimana a Roma e a Bologna durante i cortei per Ramy Elgaml, la strategia degli annunci ha scelto il terreno fertile delle forze dell’ordine. Salvini e la Lega si limitano a cercare di portare a casa nel più breve tempo possibile il Ddl Sicurezza – usato a mo’ di clava da servire ai sindacati più rissosi delle divise – pensando che possa far recuperare loro un qualche punto di gradimento.
Tutti condividono, al di là di quali saranno le strade che verranno prescelte, l’esigenza di arrivare al più presto ad una definizione di un quadro normativo che sicuramente porrà anche delle importanti tutele aggiuntive a quello che è il lavoro complicato delle forze dell’ordine.Matteo Piantedosi
MA IL RITORNO d’immagine di cui ha bisogno in questo momento Giorgia Meloni è forse più istituzionale, e uno sgarbo al Colle come quello di accelerare sul testo criticato non giova certo. Motivo per il quale, secondo fonti giornalistiche, si starebbe pensando a un qualche scudo legale per evitare che si ripeta quanto accaduto al maresciallo dei carabinieri Luciano Masini, indagato per eccesso di legittima difesa (indagine dovuta) per aver sparato e ucciso l’attentatore di Villa Verucchio, nel riminese, la sera di Capodanno, e insignito dal ministro della Difesa Crosetto di un «encomio solenne». Una norma, questa, che si aggiungerebbe alle tante altre che – a parole, perché di aiuti concreti ai corpi di polizia non ve n’è traccia – servirebbero per «difendere e tutelare in ogni modo gli appartenenti alle forze dell’ordine», come ha affermato ieri la sottosegretaria Wanda Ferro chiedendo un’accelerazione sull’iter e puntando il dito contro la «violenza delle piazze». Disordini, scoppiati a seguito dell’uccisione di Ramy, di cui ha parlato anche il ministro Piantedosi definendoli «pretestuosi».
PIÙ PRUDENTE il deputato Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, che in piazza Montecitorio alle domande dei cronisti sulle possibili modifiche al Ddl firmato Nordio-Crosetto-Piantedosi ha risposto: «Vedremo, è una valutazione che sta facendo la maggioranza. Io l’ho votato così com’è e lo condivido così com’è, ma siamo sempre pronti a fare riflessioni per il bene della nazione».
OLTRE ALLE DUE NORME già citate, in bilico ci sono le aggravanti per i reati (qualsiasi reato) se commessi nelle stazioni o sui mezzi di trasporto pubblici, e l’articolo che confonde la cannabis light con la canapa industriale con il risultato che a mobilitarsi contro è stata tutta la filiera, comprese le associazioni di categoria più vicine alla destra. Più di recente, il mondo studentesco e universitario si sta mobilitando contro la norma che rende obbligatoria la collaborazione delle pubbliche amministrazioni con i servizi segreti, ove richiesta. Un altro obbrobrio dettato dalla furia illiberale.
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