Oggi attorno alle 16 il presidente della Camera Lorenzo Fontana dovrebbe annunciare i nomi dei quattro nuovi giudici costituzionali che mancano alla Consulta per colmare il plenum. A imporre l’uso del condizionale è la prudenza, visto che si tratta pur sempre di elezioni a scrutinio segreto. E soprattutto perché è il centrodestra, e meglio ancora Forza Italia, che sta sfogliando la margherita dei nomi. In ogni caso se dovesse giungere un’altra fumata nera, Fontana è pronto a convocazioni quotidiane del parlamento in seduta comune. Prima dei nomi dei probabili eletti, è interessante raccontare le logiche seguite e anche i tentativi falliti.
Abbiamo già riferito sabato scorso che maggioranza e opposizione avevano raggiunto un’intesa su uno schema generale: due giudici sarebbero stati espressi dal centrodestra, uno dalle opposizioni, mentre un quarto sarebbe dovuto essere un profilo tecnico-istituzionale. In più maggioranza e opposizione si sono impegnati a non porre veti sui nomi che la controparte avrebbe proposto. Non era stato scontato arrivare a tale intesa generale. Il tentato blitz di Giorgia Meloni di imporre il nome di Francesco Saverio Marini con i soli voti della maggioranza e con l’aiutino di qualche parlamentare delle opposizioni (si era parlato di M5s in uno scambio sulle nomine Rai), aveva fatto porre un veto da parte del Pd su Marini (poi caduto), su cui invece Giorgia Meloni non intendeva deflettere.
Poi c’è stato un nuovo tentativo del centrodestra per un accordo separato con M5s su un nome gradito dal Movimento (ha circolato quello del professore Michele Ainis), il che avrebbe reso più impervie però futuri intese del partito di Giuseppe Conte con quello di Elly Schlein alle regionali. A sua volta la segretaria del Pd ha dovuto rinunciare all’indicazione del professore Andrea Pertici per più motivi: il costituzionalista è inviso a Iv e ai riformisti del Pd (Pertici è stato l’avvocato del tribunale di Firenze nel giudizio della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione con il senato nella vicenda di Renzi e del processo Open) ma anche a Conte, che mal digerisce un nome indicato dalla segretaria del Pd. La scelta di tutte le opposizioni di proporre il professore Massimo Luciani, è dunque figlia anche del caso.
Il secondo nome del centrodestra doveva essere indicato da Forza Italia, visto che la Lega ha già indicato il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli. Si è parlato di derby tra due senatori berlusconiani, vale a dire il viceministro della giustizia Francesco Paolo Sisto e il capogruppo in commissione giustizia del senato Pier Antonio Zanettin. Il primo aspira, senza nasconderlo, allo scranno alla Consulta da mesi, ma ha un doppio handicap: è stato eletto in un collegio uninominale, e le sue dimissioni da parlamentare implicherebbero un’elezione suppletiva; inoltre aprirebbe per Antonio Tajani la bega della sua sostituzione al governo, con tanti aspiranti.
Ma anche deludere il pugliese Sisto a vantaggio del veneto Zanettin avrebbe delle controindicazioni. In più il passaggio diretto dal parlamento alla Consulta non si è mai registrato, il che vale per entrambi. Di qui il terzo nome, di cui si parla da giorni. Tajani ieri pomeriggio ha gelato tutti parlando di una elezione «domani o in settimana» visto che c’è da decidere se il giudice da eleggere debba essere «un parlamentare o un non parlamentare».
Tra i nomi «terzi» sono in ballo quelli del professore Andrea Di Porto, che nel 2016 difese (con successo) Fininvest in un contenzioso con la Banca d’Italia che le chiedeva di cedere le quote di Mediolanum, ma anche quello della professoressa Valeria Mastroiacovo, spinta dall’ala cattolica del partito. Quest’ultima era stata proposta al centrosinistra tra i profili tecnici, ma da Schlein è arrivato un “niet”; Mastrojacovo è infatti segretaria generale dell’Unione dei giuristi cattolici italiani (Ugci), e la segretaria dem teme una sua posizioni conservatrice sui temi legati ai diritti. E un non possumus di Schlein per gli stessi motivi è arrivato anche alla costituzionalista dell’Università di Milano Lorenza Violini, considerata vicina a CL. Alla fine il punto di caduta è stato l’avvocata generale dello Stato, Gabriella Palmieri Sandulli. Ma ieri sera è scattata una nuova ipotesi in casa berlusconiana: eleggere Sandulli in quota Fi, e lasciare indicare il tecnico alle opposizioni, e quindi a M5s, così da incassare il via libera in Vigilanza Rai all’elezione di Simona Agnes alla presidenza Rai. Parigi val bene una messa.
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