(Dal 2 febbraio 2024) Anche a distanza si può indovinare il sorriso. Il Ministro Roberto Calderoli sta portando a compimento un suo sogno da “leghista” ante litteram. Era il sogno del nonno Guido che nei primi anni 50 aveva fondato addirittura un partito per l’autonomia. Calderoli è medico chirurgo ma anche odontoiatra, come il nonno. Non sta fermo, è uno dei “grandi vecchi” del Parlamento dove è entrato per la prima volta nel 1992.
Il suo sogno dell’autonomia comincia ovviamente con la Lega Lombarda poi Lega Nord e poi… va beh, il poi è adesso. Ma quel sogno dell’autonomia se lo porta dietro da decenni. Adesso con l’approvazione al Senato (il passaggio più difficile) del suo Disegno di Legge, ha scatenato reazioni di ogni tipo.
E allora puoi spiegare alla gente in che cosa consiste quella definizione di autonomia differenziata?
“Vuol dire che sulle 23 materie indicate dalla costituzione, di cui 3 sono oggi sono materie esclusive dello Stato e le altre 20 sono concorrenti, vale a dire che non sono materia esclusiva dello Stato: Con questa legge una Regione può chiedere che sia lei a legiferare sulla materia in tutto o in parte. Faccio un esempio: sull’istruzione uno potrebbe
chiedere l’Autonomia, è solo un esempio, solo sulla scuola dell’infanzia…”.
Sai, magari l’esempio non colpisce molto. Ma una regione può chiedere di legiferare ad es. sulla scuola superiore? “Teoricamente sì, abbiamo per es. la Provincia di Trento che ha l’esclusiva dalla scuola dell’infanzia fino all’università”.
Ma solo per l’organizzazione o anche nella parte didattica? “Per l’organizzazione, soprattutto sulla parte contrattuale, loro usano un contratto nazionale e hanno un contratto integrativo rispetto al loro territorio”.
Torniamo alle materie su cui le Regioni potranno chiedere l’autonomia. Tra le 23 materie, c‘è anche la salute “C’è la salute e, quello che purtroppo per me è un errore, ci sono anche le norme generali sull’istruzione che date alle Regioni per me sono un errore, ma questo prevede la Costituzione”.
Fammi capire, tu non volevi quindi che l’istruzione passasse alle Regioni? “No, che non passassero alle Regioni le norme generali dell’istruzione. Se una Regione
prende un’esclusiva sulle norme generali, paradossalmente, se lo fa la Basilicata, vale anche in Lombardia. Comunque, la legge sulle autonomie prende in esame le questioni
che sono già previste nella Costituzione e definisce i percorsi con cui possono richiederle.
Ogni regione ha delle richieste specifiche. Per esempio, la Campania era interessata alla
tutela dell’ambiente, ecosistema e beni culturali e alla gestione dei porti ecc. La Toscana era interessata alla tutela dei beni culturali ed energia perché hanno tanto geotermico. Le
regioni del sud all’eolico e fotovoltaico. Questo perché? Perché noi abbiamo il paradosso che le funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Regioni sono le stesse indipendentemente da dove sono collocate e dalla loro dimensione. Da una parte però abbiamo la Lombardia che dieci milioni di abitanti è più grande dell’Austria, la Val d’Aosta è a statuto speciale ma supera di poco i 100.000 abitanti. Le esigenze di una Regione di 10 milioni di abitanti non
possono essere uguali a quelle di una Regione che di abitanti ne ha solo 100.000”.
Va bene. Una domanda semplice che richiama l’origine del tuo impegno politico nella Lega di Bossi. Questa legge è un passo verso il federalismo? “Assolutamente sì. Il principio di sussidiarietà, vale a dire l’erogazione di una prestazione pubblica, deve essere fatta dall’ente più vicino al cittadino fruitore di questa prestazione”.
Una critica può essere quella che ad es. per le prestazioni sanitarie la Lombardia è più avanti e quindi altre Regioni partono indietro e così non potranno mai rimontare.
“Ma bisogna sfatare questi miti. Il riparto del fondo sanitario nazionale parte sulla base di un’intesa. Tutte le regioni devono essere d’accordo e poi c’è un fondo perequativo che serve a compensare le differenze che ci sono in questo fondo, differenze che sono per il 98.5% legate all’età anagrafica della popolazione, e per l’1.5% all’indice di mortalità e di deprivazione. Le differenze non giustificano la qualità diversa dell’erogazione del servizio,
non è quanto tu dai a una realtà territoriale ma come vengono usati questi soldi.
Per esempio, prendiamo la questione sulla migrazione sanitaria: è possibile che la
Regione che accoglie gli ammalati provenienti da altre Regioni prenda gli stessi soldi dei territori da dove sono partiti gli ammalati? La domanda è: visto che hanno avuto gli stessi soldi, cosa ne hanno fatto se non hanno curato i loro ammalati?
L’esempio che fa sempre Cassese: se tu con gli stessi Anche a distanza si può indovinare il sorriso. Il Ministro Roberto Calderoli sta portando a compimento un suo sogno da “leghista” ante litteram. Era il sogno del nonno Guido che nei primi anni 50 aveva fondato addirittura un partito per l’autonomia. Calderoli è medico chirurgo ma anche odontoiatra, come il
nonno. Non sta fermo, è uno dei “grandi vecchi” del Parlamento dove è entrato per la
prima volta nel 1992.
Il suo sogno dell’autonomia comincia ovviamente con la Lega Lombarda poi Lega Nord e poi… va beh, il poi è adesso. Ma quel sogno dell’autonomia se lo porta dietro da decenni. Adesso con l’approvazione al Senato (il passaggio più difficile) del suo Disegno di Legge, ha scatenato reazioni di ogni tipo.
E allora puoi spiegare alla gente in che cosa consiste quella definizione di autonomia differenziata?
“Vuol dire che sulle 23 materie indicate dalla costituzione, di cui 3 sono oggi sono materie esclusive dello Stato e le altre 20 sono concorrenti, vale a dire che non sono materia esclusiva dello Stato: Con questa legge una Regione può chiedere che sia lei a legiferare sulla materia in tutto o in parte. Faccio un esempio: sull’istruzione uno potrebbe chiedere l’Autonomia, è solo un esempio, solo sulla scuola dell’infanzia…”.
Sai, magari l’esempio non colpisce molto. Ma una regione può chiedere di legiferare ad es. sulla scuola superiore?
“Teoricamente sì, abbiamo per es. la Provincia di Trento che ha l’esclusiva dalla scuola dell’infanzia fino all’università”.
Ma solo per l’organizzazione o anche nella parte didattica? “Per l’organizzazione, soprattutto sulla parte contrattuale, loro usano un contratto nazionale e hanno un contratto integrativo rispetto al loro territorio”.
Torniamo alle materie su cui le Regioni potranno chiedere l’autonomia. Tra le 23 materie, c‘è anche la salute “C’è la salute e, quello che purtroppo per me è un errore, ci sono anche le norme generali sull’istruzione che date alle Regioni per me sono un errore, ma questo prevede la Costituzione”.
Fammi capire, tu non volevi quindi che l’istruzione passasse alle Regioni? “No, che non passassero alle Regioni le norme generali dell’istruzione. Se una Regione prende un’esclusiva sulle norme generali, paradossalmente, se lo fa la Basilicata, vale anche in Lombardia. Comunque, la legge sulle autonomie prende in esame le questioni che sono già previste nella Costituzione e definisce i percorsi con cui possono richiederle. Ogni regione ha delle richieste specifiche. Per esempio, la Campania era interessata alla tutela dell’ambiente, ecosistema e beni culturali e alla gestione dei porti ecc. La Toscana era interessata alla tutela dei beni culturali ed energia perché hanno tanto geotermico. Le
regioni del sud all’eolico e fotovoltaico. Questo perché? Perché noi abbiamo il paradosso che le funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Regioni sono le stesse indipendentemente da dove sono collocate e dalla loro dimensione. Da una parte però abbiamo la Lombardia che dieci milioni di abitanti è più grande dell’Austria, la Val d’Aosta è a statuto speciale ma supera di poco i 100.000 abitanti. Le esigenze di una Regione di 10 milioni di abitanti non
possono essere uguali a quelle di una Regione che di abitanti ne ha solo 100.000”.
Va bene. Una domanda semplice che richiama l’origine del tuo impegno politico nella Lega di Bossi. Questa legge è un passo verso il federalismo?
“Assolutamente sì. Il principio di sussidiarietà, vale a dire l’erogazione di una prestazione pubblica, deve essere fatta dall’ente più vicino al cittadino fruitore di questa prestazione”.
Una critica può essere quella che ad es. per le prestazioni sanitarie la Lombardia è più avanti e quindi altre Regioni partono indietro e così non potranno mai rimontare.
“Ma bisogna sfatare questi miti. Il riparto del fondo sanitario nazionale parte sulla base di un’intesa. Tutte le regioni devono essere d’accordo e poi c’è un fondo perequativo che serve a compensare le differenze che ci sono in questo fondo, differenze che sono per il 98.5% legate all’età anagrafica della popolazione, e per l’1.5% all’indice di mortalità e di deprivazione. Le differenze non giustificano la qualità diversa dell’erogazione del servizio,
non è quanto tu dai a una realtà territoriale ma come vengono usati questi soldi.
Per esempio, prendiamo la questione sulla migrazione sanitaria: è possibile che la
Regione che accoglie gli ammalati provenienti da altre Regioni prenda gli stessi soldi dei territori da dove sono partiti gli ammalati? La domanda è: visto che hanno avuto gli stessi soldi, cosa ne hanno fatto se non hanno curato i loro ammalati? L’esempio che fa sempre
Cassese: se tu con gli stessi soldi in una Regione invece di assumere un primario luminare assumi 50 mila barellieri, questo per rendere l’idea, così hanno più voti di scambio, che
fine fa il livello qualitativo rispetto a quelli che hanno puntato sull’eccellenza?
Oggi il cittadino non sa quante risorse vengono destinate al suo territorio, io voglio far di ciascuna di queste funzioni un’operazione trasparenza, in modo che sia il cittadino a chiedere ai propri amministrativi, come mai prendete gli stessi soldi e non date la resa
che hanno altri?
A questo punto il cittadino è libero, attraverso il voto, anche di mandarti a casa, questa trasparenza fino ad oggi non c’è stata, e quelli che hanno vissuto con questo tipo di gestione sono quelli che contrastano ovviamente l’autonomia differenziata”.
Da anni lotti per questa riforma, ora, salvo imprevisti, la porti a casa. Da vecchio leghista quale sei, pensi che Bossi sarà contento di questa tua legge? “Io penso di sì, anche se prima aspettiamo di portarla a casa in maniera definitiva. Una legge che trae spinto anche
dalla devolution del 2005 dove si prevedeva che alcuni poteri dovevano essere esercitati in
modo esclusivo dalle Regioni e le rimanenti di competenza dello Stato”.
Bisogna ricordare che la legge del 2005 di riforma costituzionale, con doppia approvazione di Camera e Senato fu poi bocciata dal referendum del 2006.
Torniamo ai nostri giorni. Non contrasta questa tua legge, all’interno del partito, con la scelta nazionalista di Salvini?
“Assolutamente è coerente, è sotto gli occhi di tutti il fallimento della questione del mezzogiorno, una gestione fallimentare. Il reddito medio di un cittadino meridionale è il 56.2% del reddito di un cittadino del nord, ed è così da 40 anni; quindi, o il sud si mette a
correre come gli altri o a rimetterci è tutta l’Italia. Sono 20 le regioni italiane e 12 hanno
un residuo fiscale negativo, cioè, costano di meno rispetto a quello che producono, ma 8 spendono di più delle entrate che hanno. Legittimo quindi che il nord dica che qualcosa debba cambiare, più cresce il Pil al sud e meno si fa carico il nord. Alla fine, tutti avranno
maggior riduzione fiscale e più servizi”.
Dicono che così vuoi spaccare il paese. “Dal 2008 al 2011 ho ricevuto critiche su questo, dicono che voglio spaccare il paese, attaccano il federalismo fiscale. Ma uno dei più grossi beneficiari del federalismo fiscale di cui oggi sono tutti convinti è la regione Basilicata, a cui avevo dato la possibilità di usare le royalties sull’esenzione su gas e petrolio, Oggi in Basilicata non si pagano gas, luce e da poco tempo neanche acqua. Capito il cambiamento di paradigma?”.
L’accusa di spaccare il paese quindi la restituisci al mittente? “Non c’era finora un elenco
dei diritti civili e sociali che il cittadino ha diritto di avere dallo Stato, comprendendo quindi Comuni, Province, Regioni e città metropolitane. Noi questo elenco lo abbiamo fatto,
abbiamo stabilito dei livelli essenziali da garantire, sotto i quali non si può andare (sono
i Lep: Livelli Essenziali di Prestazione – n.d.r.) nessuno l’aveva mai fatto”.
Sono già fissati o, come ho letto, ci sono 24 mesi di tempo per emanare i decreti legislativi?
“Noi abbiamo due strade, da una parte una cabina di regia che in attesa dei decreti legislativi può fare i DPCM, vale a dire Decreti del presidente del consiglio dei ministri e io spero possano arrivare ben prima dei 24 mesi. Ma nella legge ci sono già individuati quelli a livello essenziali e quelli no, il livello essenziale è già definito e ora la commissione tecnica dei fabbisogni standard sta calcolando costi e fabbisogni per inserirli nella legge di bilancio”
Quindi perché tutta questa reazione, sul fatto che abbandoni il sud?
“Sono slogan di chi non ha letto la legge e strumentalizza tutto”.
Ma ci sono i soldi? “E’ quello che dicevo. Prima bisogna stabilire il costo standard e il fabbisogno standard, dopo di che stabiliremo se è troppo poco, se è giusto, quello che spende lo stato per la funzione, se la funzione è della regione. Quello che prima lo
Stato spendeva non li spenderà più, li trasferirà come compartecipazione alla Regione.
Quanto ancora non si sa, prima decido che auto prendere e poi stabilisco i soldi”.
Non è che poi dalla Regione dovranno trattenere una parte del gettito fiscale per finanziare la nuova delega e si rifanno con imposte locali come è successo per i Comuni quando è diminuito il contributo dello Stato?
“Non sarà così, perché c’è già una compartecipazione a un tributo erariale, Iva o Irpef, qualcosa che il cittadino già paga. Supponiamo che l’1% di questi tributi venga dato alla
Lombardia, che in Calabria invece magari si debba dare il 5% perché hanno una capacità
fiscale inferiore. Ma il cittadino non paga nulla in più. Per il pericolo di imposte locali, no,
per il cittadino la quota regionale non costa nulla. Il problema è che lo Stato deve capire che le funzioni sono queste e che deve trasferire alle Regioni le risorse che non usa più… In
questo senso hai capito perché a livello centrale c’è un po’ di resistenza?”.
Siccome le entrate dello Stato in settori chiave vanno alle Regioni non è che lo Stato introiterà lo stesso e le Regioni si arrangino, hanno voluto la bicicletta e adesso pedalino e facciano pagare ai loro cittadini…
“No, perché non è prevista l’autonomia fiscale, qualcuno ci ha tentato così da poter poi
dire, vedi che l’autonomia costa? E non ho voluto farlo proprio per evitare questo”.
È compatibile tutto questo con il progetto del premierato che porta avanti Fratelli d’Italia?
“Nella mia riforma federale della Costituzione della devolution del 2005, c’era anche il premierato, oltre alle funzioni da delegare alle Regioni, ho sempre creduto che debba essere il cittadino a scegliersi il presidente del consiglio. Le due cose sono bilanciate. Se tu
rafforzi il potere al centro devi rafforzare anche il potere periferico”.
Non è un do ut des con Fratelli d’Italia? “No, la legge sulla devolution del 2005 in parlamento l’ho votata 4 volte, l’ho scritta io. Poi il referendum l’ha bocciata sotto il governo Prodi”
Quindi questa volta passa e non ha bisogno del referendum?
“Non è una riforma costituzionale. Come qualsiasi altra legge ci può essere una richiesta di referendum abrogativo che a differenza del referendum sulla riforma costituzionale però ha il quorum…”.
I tempi? Si possono superare con il citato DPCM, prima però deve passare alla Camera. Non c’è il rischio che si allunghino e non se ne faccia nulla?
“Certo, i 24 mesi partirebbero dal giorno dell’approvazione definitiva della legge e sarebbero lunghissimi, ma avendo previsto l’uso appunto del DPCM diventano accettabili.
I sondaggi, a partire dal quotidiano Repubblica, che notoriamente non è molto amico nei nostri confronti, danno il 51% favorevoli all’autonomia differenziata. Affari Italiani danno il 60% di favorevoli”
Anche perché dici che la richiesta è arrivata da 14 Regioni. “Su 15 Regioni a statuto ordinario solo l‘Abruzzo ha detto no. Abruzzo che comunque è una realtà che dal punto di
crescita dal pil, andrebbe preso come esempio nel Mezzogiorno. Intanto sta facendo crescere il Pil. Le regioni del centro e quelle piccole dovrebbero sviluppare il federalismo cooperativo”
Questa è. La consideri una tua vittoria? Hai fatto una rimonta (di qualche decennio) alla Sinner e la porti a casa? “Io spero di portarla a casa, e questo è un grosso passo in avanti. Ci ho creduto per una vita, credo che sia il futuro di questo benedetto paese, le strade finora percorse non hanno portato da nessuna parte”.
Come va la salute? Rimontato anche qui? “A fine ottobre ho fatto i controlli a Padova ed è andato tutto bene. Sabato sono a Venezia alla giornata dell’oblio oncologico, questo tema mi è molto caro”
Tu hai avuto un tumore, ne hai parlato subito e senza problemi. “Sì, mi trovo persone ai comizi alle feste della Lega che mi chiedono consigli, dove si possono rivolgere, come stabilire un contatto, molti pazienti sono allo sbando. E cerco di aiutarli, per quanto posso”
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