“Portiamo il rigassificatore in Calabria”

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Nell’Italia dell’ennesima emergenza energetica, le Regioni litigano perché non vogliono il rigassificatore ma un’apertura arriva dalla Calabria. Senza infrastrutture un Paese importatore di materie prime come il nostro rischia seriamente di consegnarsi a un destino di irrilevanza, fluttuazioni e bollette alte. Michele Marsiglia, presidente Federpetroli, a L’identità fa il punto della situazione sulla questione gas. Dall’incubo speculazione ai costi che crescono passando, appunto, per gli investimenti e le reti logistiche dell’energia. Con uno spiraglio, importante, che arriva dal Sud: “Si porti la nave Golar Tundra in Calabria”.

Presidente Marsiglia, mentre infuria la polemica tra Liguria e Toscana, il governatore Roberto Occhiuto ha dato una sostanziale apertura al trasferimento in Calabria della nave rigassificatrice Golar Tundra…
“Purtroppo in Italia da anni, anzi da più di vent’anni, persiste nel dibattito pubblico un’idea che dai territori e dagli enti locali che li governano debba arrivare, puntuale e preciso come un orologio svizzero, il blocco alle infrastrutture energetiche. È quello che sta accadendo anche in questi giorni. Già con la Regione Toscana ci sono state, all’epoca, delle problematiche per il rigassificatore a Piombino. Che poi, però, sono state superate con l’accordo che l’autorizzazione sarebbe durata fino al 2026. Così come ha ribadito nelle ore scorse il presidente della Regione Eugenio Giani. Solo che questa disponibilità si è scontrata con il “fermo no” opposto dal consiglio regionale della Liguria a portare il rigassificatore a Vado Ligure. Ciò tradisce il solito paradosso all’italiana…”

Di quale paradosso si tratta?
“L’Italia vuole essere indipendente dal punto di vista dell’energia ma quando il discorso si fa serio e si inizia a parlare di infrastrutture ecco emergere grosse contraddizioni tra Regione. Mi sembra di individuare, in tutto ciò, un indice di mancata volontà nel pensare e concretizzare una strategia energetica nazionale. Ogni tanto, però, qualche si alza qualche voce in controtendenza…”

Magari dalla Calabria…
“Posso dire che, come Federpetroli, accogliamo con favore e appoggiamo a trecentosessanta gradi l’apertura proposta dalla Calabria e dal suo presidente Roberto Occhiuto nel voler predisporre lo sviluppo in questo territorio, di un progetto che riguardi il rigassificatore. Immaginiamo che si potrebbe valutare la possibilità, con Snam, con le parti coinvolte, gli stakeholders e tutte le autorità competenti, di istallare la nave Golar Tundra non più in Liguria ma nel golfo offshore della Calabria. Così, ovviamente, si potrebbe sviluppare e dar seguito, concretamente, a quello che da Bruxelles è stato definito corridoio Italia-Sud del Mediterraneo ed individuato come una delle nuove vie strategiche per l’arrivo di gas e materie prime energetiche in Europa. Questo progetto, di cui parliamo da anni e, come Federpetroli, ci siamo fatti sostenitori dall’ormai lontano 2017, non solo porterebbe un importante valore aggiunto all’interno Mezzogiorno d’Italia in termini di occupazione e aziende per i cantieri e per lo sviluppo logistico ma fornirebbe, a tutta la Penisola, un’impronta strategica per immaginare e rafforzare una rete funzionante ed efficiente per la logistica energetica”.

Perché, oltre ai progetti Ue, all’Italia serve una rete infrastrutturale per l’energia?
“A livello continentale, l’Italia è a oggi il Paese più esposto alla speculazione. Sul nostro territorio produciamo solo l’8% del nostro fabbisogno in materia di energia. Compriamo tutto dall’estero. E questo ci espone, appunto, a ogni sorta di speculazione. Per com’è il quadro italiano, oggi, basterebbe un battito d’ali di farfalla nel Medio Oriente, un problema in Africa, da Hormuz fino a Suez, per bloccare ogni arrivo di materie prime energetiche in Italia. E a quel punto il problema vero non sarebbe più neanche la speculazione sui prezzi ma l’assenza completa di gas”.

Come fare per sconfiggerla?
“La speculazione non si può eliminare, fa parte del mercato; ma ci si può attrezzare per fare in modo di limitarne gli effetti”.

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Il ministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, è tornato a parlare di price cap. Può essere una soluzione?
“Dipende. L’idea del ministro, di un price cap su scala europea, è positiva ma, forse, un po’ troppo ambiziosa. Non solo si andrebbe in rotta di collisione con intermediari e Paesi produttori ma non passerebbe mai all’unanimità per tutti gli Stati membri. Sarebbe meglio che ogni Paese lo facesse per sé e, dal momento che ogni comunità economica e produttiva ha le sue peculiarità, ciascuno Stato farebbe bene a fissare l’asticella dove ritiene opportuno. Il price cap Ue, quello partorito dopo una lunghissima gestazione durante l’ultima crisi energetica, è fissato a circa 180 euro al Mwh. Pichetto parla di anticipare la soglia a 50-60 euro. Ma bisogna comprendere che le difficoltà, per le nostre aziende, sono già adesso che il costo delle materie prime non è ancora arrivato ai livelli citati dal ministro”.

E quindi come si può fare?
“Una buona soluzione sarebbe quella di copiare ciò che fece, anni fa, la Gran Bretagna. Quando lo Stato fissò una soglia per la vendita al pubblico, alle famiglie e alle imprese, e si impegnò a pagare il resto di tasca propria. Ma, prima ancora di questo, occorrerebbe fare in modo di avere le infrastrutture utili a sostenere produzione e consumo di gas, costruire una rete logistica per l’energia all’altezza del ruolo che l’Italia immagina per sé nel prossimo futuro”.


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