di Giuseppe Gaetano, editor in chief
La strada in discesa imboccata dal costo del denaro sta iniziando a convincere tanti aspiranti mutuatari rimasti finora alla finestra: si respira più fiducia da parte delle famiglie e si registrano politiche di credito più flessibili da parte delle banche, forti di un altro esercizio a livelli record.
Anche i tempi di istruttoria si starebbero accorciando, così l’ultima parte del 2024 e l’intero 2025 si annunciano col vento in poppa per il business. I tassi continueranno a calare, in particolare nel primo semestre dell’anno nuovo, per poi cominciare a stabilizzarsi. Anche le confermate agevolazioni per under 36 e famiglie numerose daranno una mano a incentivare le richieste, molto probabilmente ancora verso il tasso fisso visto che, all’assenza di rischi, riesce ancora a offrire una minor spesa.
In realtà per Kìron Partner non c’è solo la domanda, ma pure l’erogato: nel 2° trimestre 2024 sarebbero stati erogati 11,25 miliardi di euro di mutui (+6,9% a/a), che supereranno addirittura i 40 a fine anno. Se vero, l’aumento – pari a 729 milioni – sarebbe il primo dato positivo dal 3° trimestre 2021, in pratica dopo più di due anni. Per il mediatore creditizio del gruppo Tecnocasa la ripresa del giro d’affari sarebbe cominciata addirittura dalla seconda metà del 2023. Una “lettura” che però non trova troppo riscontro nelle cifre ufficiali né di Bankitalia né dell’Agenzia delle entrate: per quest’ultima le transazioni assistite da mutuo ipotecario hanno iniziato una timida risalita solo nel 2° semestre dell’anno scorso, attestandosi al 41,4% delle compravendite complessive (+1,2% a/a). A smuovere le acque ci avrebbero pensato in buona parte surroghe e sostituzioni (+49,5%), l’11% delle operazioni totali.
Numeri più aggiornati ma ugualmente sorprendenti arrivano da Crif, secondo cui il mercato dei mutui ha registrato un trend positivo durante tutto il 2024, quando in realtà sono stati solo gli ultimi due trimestri a segnare questo andamento.
Per Via Nazionale, infatti, i volumi sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto al 2023 – il che rappresenta comunque un ottimo risultato visti i tassi e l’inflazione rimasti su livelli mediamente alti nell’arco dei 12 mesi – e nello scansare il segno meno dal bilancio annuale hanno contribuito solo il 3° e 4° trimestre, da quando cioè gli interessi hanno iniziato a ridursi in maniera più convincente, anticipando in qualche caso i tagli della Bce. In particolare nel 3° trimestre, secondo Crif, le richieste con finalità acquisto per prima e seconda casa sarebbero cresciute al 54% del totale mentre le domande di surroga si sarebbero ridotte al 40%. Il tasso fisso ha proseguito a spiegare il 99% delle preferenze sul canale online, rimanendo gli indici IRS tutt’oggi inferiori rispetto agli Euribor, nonostante l’allentamento monetario di Francoforte.
Sebbene anche chi ha mantenuto il variabile abbia risparmiato, seppur in modo meno marcato, e nonostante l’Euribor sia destinato a scendere con le prossime sforbiciate, a fine ottobre 2024 solo lo 0,6% degli italiani aveva scelto un tasso variabile. E pensare che solo fino a un paio di anni fa raccoglievano quasi il 30% delle preferenze tra con e senza cap.
E’ un altro osservatorio ancora, quello di MutuiOnline, a notare che oggi il fisso – oltre a restare un prodotto più comprensibile per i consumatori – garantisce interessi più bassi in media dell’1-1,5% (in qualche offerta si scende anche sotto al 3%) mentre, dall’analisi dai future, gli esperti si attendono che nell’arco di tutto il 2025 il variabile perda solo un punto percentuale. “Vuol dire che se oggi scelgo un tasso fisso, mi ritrovo già in tasca tutto quel risparmio previsto dell’1% che potrei avere tra un anno col variabile” calcolano i ricercatori.
E poi c’è sempre il succitato ‘paracadute’ surroga (anche da fisso a fisso per chi l’ha sottoscritto l’anno scorso), spalancato dall’appetito per gli impieghi da parte delle banche, che infatti propongono spread in linea con le offerte di mutui prima casa: secondo Facile.it da gennaio a ottobre sono aumentate del 14%, arrivando a rappresentare quasi il 30% di tutte le richieste che gli sono giunte. Spalmati sull’intero piano di ammortamento, con i 50-100 euro di risparmio medio mensile consentito ci viene un’altra ‘stanzetta’. Attualmente, come detto, le migliori offerte riescono a offrire subito un risparmio rateale mensile superiore perfino al miglior scenario ipotizzabile oggi per un variabile, che tra un anno – a dicembre 2025 – vedrebbe l’Euribor all’1,75%.
Gli analisti si aspettano infatti altri 5 tagli da 25 cent entro fine 2025 – il primo a partire già dal prossimo meeting Bce, giovedì 30 gennaio – ma non escludono interventi più massicci, da 50 pb, visto il deteriorarsi dell’economia Ue, lo spauracchio di una guerra commerciale con gli Usa di Trump, le crisi politiche in Francia e Germania e le incognite legate agli sviluppi dei conflitti bellici in Ucraina e Medioriente.
Se soluzioni con cap e a tasso misto sembrano sparite dai radar, un ulteriore risparmio – attorno allo 0,35% – è consentito infine dai noti mutui green, ormai al 10% di tutte le richieste (solo nel 2020 erano al 3%). Una scelta scontata per chi acquista o ristruttura un immobile in classe energetica A o B. Al momento la miglior offerta sulla piazza prevede un Taeg del 2,6% circa per finanziamenti a 20 anni e del 2,4 a 30. Per gli istituti il vantaggio è nella quota di finanziamenti Esg in portafoglio, da riportare nei bilanci di sostenibilità. I prodotti green hanno conosciuto un vero e proprio boom negli ultimi anni, guidati dalle normative europee per la riqualificazione del patrimonio immobiliare e da incentivi pubblici come l’ex Superbonus 110%. Purtroppo, aboliti i vari bonus edilizi governativi, sul piatto è rimasto solo quello ristrutturazione: per la prima casa l’aliquota resta al 50% con un tetto di spesa di 96mila, e nel 2026 e 2027 scenderà al 36% come per le seconde abitazioni.
Eppure accedere a finanziamenti per acquistare abitazioni di nuova costruzione con prestazioni energetiche elevate, o per ristrutturare quelli esistenti migliorandone l’efficienza, è un’esigenza autentica in un Paese in cui – stando ai dati Enea 2023 – il 73,4% del parco residenziale è in classe D e G.
A controbilanciare l’allentamento monetario, purtroppo, le attese delle agenzie immobiliari che parlano di un mercato real estate con prezzi medi ancora in rialzo quest’anno, sia per le compravendite che per le locazioni. In particolare, secondo Idealista i prezzi delle abitazioni usate hanno segnato +2,2% nel 2024, per attestarsi a un valore medio di 1.880 euro al metro quadro. Un rincaro spiegato dagli esperti del portale con la “scarsità di immobili disponibili, che ha compensato l’effetto negativo dei costi del credito elevati: per il 2025 prevediamo un incremento graduale e costante dei prezzi” affiancato però da una ripresa delle transazioni, favorita dalla politica espansiva imboccata da Francoforte e dal “ritorno della domanda, specie nelle grandi città“.
A tal proposito, la formula del “rent to buy” – più volte trattata da PLTV – difficilmente prenderà mai piede: all’acquirente conviene, perché non paga interessi sulle rate, quanto al proprietario dipende dalla durata dell’affitto giacché dopo 15-20 anni il prezzo della casa si sarà probabilmente rivalutato rispetto a quello stabilito all’atto di stipula del contratto di locazione.
A nostro avviso tanto vale affittare e basta, specie se la vendita è dettata dalla necessità di avere liquidi in tempi rapidi: ha senso solo per locazioni brevi, di qualche anno, così da diminuire l’importo del prestito da richiedere successivamente all’intermediario, rendendolo meno oneroso. Se prendesse piede, la soluzione ridurrebbe la domanda di mutui nel breve termine ma nel lungo rappresenterebbe una forma di pre-qualificazione o fidelizzazione di futuri clienti. A un mediatore creditizio, ad esempio, potrebbe offrire l’opportunità di diversificare l’offerta e fornire consulenza mirata alla clientela che vuole avvicinarsi al finanziamento dopo un affitto con opzione di acquisto. Ma lo strumento è adoperato tutt’oggi da una minoranza.
Calano infine le aste immobiliari, in ogni categoria d’uso ma soprattutto residenziale: nel 2024 sono state 114.746 in tutto per l’Osservatorio Brick, il 23% annuo in meno; ma la base d’asta media nazionale è salita del 4%, a 170.469 euro.
Fabio Picciolini: “A metà 2025 il banco di prova della nuova Direttiva sul credito immobiliare”
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