Roma ci riprova e brucia nuovi milioni per superare i campi Rom

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Castel Romano, uno dei campi rom più grandi d’Italia, è destinato a chiudere entro il 2026, ma l’impressione è che dietro questa nuova promessa si nasconda l’ennesimo spreco di risorse pubbliche. Infatti il grande campo rom della Capitale, è solo uno dei capitoli di una storia fatta di sprechi, degrado e fallimenti. Dal 2012 al 2017 a Roma sono stata investiti oltre 60 milioni di euro nella gestione dei campi, ma l’emarginazione, l’abbandono ed il degrado sono rimasti immutati.

Il copione è sempre lo stesso: milioni di euro spesi e proclami di inclusione e integrazione che svaniscono nel nulla. Un destino che sembra incombere anche sul campo rom di Castel Romano, con l’ennesima “soluzione temporanea” che rischia di trasformarsi in un nuovo fallimento.

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Il nuovo piano per la chiusura di Castel Romano prevede un intervento della durata di 22 mesi, dal marzo 2025 all’ottobre 2026, suddiviso in quattro aree principali: creazione di alloggi temporanei, regolarizzazione documentale per i residenti, percorsi di formazione e inserimento lavorativo, e iniziative per combattere i pregiudizi e migliorare l’accesso ai servizi sanitari.

Lanciato dal Comune di Roma e approvato dal sindaco Roberto Gualtieri e dall’assessora Barbara Funari, il piano prevede il trasferimento dei 989 rom attualmente residenti a Castel Romano in alloggi provvisori fuori dalla città, ma rimane incerto dove e come verranno reperiti questi alloggi.

Il progetto rientra in un programma più ampio per il superamento del ‘Sistema campi’ e ha un budget complessivo di 2,4 milioni di euro, finanziato dai fondi europei del PON Metro 2014-2020, destinati alla ‘Coesione Territoriale’.

Ma, come spesso accade, il rischio è che il progetto si riveli solo un palliativo.

Milioni di euro, zero cambiamenti

Le cifre parlano chiaro: Castel Romano ha già assorbito ingenti somme in passato. Nel 2013, la gestione del campo ha comportato una spesa superiore ai 5 milioni di euro, con una media di 270.000 euro per famiglia. A questa cifra si aggiungono altri 10 milioni destinati ai cosiddetti ‘villaggi della solidarietà’ negli ultimi anni, ma i risultati sono stati praticamente nulli. Le condizioni di vita nei campi non sono mai migliorate; al contrario, Castel Romano è diventato il simbolo del degrado. Il campo è tristemente noto per furti, danneggiamenti alle auto, rifiuti sparsi ovunque, carcasse di veicoli rubati e incendiati, baracche costruite con materiali di fortuna, e cani malati che vagano tra i liquami. Il panorama che ne emerge è di totale abbandono, con l’aria impregnata dal fumo di plastica bruciata.

Il circolo vizioso dei fallimenti

Ogni amministrazione ha cercato di risolvere il ‘problema dei rom’, ma invece di affrontare le cause strutturali, ha preferito soluzioni temporanee e piani illusori che alla fine si sono rivelati inefficaci. Dalla Raggi a Gualtieri, la gestione dei campi rom a Roma ha richiesto ingenti fondi, senza che venissero prodotti cambiamenti duraturi. Durante l’amministrazione di Virginia Raggi, ad esempio, il Piano di inclusione prevedeva percorsi di formazione e contributi per l’affitto, ma molte famiglie, una volta esauriti i fondi, sono tornate a vivere in strada. Il piano includeva anche un ‘Patto di Responsabilità Solidale’, che impegnava le famiglie dei campi a partecipare a tirocini lavorativi e a cercare una casa, mentre il Comune offriva un sostegno temporaneo per l’affitto (due anni), con l’obiettivo di aiutarle a raggiungere l’indipendenza economica e abitativa.

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Le politiche di sgombero dei campi rom durante l’amministrazione Raggi hanno coinvolto 1.029 persone, ma non tutti sono riusciti ad aderire al Piano di inclusione, lasciando alcune famiglie senza un tetto. Il primo sgombero avvenne al Camping River nel 2018, e l’ultimo riguardò il campo della Monachina. Il Piano ha utilizzato circa 3,5 milioni di euro, in gran parte provenienti da fondi europei (Programma operativo nazionale ‘Città metropolitane’) e in misura minore dal Comune di Roma.

Ma al termine di questo periodo, senza un adeguato monitoraggio, le famiglie sono rimaste senza un sostegno continuativo, anche in assenza di un lavoro stabile o di un contratto d’affitto.

Un futuro incerto

Con il Giubileo del 2025 alle porte, Roma è alla ricerca disperata di migliorare la propria immagine e la chiusura di Castel Romano rischia di trasformarsi nell’ennesima operazione di facciata, simile a quella che ha visto sparire i senzatetto dalle principali stazioni durante gli eventi giubilari. Se il piano dovesse fallire, il Comune si troverebbe a dover affrontare un ulteriore spreco di risorse pubbliche, mentre le famiglie rom e i cittadini romani continuerebbero a pagare il prezzo di politiche inefficaci. Roma, così, rimarrebbe una delle città con il più alto numero di baraccopoli istituzionali in Europa, con oltre 2.300 persone.





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