Boom di sparizioni forzate tra gli attivisti in Kenya

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Tra settembre 2023 e agosto 2024, il Kenya ha registrato un aumento preoccupante dei sequestri di persona: 52 casi, con un incremento del 44% rispetto all’anno precedente. Questo dato, diffuso dall’Ufficio nazionale di statistica, non si limita a raccontare una crisi securitaria, ma fotografa una crisi istituzionale e politica sempre più profonda. Come ha dichiarato l’avvocata keniana Martha Karua, leader della Coalizione nazionale arcobaleno, il Kenya sta diventando «la capitale dei rapimenti e delle violazioni palesi dei diritti umani».

I NUMERI SONO DRAMMATICI: dalle proteste dell’estate scorsa, quando la Generazione Z si è rivoltata in nome di un intero Paese contro gli aumenti fiscali previsti dalla bozza di legge di bilancio, poi ritirata, la Commissione nazionale keniota per i diritti umani (Knchr) ha registrato 82 casi di rapimenti (che si sommano agli oltre 60 morti nei giorni di protesta e ai 52 rapiti prima di agosto). A novembre, il presidente keniano William Ruto ha dato la sua personale lettura di questo dato: «Molti di questi casi sono stati risolti e altri si sono rivelati false informazioni. Inoltre, un buon numero di queste cosiddette “persone scomparse” sono state arrestate dalla polizia. I sospettati di questi casi sono stati debitamente consegnati alla giustizia» ha detto, specificando di condannare «tutti gli atti extragiudiziali che mettono in pericolo la vita o la libertà di chiunque».

Eppure, secondo la Knchr, decine di persone sarebbero ancora disperse, i casi di cronaca sono all’ordine del giorno e la polizia keniana ha sempre negato il coinvolgimento dei suoi agenti nelle sparizioni forzate di attivisti.

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DOMENICA SERA l’attivista tanzaniana Maria Sarungi Tsehai (che ha 1,3 milioni di follower su X, è una strenua oppositrice della presidente tanzaniana Samia Suluhu Hassan e vive a Nairobi per ragioni di sicurezza) ha denunciato un tentativo di rapimento: «Sono stata salvata per un pelo» dice in swahili in un video su X pubblicato la sera stessa.

Il portavoce di Amnesty international Kenya, Roland Ebode, ha detto che Tsehai è stata fermata a Nairobi da uomini in borghese. Costretta a salire su un minivan nero, è stata rilasciata poche ore dopo. Secondo la presidente della Law Society of Kenya, Faith Odhiambo, gli attivisti dell’organizzazione sono riusciti a salvarla grazie a «un intervento tempestivo» per ottenerne il rilascio.

Meno fortunato è stato l’oppositore ugandese Kizza Besigye, 68 anni, scomparso a metà novembre poco prima della presentazione del libro della sua amica Martha Karua, nel quartiere Riverside di Nairobi. Ex-medico del presidente ugandese Yoweri Museveni, divenutone oppositore, Besigye è ricomparso in manette pochi giorni dopo alla Corte marziale di Kampala, in Uganda: nessuno ha ancora chiarito né le circostanze dell’arresto né quelle della sua estradizione.

IL CASO BESIGYE «ha suscitato molto interesse sia nell’Africa orientale che in tutta l’Africa e nella comunità internazionale» ha detto Karua, che lo difenderà in tribunale. Secondo la versione della moglie di Besigye, Winnie Byanyima, il marito è stato arrestato e caricato in macchina insieme a un collaboratore da agenti dell’intelligence ugandese, che hanno attraversato durante la notte il confine di Busia, tra Kenya e Uganda: «È stata chiaramente un’operazione ben pianificata».

Il governo ugandese sostiene che il Kenya li abbia aiutati nell’operazione ma Nairobi ha negato tutto nonostante il tragico precedente dei 36 membri del Forum per il cambiamento democratico (Fdc), il partito di Besigye: arrestati a Kisumu, Kenya, alla fine di luglio, sono stati deportati in Uganda, accusati di «terrorismo» e rilasciati su cauzione soltanto alla fine di ottobre. Di casi simili ce ne sono anche altri, meno noti ma altrettanto inquietanti: a ottobre, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) si è detto «profondamente preoccupato» per il caso di quattro rifugiati turchi che sarebbero stati rapiti a Nairobi e deportati in Turchia, in violazione delle norme del diritto internazionale.

NONOSTANTE TUTTI QUESTI CASI, non sembrano essere state avviate indagini interne alla polizia. Eppure, all’Alta Corte di Nairobi, un procedimento è aperto e il giudice Bahati Mwamuye ha chiesto che venga audito il capo della polizia Douglas Kanja: il processo riguarda la scomparsa di sei giovani attivisti keniani a metà dicembre. Cinque di loro sono tornati a casa dopo l’Epifania mentre un sesto attivista, Steve Mbisi, è ancora introvabile.



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