La Georgia tra Europa e Russia: un bivio democratico per il futuro del Caucaso e dell’UE

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Lo scorso 29 dicembre Mikheil Kavelashvili ha prestato giuramento come Presidente della Georgia, in un clima di proteste che scuote il Paese ormai da mesi ed accuse di interferenze elettorali. La vittoria del “Sogno Georgiano” di Kavelashvili ha significato una violenta battuta d’arresto al processo di adesione all’UE e la risposta dell’Unione sarà cruciale. Alle porte del nuovo anno gli occhi sono puntati sugli sviluppi di uno Stato che fino a poco tempo fa era considerato uno dei più democratici e filo-occidentali tra gli ex sovietici.

Con circa il 54,8% dei voti ottenuti durante le elezioni tenutesi il 26 ottobre scorso, il partito al governo “Sogno Georgiano” (in georgiano “ქართული ოცნება”) ha ottenuto 89 seggi su 150 al Parlamento nazionale, affermandosi nuovamente come partito di maggioranza. Per la prima volta dalla transizione del sistema georgiano in repubblica parlamentare con l’emendamento alla Costituzione del 2017, il 14 dicembre si è svolta poi l’elezione indiretta del Presidente: i 300 rappresentanti del Collegio parlamentare hanno dichiarato vincitore l’unico candidato al ballottaggio Mikheil Kavalashvili. Ex calciatore e candidato del “Sogno Georgiano”, il nuovo Presidente è un fedele sostenitore del magnate Bidzina Ivanishvili. Primo Ministro tra il 2012 e il 2013 e leader del Sogno Georgiano, Ivanishvili è stato sanzionato dagli Stati Uniti a fine dicembre con l’accusa di minare i principi democratici e allontanare il Paese dall’Occidente, promuovendo una linea politica autoritaria e pro-Cremlino. L’ avvicinamento tra Tbilisi e Mosca è stato anche denunciato dalla Presidente uscente Salome Zourabichvili, che afferma l’illegittimità delle elezioni parlamentari di ottobre svoltesi con modalità fraudolente e con l’intrusione della Russia, alla quale la nazione si starebbe assoggettando a causa della stretta autoritaria del partito al governo.  

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La campagna ed il clima elettorale che hanno caratterizzato la chiamata alle urne del 26 ottobre hanno confermato l’ormai consolidata tendenza della politica georgiana alle accuse verso l’opposizione, mentre concrete proposte attive e messaggi positivi sembrano scarseggiare. Secondo il Sogno Georgiano, le forze di opposizione filo-occidentali e la loro fiducia in un deciso avvicinamento ad Ovest trascinerebbe il Paese in possibili attriti con Mosca. Dall’altro lato, le coalizioni oppositrici sostengono che la rinnovata vittoria del partito di maggioranza significherebbe al contempo un brusco arresto ad ogni prospettiva di integrazione occidentale e un pericoloso scivolamento verso la sfera di influenza russa. 

I partiti che hanno cercato di contestare l’ormai decennale e consolidato potere del Sogno Georgiano affermatosi nuovamente il 26 ottobre erano suddivisi in 4 coalizioni. La prima, “Unity to save Georgia”, era guidata dallo United National Movement, maggior partito di opposizione al potere nel 2003 e poi spodestato proprio dal Sogno Georgiano circa 10 anni dopo. Lo spirito atlantista e liberal-conservatore dell’alleanza è ben incarnato dalla sua leader Tina Bokuchava, politica di formazione statunitense ed esponente storica dell’UNM. Altri ex componenti dell’UNM, invece, sono confluiti nella “Coalizione per il cambiamento” che, costruendo la sua campagna attorno a temi innovativi talvolta tabù come i diritti LGBTQ+ e proponendo volti giovani, si sono dimostrati più capaci nell’attrarre le frange più giovani della società georgiana ed si sono imposti come seconda forza davanti alla coalizione guidata dall’UMM anche se di pochi punti percentuali. “Strong Georgia”, poi, fondata da due banchieri e fondatori della TBC Bank, e “For Georgia”, di impronta social democratica e tecnocratica e fondato dall’ex primo ministro del Sogno Georgiano allontanatosi dal partito, hanno superato di qualche punto percentuale la soglia del 5% per entrare in Parlamento. La scelta di una conformazione frammentata da parte delle forze filo-occidentali anziché un fronte unito potrebbe dunque essere stato uno dei fattori che ha impedito all’opposizione di fare appello alla società georgiana con successo. 

La campagna del Sogno Georgiano 

La campagna elettorale del partito di Ivanishvili si è servita di toni e strategie comunicative fortemente polarizzanti rivolte alle paure e frustrazioni che più inquietano la società georgiana oggigiorno.  Come anticipato, la retorica del Sogno Georgiano è imperniata attorno all’accusa nei confronti dell’Occidente e delle forze politiche allineate di voler trascinare la Georgia a schierarsi contro Mosca e dipingendo di fatto la chiamata alle urne come una scelta tra guerra e pace. E’ infatti dal 2022, con l’inizio della guerra in Ucraina, che la svolta autoritaria adottata dal partito al potere dal 2012 ha subito un’accelerazione, mostrandosi sempre più anti-occidentale e sempre più tendente alle modalità di consolidamento del potere in chiave russa. Il governo ha infatti implementato una legge sugli agenti stranieri che obbliga tutte le organizzazioni che forniscono finanziamenti stranieri a dichiararsi tali, con il pericolo di limitare la contestazione politica e le posizioni critiche e di opposizione. 

Ulteriore prova della deriva autoritaria che allarma l’UE è poi la legge sui “Valori della famiglia e la protezione dei minori” approvata a settembre e che vuole velatamente contrastare la propaganda LGBTQ+, minando i diritti delle minoranze. La popolazione si è espressa per denunciare, oltre che le presunte irregolarità elettorali di ottobre, le minacce alla democrazia che le recenti azioni del governo rappresentano. Negli scorsi mesi decine di migliaia di persone hanno ripetutamente protestato nelle piazze principali e nella Rustaveli Avenue contro l’interruzione dei colloqui per l’adesione all’UE, dimostrando lo spirito diffuso pro-occidente tra la società civile. 

Esempio di un poster della campagna del Sogno Gerorgiano. A destra, in blu, “scegli la pace”, a sinistra e in rosso “no alla guerra!”, con l’immagine di una scuola distrutta da un attacco russo. 

Fonte: The New Federalist   

Il processo di adesione all’UE 

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Il cammino verso la membership comunitaria risale al luglio 2010 con i negoziati per l’associazione che hanno condotto le due Parti alla ratifica di un trattato per il libero scambio tre anni dopo, con l’auspicio che l’avvicinamento commerciale favorisse  la convergenza e l’integrazione con i Ventisette. I negoziati con l’Ue si concluderanno poi nel novembre 2013, insieme a quelli della Moldavia, con la sua entrata in vigore nel 2016. In linea con il complesso processo di adesione all’Unione Europea, il Paese ha poi ufficialmente ratificato la richiesta di adesione nel marzo 2022, proprio pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina. A pochi mesi dalla richiesta, però, il Consiglio Europeo si espresse negativamente circa lo status di candidato alla Georgia, affermando che sarebbe stato “pronto a concedere lo status di candidato alla Georgia una volta affrontate le priorità specificate nel parere della Commissione sulla domanda di adesione”. 

Nel report pubblicato nel 2023 dalla Commissione Europea circa l’avanzamento del processo di convergenza agli standard europei da parte di Tbilisi si riconoscono gli sforzi del governo,  individuando tuttavia 12 priorità su cui esso deve concentrarsi affinché il processo di adesione venga perfezionato. Esse si concentrano sulla forte polarizzazione, retorica fuorviante e disinformazione che caratterizzano la scena politica georgiana, sulla lotta alla corruzione e al crimine organizzato, sull’efficacia di riforme del settore giudiziario indipendente ed affidabile, sulla necessità di “de-oligarchizzare” i processi politici, garantire un panorama mediatico realmente imparziale, libero ed indipendente e maggiori sforzi per garantire il corretto funzionamento dell’economia di mercato

Dopo la raccomandazione della Commissione circa la concessione dello status di candidato, il Consiglio ha votato positivamente a dicembre 2023. I recenti sviluppi e soprattutto l’adozione di leggi che minano i principi democratici e i diritti fondamentali come quella sugli agenti stranieri e la propaganda LGBTQ+ hanno allarmato l’Unione Europea, che si è espressa a giugno circa questo “passo indietro” invitando le autorità a “chiarire le proprie intenzioni” pena l’arresto del processo di adesione. Quest’ultimo si può dire abbia avuto formalmente luogo il 28 novembre scorso quando il Primo Ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha annunciato di voler escludere la questione dei negoziati con l’Unione almeno fino al 2028, scatenando un’ondata di proteste duramente represse da parte delle forze di sicurezza. La risposta dell’Ue non tarda ad arrivare e nella stessa giornata il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione condannando le presunte irregolarità alle urne, chiedendo nuove elezioni, da svolgersi sotto monitoraggio internazionale e dichiarando la politica governativa georgiana come “incompatibile con l’integrazione euro atlantica”.

Cosa ne pensano i georgiani? Le posizioni sull’adesione all’UE

I risultati dei sondaggi svolti dal National Democratic Institute (NDI) a fine 2023 hanno dimostrato che la popolazione georgiana supporta in maniera massiccia e coesa l’adesione all’UE con un consenso del 79% circa, in incremento negli ultimi anni. La figura 1 mostra una tendenza interessante circa la postura della politica estera georgiana: a partire dal 2022, anno dell’invasione russa in Ucraina, è aumentato il sostegno verso una politica estera nazionale rivolta anche a mantenere sane relazioni con la Russia, mentre diminuisce il supporto ad un’esclusiva partnership occidentale. Il grafico nella figura 2 conferma questa tendenza e rivela che sebbene UE e USA rimangano i partner prioritari secondo la società georgiana, la Russia sia comunque in leggero aumento a partire da marzo 2023 con un contestuale e brusco calo per l’Ucraina. Questo pattern potrebbe spiegarsi con il generale timore diffuso per la Georgia di un eventuale approccio aggressivo del Cremlino già manifestatosi con la crisi ucraina e alla luce delle tensioni in seguito alla guerra russo georgiana del 2008, elementi attorno a cui la campagna del Sogno Georgiano si è spesso imperniata. 

Figura 1, Fonte: Report NDI 

Figura 2, Fonte: Report NDI

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Inoltre, nel 2013 i georgiani sembravano essere confusi (figura 3) circa l’effettivo sforzo del partito al governo riguardo la membership europea, già sintomo dell’ambivalenza della postura in politica estera tra le aspettative della popolazione pro-UE e la paura per le conseguenze di un radicale allontanamento dalla Russia. L’ambiguità dell’approccio del governo circa il cammino verso l’UE sembra però essersi risolta con le recenti elezioni, che dimostrano segnali definitivi di allontanamento e congelamento del processo di adesione contro le attese della maggioranza dei connazionali.  

Figura 3, Fonte: Report NDI

La peculiare situazione della Georgia rappresenta allora una sfida cruciale per l’Unione di oggi e di domani, che si trova a dover bilanciare il proprio sostegno alla popolazione georgiana e alle loro forti aspirazioni che non possono essere ignorate, con la necessità di fronteggiare un governo sempre più autoritario e ostile agli irrinunciabili standard europei. Le circostanze necessitano dunque una risposta assertiva e coesa da parte dei Ventisette, senza alcun tentativo di ripristino di relazioni normali né concessioni per ammorbidire la linea di Tbilisi, pena l’interpretazione, da parte della Georgia ma anche di Mosca, di un segnale di debolezza da parte dell’UE. Misure di interruzione di sostegno economico e cooperazione tecnica dovrebbero però essere accompagnate da soluzioni che difendano la società civile e i media indipendenti, allineati con le aspirazioni europee, fornendo assistenza legale e promuovendo il dialogo e la collaborazione con realtà europee al fine di contrastare le pressioni del governo e le minacce alla libertà di espressione e associazione. Questa postura consentirebbe all’Unione Europea di rispondere con determinazione e fermezza, senza tuttavia voltare le spalle anzi mantenendo aperta la porta dell’adesione. Un simile approccio, oltre che affermare gli imprescindibili valori comuni di democrazia e rispetto dei diritti umani, potrebbe anche essere cruciale per mandare un segnale forte a Mosca. 

 





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