Stavolta si è pronunciato il Tribunale di Padova, ma prima se n’era occupata anche la Corte Costituzionale. In entrambi i casi, i giudici hanno bloccato una norma della Regione Veneto che, per l’assegnazione di alloggi popolari, premia chi risiede sul territorio da almeno cinque anni. Una regola che, di fatto, riduce le possibilità di avere un’abitazione ai migranti arrivati da meno tempo di altri, ma che risultano in condizioni economiche peggiori. Secondo Anna Maria Cisint, ex sindaco di Monfalcone ed europarlamentare della Lega, si tratta di una disposizione che, invece, andrebbe mantenuta, perché allo stato attuale le procedure penalizzano cittadini italiani che si vedono retrocedere nelle graduatorie.
Secondo il Tribunale di Padova (e prima ancora la Corte Costituzionale), la Regione Veneto deve cambiare le regole per l’assegnazione degli alloggi popolari là dove favoriscono chi risiede sul territorio già da cinque anni. Cosa pensa lei di quella norma?
La norma era stata pensata, a mio avviso giustamente, a difesa degli interessi degli italiani che, troppo spesso, si vedono sottratto il diritto di accesso alle case popolari e alle varie forme di welfare da extracomunitari appena arrivati in Italia, magari anche irregolarmente.
Qual è il problema principale che un amministratore incontra nell’assegnazione di queste case? Si verificano davvero ingiustizie nella compilazione delle graduatorie?
Nella città che ho amministrato per otto anni, Monfalcone, la quasi totalità del bilancio comunale destinato al welfare viene assorbita da famiglie di extracomunitari, arrivati qui a frotte anche grazie a una norma compiacente sui ricongiungimenti, che ora noi della Lega abbiamo modificato approvando una stretta. Mi pare che lo squilibrio sia evidente. Posso assicurare che, nel contempo, non mancano cittadini monfalconesi e italiani in lista d’attesa per le case popolari o per l’ottenimento di un sussidio economico, che però vedono retrocedere il loro diritto. Ma c’è anche un altro problema.
Quale?
Come tecnico e amministratore locale, devo denunciare lo scandalo dell’attuale impossibilità di verifica dei beni e del patrimonio degli immigrati nel loro Paese d’origine. Ad oggi, infatti, per via di sentenze come queste, all’extracomunitario basta presentare una banale autocertificazione, che per la pubblica amministrazione italiana è impossibile da verificare. Potrebbe anche, quindi, essere proprietario di un palazzo con rendite milionarie nel Paese d’origine e chiedere la casa popolare in Italia.
La considerazione del bisogno immediato delle famiglie non deve prevalere sugli altri criteri? Quali sono di fatto i requisiti che contano di più e come si può garantire equità di trattamento?
Il diritto alla coesione è sacrosanto, ma deve essere subordinato alla capacità degli immigrati che vogliono stare qui di non gravare sul nostro welfare. La legge che siamo riusciti a modificare ora dice, conformemente alla direttiva europea, che chi vuole ricongiungersi deve mantenere la famiglia con il proprio lavoro o quello del familiare. Questo principio di buon senso mi pare che negli anni abbia perso il suo reale valore. Non ci sono case, né assistenza né sanità per tutti, e non è giusto che si crei una discriminazione verso chi è nato e ha contribuito a far crescere il nostro Paese.
I giudici con questa sentenza favoriscono l’assegnazione delle abitazioni ai migranti? Vengono penalizzati anche altri stranieri che sono in attesa da più tempo e intanto magari hanno maturato il requisito dei cinque anni di residenza?
È fattuale, i numeri parlano da soli, come nel caso nella mia città e in tante altre realtà italiane. L’estremizzazione del principio di “accoglienza per tutti” non produce altro che generali discriminazioni al contrario.
La Regione ha annunciato ricorso contro la decisione dei giudici. La regola dei cinque anni di residenza va mantenuta?
Assolutamente sì, se vogliamo riportare equità e buon senso nel nostro Paese. Fin troppi italiani si sentono “di serie B” vedendosi sistematicamente superati da extracomunitari che hanno appena messo piede in Italia e, come detto, basta presentare una dichiarazione per noi inverificabile per ottenere la casa.
(Paolo Rossetti)
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