Bilancio Impianti 2024: più qualità, meno Spagna. Ma il vero business sono le coperture

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IMPIANTI PADEL

Nel 2024, sono stati installati 740 nuovi campi che hanno trascinato il conto totale a 9.700. Le tendenze stanno cambiando radicalmente con le nuove strutture che offrono servizi sempre migliori. Abbiamo ascoltato i CEO delle maggiori aziende italiane e sono tutti concordi nel sostenere che il padel è uno sport indoor e che la copertura è un obbligo, non solo al Nord. Ecco la piega che sta affrontando il mercato dell’impiantistica


Novemilasettecento: secondo l’ultimo censimento, è il numero di campi attualmente installati in Italia. Ci avviciniamo spediti alla fatidica quota di 10.000, un numero impressionante che ci colloca al secondo posto mondiale, dopo la Spagna, of course. Un risultato frutto del boom cominciato durante il periodo di pandemia, a cui ha fatto seguito una lunga scia se consideriamo che nel biennio 2022-2023 sono stati installati oltre 3.800 campi. E adesso, che succede? Quest’anno il calo era previsto e inevitabile: i dati parlano di circa 700 campi nel 2024, un dato che potrebbe sembrare negativo ma che va giudicato correttamente e all’interno di un quadro più generale, perché era impensabile continuare a crescere al ritmo precedente, come spiega Daniele Gilardi, CEO di Italgreen: «Il mercato si sta assestando ma nel 2024, pur avendo installato un numero inferiore di campi, il nostro fatturato non è diminuito perché le richieste che arrivano sono per centri di maggiori dimensioni. Ci favorisce il fatto di essere un autentico general contractor e quindi di poterci occupare di un centro sportivo a 360 gradi, dalle opere edili ai campi da padel, dalle coperture agli spogliatoi e così via. E attraverso i nostri partner possiamo fornire anche campi da tennis e pickleball, perché la tendenza è quella dei Racquet Sports Club. Ormai l’Italia sembra diventato un paese dove tutti amano gli sport di racchetta!».

Gli fa eco Mattia Rossetti di Padel Corporation: «Quando sento parlare di saturazione, sorrido guardando a un fatturato che continua a crescere. Vero che ci sono meno richieste, ma ormai la media è di almeno quattro campi per club. In più, i gestori hanno capito che l’experience di gioco è fondamentale e che deve essere migliore di quella dei club limitrofi, per cui è disposto a investire qualcosa in più pur di montare un campo a regola d’arte. È il mercato che lo impone: se offri una struttura di alto livello e con servizi adeguati, sei destinato a fare business, altrimenti…». 

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Italgreen è una delle società leader di mercato e un vero general contractor perché si occupa di tutte le strutture (comprese quelle edili) di un club sportivo

«Il mercato si sta assestando ma nel 2024 il fatturato non è diminuito perché le richieste che arrivano sono per centri di maggiori dimensioni. Ci favorisce il fatto di essere un autentico general contractor e quindi di poterci occupare di un centro sportivo a 360 gradi. E poi ormai l’Italia sembra diventato un paese dove tutti amano gli sport di racchetta!» Daniele Gilardi, Italgreen

Su questo c’è unanimità di giudizio, come conferma Filippo Caldon di Favaretti Group: «Il boom è terminato, ma arrivano richieste più strutturate. Il campetto singolo di periferia non è più un business perché stanno nascendo club che offrono una serie di servizi che diventeranno presto lo standard e ai quali il giocatore non vorrà più rinunciare. La concorrenza è salutare perché spinge a migliorare, come avviene sempre nello sport».

Un altro aspetto sul quale c’è uniformità di giudizio è che il maggior business attuale è nelle coperture perché tutti quanti hanno perfettamente compreso che il padel è uno sport essenzialmente indoor. Una condizione che non dispiace a Rino Troise che si è imposto sul mercato con la sua Woodpad, diventata un brand, oltre che un’apprezzata copertura in legno lamellare: «Un campo indoor fattura il doppio di uno outdoor: è un dato di fatto e tanto basta per convincere i nuovi investitori a prevedere la copertura fin dal principio. L’unica nota stonata non riguarda direttamente il padel ma è la situazione economica generale del nostro paese e le difficoltà burocratiche che allungano i tempi oltremodo.

«Il boom è terminato, ma arrivano richieste più strutturate. Il campetto singolo di periferia non è più un business perché stanno nascendo club che offrono una serie di servizi che diventeranno presto lo standard» Filippo Caldon, Favaretti Group

Però almeno siamo certi di una cosa: il padel resterà uno degli sport più praticati in Italia e la maggior parte degli appassionati desidera giocare indoor, punto». Infatti, Italgreen ha unito le forze con un’azienda che già operava nel settore e ha creato la Cover Up, che opera in particolare nelle coperture in legno lamellare: «La considero ancora una start up ma che sta performando bene. Ci eravamo posti come obiettivo di installare una copertura al mese e ci siamo riusciti. Non c’è alcun dubbio che il padel sia uno sport che si preferisce praticare al coperto e quindi i centri sportivi si stanno adeguando alla richiesta. Ora però c’è da considerare anche tutto ciò che ruota intorno alla copertura: l’impianto di riscaldamento, quello di raffrescamento e poi l’acustica e l’illuminazione che, nel prossimo futuro, prevedo finirà sempre più spesso direttamente sulla struttura e non più sul campo. Però servono studi illuminotecnici precisi».

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Prima Sport è un’azienda storica e specializzata in coperture, con soluzioni ad hoc studiate per il padel e la proprietaria, Monica de Maria ha una convinzione: «Abbiamo progettato un sistema di raffrescamento molto valido e che è applicabile anche ai palloni pressostatici. Nel processo evolutivo è ciò che riteniamo più utile perché l’estate è sempre più calda e quindi è necessario trovare una soluzione affinché non ci sia un calo nella frequenza». Rossetti è ancora più definitivo, come una lapide: «La copertura non è una necessità, è un obbligo. Noi stiamo terminando il nostro capannone da tremila metri quadri che diventerà anche la nostra show room e avremo quattro splendidi campi, rigorosamente indoor. Per dire, a Senigallia ci sono solamente tre campi coperti e lavorano tutto l’anno. Gli altri, a ottobre, chiudono per sei mesi».


La copertura Woodpad in legno lamellare, ormai la soluzione preferita dai club italiani rispetto a quella in acciaio

«Un campo indoor fattura il doppio di uno outdoor: è un dato di fatto. Le uniche note stonate sono la situazione economica generale del nostro paese e le difficoltà burocratiche che allungano i tempi oltremodo» Rino Troise, Woodpad

Dunque, la contrazione c’è stata più nelle statistiche che nei fatturati e comunque ha avuto un effetto molto desiderato, come spiega Gilardi: «La concorrenza spagnola è decisamente calata perché la minor richiesta ha consigliato di cercare nuovi mercati. E poi il cliente è più attento, esige le corrette certificazioni e ha meno fretta di completare le opere perché vuole essere certo di fare le scelte giuste. Così si affida ad aziende che offrono anche un servizio di post-vendita in linea con le aspettative».

Un concetto sposato anche da Rossetti: «I gestori vogliono avere garanzie di assistenza che i costruttori spagnoli non riescono a fornire. Per dire, di recente a un nostro cliente in Corsica si è rotto un vetro e mio padre (Andrea, presidente di Padel Corporation n.d.r.) è partito il giorno dopo col camion e gli ha consegnato personalmente quello nuovo. Va beh, questo è perfino troppo, ma è un esempio che credo chiarisca la situazione». In questo senso, è molto utile l’opinione di Claudio Galuppini che con la sua Italian Padel è stato un pioniere nell’industria del padel nel nostro paese: «Fin dal principio abbiamo insistito sulla qualità dei campi e la loro sicurezza e finalmente i manager dei centri sportivi hanno capito che è una scelta che paga nel lungo periodo. Però il mercato si è autoregolamentato perché le istituzioni non hanno fatto grandi passi avanti. Pare che qualcosa si stia muovendo ma con 10.000 campi già installati, qualsiasi intervento normativo sarebbe benvenuto ma anche tardivo».


La splendida copertura di Prima Sport al Centro Padel di San Miniato, in Toscana

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«Abbiamo progettato un sistema di raffrescamento molto valido. L’estate è sempre più calda e quindi è necessario trovare una soluzione affinché non ci sia un calo nella frequenza» Monica de Maria, Prima Sport

Dove invece le aziende spagnole sono ancora ben presenti è all’estero perché anche quelle italiane guardano con interesse fuori dai confini nazionali e spesso lo scontro è inevitabile. «Non immagino un futuro senza una crescita della nostra presenza all’estero – dice Caldon – e nei nuovi mercati è normale dover affrontare la concorrenza delle aziende spagnole, anche se non sempre lavorano con la qualità di quelle italiane. Però, almeno al principio, il marketing può spuntarla, fin quando il mercato non diventa più maturo. È una situazione che abbiamo vissuto anche in Italia, fino a qualche tempo fa». È d’accordo anche Gilardi: «Il cliente estero lo conquisti quando può toccare con mano le nostre strutture. Dopotutto, tolti i club di primissimo livello, lo standard italiano è decisamente superiore a quello spagnolo. Però, per avere successo fuori dall’Italia bisogna offrire un prodotto che ha davvero un concreto valore aggiunto. Noi puntiamo su questo concetto e a ritagliarci la nostra nicchia perché altrove la concorrenza è numerosa e spietata: non ha senso varcare l’Oceano per fare la guerra del prezzo».

«La concorrenza spagnola è decisamente calata perché la minor richiesta ha consigliato di cercare nuovi mercati. E poi il cliente è più attento e si affida ad aziende che offrono un servizio di post-vendita in linea con le aspettative» Daniele Gilardi, Italgreen

Dalla Francia alla Germania, dall’Olanda agli Stati Uniti, i mercato da conquistare sono ancora tanti: ma in Italia siamo davvero vicini alla saturazione? «Macché, c’è ancora tanto spazio – continua Rossetti -. Certo, Roma e Milano iniziano a essere affollate di campi, ma ci sono zone d’Italia molto scoperte». Pienamente in linea anche Gilardi: «Nella nostra provincia di Bergamo sono nati tantissimi club di ottimo livello, eppure trovare un campo libero dopo le 17 è ancora difficile. E poi c’è un settore nettamente in crescita che è quello degli appalti pubblici: per aggiudicarseli, bisogna avere una certa storicità e una struttura aziendale notevole perché sono richieste certificazioni e documentazione di un certo livello. Noi siamo abituati da tempo e infatti qualche volta siamo gli unici presenti in gara». E non solo, come spiega Caldon, «non bisogna pensare tanto ai campi ma alle coperture, il business attuale e prossimo venturo. Noi stiamo lavorando parecchio anche al Sud perché, anche dove il clima è più mite, vogliono comunque giocare indoor».

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Campi di Padel Corporation sul… tetto di un centro commerciale in Sardegna

«Con quale spirito guardo al 2025? Sempre positivo. Certo, mi piacerebbe vedere più ragazzi sui campi e più giocatori italiani affermarsi a livello internazionale. Pensa un po’ cosa vorrebbe dire avere un Sinner nel padel! Però non possiamo lamentarci …» Rino Troise, Woodpad

Dunque, è giusto lasciare a Troise, che di coperture vive, la chiosa finale: «Con quale spirito guardo al 2025? Ho già in tasca un fatturato consolidato e soddisfacente, inseriremo la nostra Woodpad in contesti premium level e il mercato francese crescerà tantissimo, ripagando i nostri investimenti. Ora tanti guardano Oltralpe ma noi ci siamo andati tre anni fa e solamente adesso stiamo raccogliendo i frutti di tanto lavoro. Essere stati scelti per realizzare la struttura coperta voluta da Zinedine Zidane per il suo centro di Aix-en-Provence è stata una soddisfazione enorme, ma è solo l’inizio di una bella avventura: avere successo all’estero è complicato ma anche appagante. E poi mi conforta che il padel si è affermato come uno degli sport più praticati d’Italia e così rimarrà. Certo, mi piacerebbe vedere più ragazzi sui campi e più giocatori italiani affermarsi a livello internazionale. Pensa un po’ cosa vorrebbe dire avere un Sinner nel padel! Però non possiamo lamentarci perché rimane ancora un ottimo business per tutti quelli che hanno lavorato bene fin dal principio».


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