Oliviero Toscani è morto oggi, all’età di 82 anni, nell’ospedale di Cecina, dove era ricoverato da alcuni giorni. Toscani ha rappresentato una delle figure più controverse del panorama artistico italiano. La sua vita è stata un alternarsi di genialità creativa, provocazioni pubblicitarie e posizioni politiche tanto dichiarate quanto divisive. Non si è mai nascosto dietro le sue immagini: le sue campagne e dichiarazioni erano una provocazione continua, un attacco frontale al conformismo ma anche, troppo spesso, al buon senso e alla sensibilità altrui.
Nato a Milano il 28 febbraio 1942, Oliviero Toscani cresce in una famiglia profondamente legata alla fotografia. Suo padre, Fedele Toscani, è uno dei fotoreporter storici del Corriere della Sera, mentre sua sorella Marirosa, insieme al futuro marito Aldo Ballo, diventerà parte dello studio Ballo&Ballo, un’istituzione nella fotografia di architettura, interni e design. In un ambiente così intriso di creatività visiva, il giovane Oliviero sviluppa presto una passione per la fotografia. A soli 14 anni pubblica il suo primo scatto sul Corriere della Sera: un intenso ritratto di Rachele Mussolini, realizzato durante la tumulazione di Benito Mussolini a Predappio, in un reportage al quale accompagna il padre.
Dopo aver frequentato il liceo Vittorio Veneto di Milano, Toscani prosegue la sua formazione presso la Kunstgewerbeschule di Zurigo, dove si diploma in fotografia nel 1965. Qui ha l’opportunità di studiare con figure di rilievo come Serge Stauffer, esperto di Marcel Duchamp, e l’artista Karl Schmid. Questo periodo gli fornisce solide basi tecniche e una visione artistica innovativa.
La sua carriera prende avvio nel mondo della pubblicità: la sua prima campagna è per il cornetto Algida. Ben presto, Toscani si afferma come uno dei fotografi più richiesti, collaborando con prestigiose riviste internazionali come Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern, L’Uomo Vogue e Donna. Parallelamente, lavora per grandi maison di moda, tra cui Valentino, Chanel, Fiorucci, Esprit e Prénatal.
Nel 1979, durante il festival Venezia 79 – La Fotografia, Toscani tiene un corso sulla fotografia di moda, al quale partecipa anche Franca Sozzani, allora vicedirettrice della rivista Lei. Questo incontro con Sozzani segna un momento significativo nella sua carriera, testimoniando il suo ruolo centrale nella definizione dei linguaggi visivi legati al mondo della moda e della comunicazione.
Tuttavia, la vera svolta arrivò nel 1982, con l’inizio della collaborazione con Benetton. Toscani trasformò la comunicazione commerciale, spingendo i limiti del linguaggio pubblicitario verso temi sociali ed etici, ma non senza creare un immenso seguito di polemiche.
Le sue campagne, dai volti dei condannati a morte al corpo scheletrico di Isabelle Caro per la campagna “No-Anorexia”, erano indubbiamente potenti dal punto di vista visivo, ma non di rado furono accusate di sfruttare il dolore altrui per ottenere visibilità. Toscani, con il suo modo di fare, non cercava solo di sensibilizzare, ma spesso di scioccare, e in questo trovava la sua cifra stilistica. Divisivo, in tutte le sue sfaccettature, da alcuni viene descritto come un visionario, daaltri cone un cinico manipolatore, capace di strumentalizzare anche le tragedie pur di rimanere al centro dell’attenzione.
Le sue dichiarazioni pubbliche hanno lasciato un segno altrettanto forte, se non più divisivo, rispetto alle sue immagini. Toscani non si è mai tirato indietro dal commentare in modo sprezzante e provocatorio temi di grande sensibilità. La sua affermazione sul crollo del Ponte Morandi – “Ma a chi interessa che caschi un ponte?” – è diventata un simbolo della sua mancanza di empatia e del suo approccio deliberatamente aggressivo. Non meno discutibile fu il commento sulla morte di Silvio Berlusconi, accolto con un gelido “per fortuna Berlusconi è morto”, che gli valse ulteriori critiche anche da chi, politicamente, poteva essere a lui vicino.
La sua carriera politica, legata ai Radicali e alla Rosa nel Pugno, rifletteva la stessa impronta polemica. Il Toscani non più fotografo ma opinionista usava il suo genio per attaccare chiunque si trovasse su una linea ideologica opposta alla sua, spesso – a detta di chi gli stava vicino e lo supportava anche politicamente – superando i confini del rispetto e scuotendo l’indignazione pubblica. Negli ultimi anni, il fotografo ha rivolto la sua ira contro il governo Meloni, con affermazioni che, più che critiche costruttive, apparivano come insulti gratuiti. Questo atteggiamento, seppur coerente con il personaggio, ha finito per alienargli una parte significativa del pubblico.
Nonostante il suo genio tecnico, va diviso – seppur difficilmente – il Toscani artista dal Toscani personaggio. Se il primo ha rivoluzionato la fotografia e la pubblicità, il secondo dichiarava di essere libero e immune da padroni, ma questa libertà si è spesso tradotta in un uso eccessivo del proprio megafono mediatico.
Quel che deve restare oggi con la sua morte, andando oltre l’uomo affascinato dalla politica, sono le campagne di Oliviero Toscani che hanno ridefinito i confini della comunicazione visiva. Dai jeans di “Chi mi ama mi segua” al celebre bacio tra un prete e una suora, ogni immagine era concepita per lasciare il segno. I suoi lavori affrontavano temi di portata globale: il razzismo, l’omofobia, la mafia, la pena di morte, l’anoressia e le violenze di genere. Il progetto Razza Umana, avviato nel 2007, rappresentava una sorta di censimento visivo delle diversità somatiche e culturali dell’umanità. La campagna “No-Anorexia” del 2007, con Isabelle Caro, rimane uno dei suoi lavori più iconici e controversi, così come i ritratti dei condannati a morte, che scatenarono critiche a livello internazionale.
Toscani non fu solo un fotografo: nel 1991 lanciò la rivista Colors, strumento di denuncia sociale e culturale, e nel 1994 fondò Fabrica, un centro internazionale per le arti e la comunicazione moderna. Il suo libro Ne ho fatte di tutti i colori (La Nave di Teseo, 2022) è una sintesi del suo percorso e delle sue visioni, segnato da un desiderio costante di immaginare un mondo diverso. Collaborò con personaggi iconici come John Lennon, Andy Warhol, Muhammad Ali, e per il mondo della moda fotografò modelle e attrici celebri, da Claudia Schiffer a Monica Bellucci.
Con la sua morte si chiude una carriera che ha cambiato il modo di intendere la fotografia, facendo delle immagini strumenti di denuncia, di provocazione e di cambiamento.
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